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Poeta delle occasioni

Creato il 28 dicembre 2010 da Vulvia

Poeta delle occasioni

Ecco nemmeno ricordo più come mi ci trovai. Una impronunciabile casa editrice s'era prodigata ad organizzare una serie di incontri programmati con alcuni poeti romani, taluni anche importanti. A comandare il plotone due tipe che non potevano avere più di trent'anni, pare avessero già organizzato un paio di festival in passato e sarà stato questo il motivo che le spingeva con tanta familiarità a chiamarli, i poeti,  tutti per nome, come fossero amici e conoscenti,anche quelli belli e sotterrati. Era tanto importante il poeta in questione che che una delle due tipe era lì in piedi che s'alzava in continuazione la maglietta mostrando un indiscutibile ventre piatto e bianco come un petto di pollo al vapore. Insisteva ad accarezzarsi la pancia con una mano, passando con la punta delle dita sotto la cinta, dentro la minigonna, come  in un prologo di impresa masturbatoria. Erano lì, vicini, accanto alla porta della stanza. Gli si era a tal punto avvicinata che se avesse allungato la lingua gli avrebbe toccato la punta del naso. Mi resi conto che nonostante non avesse mai degnato d'uno sguardo nessuno dei presenti seduti in raccolto silenzio, conosceva la complicata faccenda del parlare e guardare in faccia contemporaneamente. Il poeta di anni ne aveva una cinquantina gran parte dei quali trascorsi ricurvo sui libri, supposi, spesse le lenti dei suoi vecchi occhiali. L'espressione era di chi sapeva perfettamente di non avere mai avuto l'aspetto di chi gode delle fantasie sessuali di una con il pube glabro come una pornostar; o meglio di chi un tempo lo sapeva, ma ora, inspiegabilmente, ha goduto di questo e ben altro. E ora ciò gli quadra, ne è avvezzo, come quando chiude un verso e tutto torna in una assonanza che ha del musicale.
L'altra tipa invece pareva volere intrattenere noi, con suoe questioni personali e parlando dei suoi sentimenti di cui a me non importava  assolutamente niente. Io mi godevo da seduta attraverso la V rovesciata che formava il suo braccio col fianco, la scena della giovane entusiasta e del poeta delle occasioni.
Non appena il poeta andò via lasciandoci nient'altro che la sua emanazione in versi, la tipa intraprendente si rivolse al pubblico, ma fissando il vuoto e disse: «È bravo Valerio, vero?». Tutti annuivano partecipativi come chi ha fede nello spirito curativo di certi discorsi intellettuali.Non riuscivo a smettere di pensare a quel “Valerio” detto con tale compiacimento,mi aspettavo che da un momento o l'altro avrebbe detto “Giacomo” riferendosi a Leopardi. Quando l'incontro ebbe termine e feci per uscire, mi resi conto voltandomi che la targa della casa editrice era attaccata ad un'altra di uno studio dentistico. Non riuscì a trattenere il sorriso mentre infilavo di fretta le scale. 


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