Poeti siriani xvi

Creato il 15 aprile 2012 da Kengarags

Munzher Masri

Cinque brani

(forse la solitudine è la causa, come gli altri lo erano in passato)

(brano primo)

Se tralascio

la rivista illustrata di poco prezzo,

la radio giapponese,

il pacchetto di fazzoletti di carta,

quelle cose

in cui la poesia non ama

intervenire

mi rimarrà sul tavolo

un posacenere arrugginito

che non uso mai,

un lungo vaso cilindrico di alluminio

che un giorno era stato pieno

di bicarbonato

o di latte in polvere

e ora contiene

un grande mazzo scompigliato

di fiori

azzurri,

rossi,

viola,

senza profumo.

Esattamente,

esattamente,

come il mio attuale miscuglio di ricordi...

(brano secondo)

Forse la solitudine è la causa,

come gli altri

lo erano in passato,

per riflettere

ben tre volte

in questa maniera,

allora mi confondo,

mi contraddico,

ma la primavera è giunta anche qui,

come se fosse venuta apposta

per condividere

il mio isolamento.

Così quando la mattina verso le sette esco ad accoglierla,

non devo guardare lontano

dove si rinfresca e si estende

erba che non ha nome,

e nei miei occhi roventi luccicano

gocce di rugiada

su punte di verdi lame affilate

allora per un po’ smetto di camminare

e ascolto

la primavera avanzare

verso di me

e un fiore

sbocciare

nella mia piccola anima...

(brano terzo)

Il mio vecchio orologio ingiallito

ancora soddisfa il tempo

e me nello stesso momento,

perché alla fine mi ha insegnato

a distinguere bene

tra cose che

in fondo non si distinguono,

come la vita agiata

e quella difficile,

i gigli superbi

e le erbe che la strada indossa,

consumate dai piedi,

a avere davanti agli occhi

ciò che non posso vedere,

mentre le mie mani raccolgono

i frutti che cadono dagli alberi...

(brano quarto)

Nel cuore di ogni papavero

una nera tristezza,

e come diceva mio padre:

“dobbiamo piangere

addolorati

soltanto della nostra breve vita”

ma io, a mia volta, come tutti,

ho scoperto un’altra cosa

quasi ugualmente giusta

ossia che è anche saggio

non lasciarmi distrarre da questo,

e finché la mia gioia si estende sulla

terra

voglio che i miei piedi conoscano la strada,

e che l’anima si accasi

(brano quinto)

Sembra facile tutto ciò che è chiaro,

e dal medesimo pertugio

che illumina tutto ciò,

vedo un orizzonte

freddo

e bianco,

toccare la spalla,

e non è più nulla,

ed io nel momento in cui credo nella sua eterna neutralità

conosco da vicino me stesso,

poiché ora non sono quello che sarò domani

anche se tutto quello che ho, rimarrà

al suo posto,

e allora non sembrerà facile

ciò che appare all’altro uomo

così distintamente

chiaro...

Tradotta dall’arabo da Fawzi Al Delmi; tratta dall’antologia, Selected Poems- Syria, Italy, Sweden, a cura di Khaled Soliman – Al Nassiry, Fawzi al Delmi, Jasem Mohamed,edita da COSV (Italy), Baghdad Café for Poetry and Music (Sweden), and Al Makan Art Association (Syria), in collaboration with Al Mutawasit (Cultural Exchange& reading development).

Nato a Lattakia nel 1949. Poeta e pittore, è considerato uno dei nomi di rilievo

della generazione successiva ai quella dei fondatori del movimento della modernità

poetica sia in Siria sia nel mondo arabo. La sua poesia è classificata quale poesia

sperimentale.


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