Magazine Cinema
Vanda si presenta a un'audizione e sembra essere il contrario di ciò che l'autore Tomas sta cercando per la propria protagonista: volgare, casinista, stupida.
L'uomo decide comunque di darle una possibilità e farle fare un provino: quando la donna inizia a recitare è l'inizio di un'esperienza sconvolgente..
RECENSIONE
Quanta vitalità ci può essere in un dimenticato romanzo dell'Ottocento, in un film girato con due attori in un unico set e soprattutto quanta vitalità c'è nell'ottantenne Roman Polanski, che dopo Oscar e colossal torna alle origini girando un piccolo film low budget, privo di tutto tranne che di tre cose essenziali al cinema: lo sguardo, le interpretazioni e la vita. Questo suo ultimo film, anch'esso un adattamento di un'opera teatrale (di David Ives), è un divertissement intellettuale raffinatissimo, più divertente e pungente di Carnage, benché di tematiche prettamente artistiche. Si parla del rapporto tra registi e attori, tra registi e opera, tra opera e pubblico. Si parla anche di ruoli, quelli dell'autore e dell'attore: fino a che punto l'attore può intervenire nel processo creativo, quale tra le due figure è quella dominante? Il film esplicita la suddivisione dei ruoli rifacendosi al sadomasochismo, termine che, come imparerete grazie a questo film, proviene proprio dal nome dell'autore di Venere in pelliccia, Leopold Von Sacher-Mazoch. E il rapporto tra regista e attrice diventa letteralmente sadomasochistico. L'esplosiva finta svampita aspirante attricetta mette in crisi l'autore demiurgo, prima dimostrandosi un'attrice straordinaria, poi scavando nell'opera e nella psiche del regista per dimostrargli e rivelargli quello che nemmeno lui osa ammettere. Venere in pelliccia è quindi una magnifica riflessione sulla creazione artistica e la sua messa in scena, ricca di riferimenti gustosi (la protagonista chiede se la pièce è ispirata alla canzone di canzone di Lou Reed e i Velvet Underground Venus in furs, le scenografie sono quelle di un musical ispirato a Ombre rosse e la suoneria che interrompe a più riprese l'audizione è quella la Cavalcata delle valchirie che ci riporta ad Apocalyspe Now) con un finale grottesco che rimanda all'iniziale accenno a Le Baccanti di Euripide. Bravo dunque Polanski, che con pochi mezzi realizza un film semplicissimo e allo stesso tempo articolatissimo grazie ai dialoghi scoppiettanti di due attori straordinari, senza dimenticarsi delle ottime luci di Pawel Edelmen. Nonostante la location unica e due attori che non fanno altro che parlare, il film riesce nell'impresa di non risultare verboso o statico, ma al contrario, ci trasporta e trascina sul palco per farci partecipare assieme ai due attori a quest'audizione che si trasforma in un gioco al massacro in cui si mettono alla berlina molti concetti. Anche Carnage era un gioco al massacro in cui si crocifiggeva la borghesia, qui il bersaglio è invece la cultura fallocentrica e dopo aver visto il film capirete che il termine è più che mai appropriato. E ancora una volta il cinema di Polanski fa tornare in mente Buñuel, non più quello "solo" antiborghese, ma quello di Bella di giorno, in cui l'annoiata e repressa borghese Sévérine si prostituisce senza riuscire però a trasformare in realtà i suoi sogni sadomasochistici. Nel romanzo ottocentesco di Von Sacher Mazoch messo in scena dai due protagonisti il protagonista si chiama Severin e così, dopo Giovane e bella, è la seconda volta, nell'arco di una settimana, che il celebre film di Buñuel mi ritorna in mente, tra l'altro dopo averlo nominato in occasione dei 70 anni di Catherine Deneuve, che guardacaso fu protagonista del primo successo internazionale di Polanski, Repulsion. Insomma tutto torna. Per concludere, applausi ai due protagonisti, Mathieu Amalric, alter ego del regista, di cui ricorda le sembianze fisiche, e Emmanuelle Seigner, moglie e musa del regista che gli si concede completamente con un'interpretazione memorabile. VOTO: 8+
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