ONTOLOGIA NEGATIVA
- Gli oscurantisti dell'Illuminismo e la metafisica storica della Modernità -
di Robert Kurz
Illuminismo e Contro-illuminismo: la polarità dello sviluppo capitalista e l'identità dei contrari
Anche se diversi aspetti di una critica radicale emancipatrice dell'illuminismo hanno insistito nel farsi notare nel corso del tempo, questi non sono mai stati pensati fino in fondo in maniera conseguente, venendo affrontati, nella maggior parte dei casi, soltanto sotto una prospettiva parziale o (come nel caso di Adorno) in una maniera per cui, nel momento decisivo, avveniva una correzione in direzione della forma del soggetto definita dal valore, si rivendicava di fronte alla realtà l'ideale incompreso, ecc.. La ragione di tutto questo è facile da spiegare: consiste nel fatto che, contro l'illuminismo e la modernità, sono sempre stati rivendicati un "anti-illuminismo" ed una "anti-modernità", dal punto di vista di un presunto uomo superiore di destra, reazionario, difensore di un'ideologia elitaria, irrazionale, razzista ed antisemita, ecc.. Il fatto per cui il pensiero emancipatore torna sempre a lasciarsi trasportare dall'illuminismo e a cadere nella ripetizione dei rispettivi temi centrali si deve, perciò, alla paura di poter ricadere nella "parte sbagliata", o di essere interpretato in tale forma. Chi vuole tornare indietro, nel nome dell'emancipazione, "alle tenebre del Medioevo" (o addirittura all'età della pietra)? Chi vuole essere insultato come reazionario o esporsi al sospetto di voler rispondere all'universalismo occidentale, con le sue "differenze" etniche o razziali, e all'individualità astratta per mezzo della turpe comunità di un'orda indistinta?
E' proprio questo timore - che in ogni momento può essere provvisto di un carico di denuncia da parte di politici identitari di sinistra, meno innovatori a livello teorico rispetto a quanto si sforzano di difendere il loro status (fa parte dei piatti forti di tutte le scaramucce in seno alla sinistra darsi a vicenda di reazionari) - che invariabilmente impedisce la svolta decisiva contro l'ideologia illuminista, paralizzando il pensiero critico che minaccia così di calpestare la linea di demarcazione dell'ontologia borghese.
Tuttavia, questo oscura proprio la relazione intrinseca fra l'illuminismo ed il contro-illuminismo, fra la modernità e la contro-modernità. Invece di sviluppare una meta-critica di una tale relazione intrinseca, di questa identità negativa di entrambe le parti di fronte alla storia moderna ed alla socializzazione del valore, il pensiero si rifugia sul lato che pretende essere migliore, più luminoso, per non ricadere dal lato del "male". Affinché questo riflesso affermativo possa essere finalmente superato, è necessario adottare un approccio del tutto differente che diriga lo sguardo sul tutto della socializzazione del valore, attraverso il sistema di riferimento comune alle contraddizioni esistenti in seno a questa forma, invece di farsi condannare da un processo di partito favorevole ad uno dei due lati. Dev'essere rifiutato il tutto sociale - la forma comune del valore e della dissociazione - che è stato quello che ha prodotto queste opposizioni e soprattutto ha prodotto questi partiti immanentemente antagonisti (per mezzo della coscienza e delle azioni degli individui).
La critica del valore implica, già per il suo stesso concetto, il non lasciarsi coinvolgere nella disputa immanente intorno ad una storia ulteriore dell'imposizione del valore (già nemmeno più possibile in termini reali), ma di situare la critica radicale ad un livello "meta". A tal fine, il concetto di critica del valore e di dissociazione deve, tuttavia, essere ancora sviluppato. In forma incipiente, questo finora è avvenuto soprattutto per quel che dice rispetto alla cosiddetta lotta di classe fra "capitale" e "lavoro". Il marxismo del movimento operaio ha definito quest'opposizione come assoluta, ha ontologizzato il lavoro e, quindi, è rimasto circoscritto alla forma del movimento di una coppia di opposti in seno alle categorie capitalistiche. Dal punto di vista della critica del valore, questa opposizione sociale si converte in una opposizione solo relativa ed immanente, nel caso specifico in seno alla concorrenza universale borghese; il lavoro non è altra cosa che la forma attiva, o lo stato "vivo", del capitale stesso; "il capitale" ed "il lavoro" insieme costituiscono un'identità negativa di ordine superiore; il concetto di lavoro costituisce solo un aspetto inerente al concetto di capitale che si presenta come sistema di riferimento di tutte le categorie sociali da esso costituite. Il capitale dev'essere criticato e superato, non in quanto categoria sociale isolata, ma in quanto forma sistemica del valore e della dissociazione che, invece, è stata intesa dal movimento operaio in maniera positiva ed ontologica.
Lo sviluppo concettuale a livello "meta", tuttavia, non può avvenire a partire da questa critica storica della lotta di classe, in quanto mera forma di movimento e sviluppo del capitale stesso. Gli è che l'opposizione tra "il capitale" ed "il lavoro" costituisce solo uno degli aspetti di tutto un sistema di polarità, in cui la socializzazione del valore deve essere rappresentata e muoversi. E' necessario tradurre questa polarità in quanto tale, in concetti, invece di limitarsi ad analizzare una ad una le sue manifestazioni.
La relazione di valore, in sé, è un'identità negativa che, in quanto tale, non può essere tenuta insieme. Per questo, deve permanentemente distribuirsi in opposizioni polari, così come, già nel suo presupposto, si basa su una separazione, configurata precisamente dalla dissociazione sessualmente determinata di tutti gli oggetti, settori della vita, ecc., che non si inquadrano nella forma del valore. La relazione del valore in quanto relazione di dissociazione è, già in sé, un'identità divisa in sé, definita dalla polarità. Questa identità negativa costituisce la radice dalla quale non smettono di nascere separazioni e, insieme ad esse, polarità sempre nuove.
E non si tratta di dualismi equilibrati e complementari - come per esempio avveniva nel caso delle forme raffigurate nei miti delle culture premoderne - ma di polarità aspramente ostili che si trovano in una lotta permanente di sterminio, sebbene costituiscano nient'altro che le due facce della stessa identità. Queste polarità sono, in tal misura, il modo in cui si manifesta la pulsione di morte della soggettività del valore: la lotta fino all'esaurimento ed alla distruzione finale fra nemici opposti è l'unica forma di esistenza e forma immanente del movimento possibile della relazione di valore e di dissociazione. Nel suo ambito, i poli opposti si convertono nei rispettivi contrari e dimostrano la loro identità negativa finché, al punto finale della storia della modernizzazione, coincidono in forma immediata in questa identità distruttiva. Questo si applica tanto alla struttura quanto alla dinamica storica dell'interrotta relazione totale. Già a livello della relazione di dissociazione generale, e sessualmente determinata, possiamo identificare una serie di polarità simili:
Soggetto – Oggetto
Mascolinità - Femminilità
Pubblicità-Privacy
Questo sistema di polarità ostili prosegue nell'ambito della relazione del valore nella sua definizione maschile:
Politica - Economia
Stato - Mercato
Potere - Denaro
Pianificazione - Concorrenza
Lavoro - Capitale
Teoria - Pratica
Com'è noto, tutta la storia della modernizzazione del valore in senso stretto (politico-economico) dev'essere sfogliata come una lotta permanente tra queste polarità; "mercato o Stato?", questa classica pseudo-alternativa borghese nella gabbia della forma valore, che cionondimeno arriva a rappresentare la struttura irrimediabilmente schizoide di questa società incosciente di sé stessa, ancora oggi viene canticchiata instancabilmente. Allo stesso modo in cui la critica del valore va oltre la lotta di classe meramente immanente fra lavoro salariato e capitale, essa si sviluppa anche oltre l'eterna disputa fra mercato e Stato. L'oggetto della critica può essere solamente il comune sistema di riferimento del valore, ossia, proprio questa relazione superiore del valore e della dissociazione che è stata quello che, fin dall'inizio, ha stabilito, a sua immagine, i contrasti fra capitale e lavoro, fra mercato e Stato, ecc., costituendone la sua identità negativa.
Il contrasto fra illuminismo e contro-illuminismo, fra modernità e contro-modernità si inquadra nella stessa classificazione di polarità immanenti della relazione di valore e di dissociazione. Se non si osserva solamente la relazione di base della dissociazione, da un lato, e la relazione di valore, dall'altro, ciascuna per sé, concentrandoci invece sulla relazione totale complessiva ed intrinsecamente rovinata dall'identità negativa, possiamo riconoscere una serie di altre polarità che rimandano proprio alla struttura schizoide dell'illuminismo in quanto forma di riflessione del valore:
Progresso - Reazione
Razionalità - Irrazionalismo
Civilizzazione - Barbarie
Cultura - Natura
Libertà - Servitù
Democrazia - Dittatura
Individuo - Società
Uguaglianza - Differenza
Società - Comunità
Esiste una quantità di relazioni in cui le polarità ostili si muovo a livelli differenti, saltano da un livello all'altro, si compenetrano, configurando in questo gioco dinamizzato di contrasti solo la totalità negativa. Pertanto, non è solo l'opposizione fra soggetto ed oggetto, fra mascolinità (tifosa della logica identitaria) e femminilità (dissociata), o tra mercato e Stato che costituisce la forma del movimento e l'esistenza della relazione di valore e di dissociazione, ma è anche il contrasto fra illuminismo e contro-illuminismo, fra modernità e contro-modernità. Quest'opposizione è la modernità della socializzazione del valore che, essendo da sempre divisa e negativa, non sa come fare ad arrivare ad un'identità positiva e consolidata. Lungi dal rappresentare una coscienza pre o extra-illuminista, il contro-illuminismo e la contro-modernità costituiscono parti integranti dello stesso illuminismo e della modernità, che possono esistere solo nella polarità con la loro propria negazione immanente.
Quello che ho appena finito di dire può essere dimostrato anche in maniera storico-empirica. Il contro-illuminismo nasce dal seno dello stesso illuminismo, non come una reazione contraria venuta dall'esterno ma, in un certo qual modo, come Athena dalla testa di Zeus: le idee contro-illuministe ed "antimoderne", nella misura in cui hanno lasciato il loro segno nella storia intellettuale romantica ed esistenzialista ed hanno guadagnato influenza pratica nelle forme di espressione politica, sono, fin nella loro origine, pensieri dello stesso illuminismo dotati della sua stessa struttura aporetica originaria, Questo non si applica solo al razzismo e all'antisemitismo, ma si applica ugualmente anche al nazionalismo, al biologismo, all'autoritarismo, all'irrazionalismo, in quanto opposti della razionalità costituita nella forma del valore ecc.. Questi momenti immanenti di illuminismo sono stati isolati ed hanno apparentemente guadagnato vita propria, ma senza mai però raggiungere una forma indipendente di coscienza; piuttosto, essi costituiscono il polo opposto immanente della forma di coscienza "illuminata" dallo stesso soggetto-oggetto.
Così come il filone romantico ed esistenzialista ha ripetutamente tentato, sotto forme e sotto denominazioni diverse, di slegare il soggetto dalla sua stessa immagine in quanto oggetto, ricorrendo all'eroicizzazione ed all'estetizzazione (non in ultimo, nel caso della politica) per sfuggire, suppostamente, all'aporia, il contro-illuminismo e la contro-modernità hanno tentato, in maniera generale, di isolare il lato "oscuro" del pensiero illuminista nelle sue diverse definizioni per arrivare ad un'identità positiva, supposta come libera dalle contraddizioni, nell'involucro formale negativo. Il risultato ha potuto sempre consistere nell'acutizzazione di questa stessa negatività fino allo sterminio; la campagna di sterminio è per l'appunto la forma del movimento dell'aporia sociale.
Sullo sfondo di quest'origine diventa chiaro che - e per quale ragione - l'illuminismo borghese ed il contro-illuminismo borghese operano, in parte, secondo schemi identici che si limitano a differire un po' più o un po' meno rispetto ai contenuti; ma che, in parte, si convertono direttamente gli uni negli altri, potendosi trasformare rispettivamente nella manifestazione del loro opposto immanente. Così, tanto i rappresentanti dell'illuminismo quanto quelli del contro-illuminismo idealizzano, per la propria legittimità, situazioni sociali premoderne: gli uni, le repubbliche dell'antichità, gli altri, il cosiddetto Medioevo. E l'improvviso cambiamento del progresso in reazione, della razionalità in irrazionalità, della democrazia in dittatura, ecc., accompagna tutta la storia della modernizzazione; e ciò non avviene, magari, sotto forma di "peripezie" nella lotta per il potere da parte di forze che siano esterne le une alle altre, ma avviene come manifestazione reazionaria in seno al progresso stesso (per esempio, come avviene rispetto allo sviluppo dell'apparato burocratico ereditato dall'assolutismo da parte della Rivoluzione francese, su cui già Tocqueville ha richiamato l'attenzione) dell'irrazionale in seno alla stessa razionalità (per esempio, nella logica di esternalizzazione nell'economia industriale, nel passaggio accidentale dalla concorrenza economica alla guerra, ecc.), degli elementi dittatoriali in seno alla stessa democrazia (per esempio, nell'adottare le "leggi di emergenza", nel trattamento dei rifugiati e delle persone che vivono a carico della sicurezza sociale ed, in maniera generale, nell'amministrazione burocratica degli esseri umani).In termini puramente fenomenologici, questo fenomeno di brusca transizione da una cosa all'altra di segno contrario è stato notato ripetutamente ed è stato recepito col dovuto scandalo, ma tutte le conseguenze, puramente e semplicemente, non sono mai state rimosse, perché altrimenti la truffa dell'opposizione immanente non avrebbe potuto funzionare come giustificazione paradossale dell'illuminismo.
Come il progresso della socializzazione del valore e dell'illuminismo ha sempre presentato elementi reazionari, così, inversamente, anche la reazione ed il contro-illuminismo, in forte contrasto con la loro idealizzazione ideologica delle situazioni premoderne, contadine, ecc., hanno costituito sempre anche un altro motore di progresso in direzione, e all'interno, della relazione di valore e di dissociazione (entrando in concorrenza, durante certi periodi, col movimento operaio; più precisamente concorrenza intesa come azione all'interno di una forma comune). Il romanticismo, per esempio, non si è limitato a glorificare il cosiddetto Medioevo, ma ha fatto anche progredire, sotto molti aspetti, l'ideologizzazione positiva della moderna individualità astratta.
Anhe il nazionalsocialismo, in quanto supposta incarnazione di tutto il pensiero reazionario e contrario all'illuminismo, è stato, nella realtà, una versione tedesca dell'impeto fordista in seno alla socializzazione globale del valore. I nazisti modernizzarono, in tal senso, l'industria, la guerra, la relazione tra i sessi, il consumo ed il soggetto. La forma in cui i nazionalsocialisti strutturarono la Germania costituiva, a tutti i livelli della società, il prototipo della società democratica ed economistica del dopoguerra tedesco; era chiaro fino al ridicolo per la "Volkswagen" ("auto del popolo"), ma lo era ugualmente nello sviluppo ulteriore della forma capitalistica del soggetto. Proprio il nucleo dell'ideologia nazionalsocialista, l'antisemitismo, è un prodotto specifico della modernità cui si ricorre ad ogni scoppio di crisi della "modernizzazione". Tanto ai democratici conformisti quanto ad una sinistra radicale ancora attaccata all'ideologia illuminista piacerebbe ridurre il nazionalsocialismo agli elementi antimoderni, e agli elementi del romanticismo agrario della sua legittimazione ideologica, dal momento che per loro la "modernità" e la "modernizzazione" hanno connotazioni positive, rappresentando il lato "buono", ritenuto emancipatorio, dell'illuminismo. Tuttavia, quest'ipocrisia ideologica della modernizzazione e dell'illuminismo non ha nulla, ma proprio nulla a che fare con i fatti storici.
Se l'identità negativa tra progresso e reazione, tra illuminismo e contro-illuminismo, diventa immediata alla fine del XX secolo, questo avviene soprattutto perché si è ormai consumata la dinamica interna della socializzazione del valore. Le polarità, un tempo nemiche mortali, nella caduta nella crisi si toccano a tutti i livelli. Il mercato, nella sua forma di gigantesche organizzazioni imprenditoriali, adotta sempre più funzioni che sono dello Stato; gli apparati statali, da parte loro, si vanno trasformando in imprese quasi commerciali sempre più adattate all'economia di mercato. Quel che è pubblico viene privatizzato sotto forma capitalistica; il privato, da parte sua, viene reso pubblico, in maniera voyeuristica, nel contenuto ordinario dei media (dalla miseria personale delle vittime fino alla vita sessuale dei politici). Anche il progresso ora non è più meramente parziale e temporaneo, ma interamente identico alla reazione: ogni riforma si limita ad essere una controriforma, ed il pensiero corrispondente rifiuta le ideologie del XX secolo per tornare a quelle del XVIII secolo (e, con esse, alle radici della modernità repressiva). La marginalizzazione razzista si è già trasformata da molto tempo in una politica liberale e giuridica (includendo la più brutale violenza poliziesca e di deportazione) che ormai si distingue solamente per i dettagli dal pensiero e dalle azioni dei gruppi di criminali di estrema destra, ecc..
In Germania, la crescente immediata identità fra illuminismo e contro-illuminismo si manifesta specificamente, per esempio, nello sviluppo della politica intellettuale ed editoriale della "Suhrkamp-Kultur". Questa casa editrice che, nel periodo del dopoguerra, è stata quasi il simbolo di un'offensiva borghese di sinistra ed illuminista, come segno di opposizione "repubblicana" all'ipoteca antimoderna e contro-illuminista della storia tedesca, oggi è sede di autori esclusivi e vedette come Martin Walser, Botho Strauss e Peter Sloterdijk (quest'ultimo si è visto perfino promosso, in una successione simbolica ad Habermas, a spirito guida della programmazione editoriale) i quali rappresentano quella "svolta" intellettuale nel cui seno - in una forma spudorata ed eloquente, che si approssima già a relativizzare Auschwitz - si pratica una critica culturale reazionaria nello stile di un elogio di "Trono ed Altare" e si dibatte nel prisma biologista di un "miglioramento genetico dell'Uomo".
Questa svolta non rappresenta un "tradimento dell'illuminismo" ma, semmai, esso è la caduta della maschera dell'illuminismo nel contesto della nuova crisi mondiale della società del valore e della dissociazione. Pertanto, non si tratta più di un problema specificamente tedesco ma, piuttosto, della direzione in cui si muove il mainstream intellettuale in tutto il mondo occidentale. Il sistema di "freedom and democracy" conduce la sua guerra mondiale contro i fantasmi del terrore da esso stesso creati in nome di un razzismo culturalista (Huntington, Fukuyama & Cia.), sotto l'egida di una figura come il presidente Bush, che è l'immagine viva della coincidenza dell'illuminismo e del contro-illuminismo.
Gli esempi che corroborano la sempre più evidente identità immediata di questi due poli sono innumerevoli. L'illuminismo rivela che esso da sempre reca in sé il suo supposto contrario definito a partire da sé stesso, che ora deve tornare ad integrarsi in sé e che si trova irreversibilmente nell'ambito dell'identità negativa. Sebbene la vecchia polarità ostile continui ancora ad essere applicata formalmente, i contrasti vanno impallidendo progressivamente poiché la condivisione di un'identità negativa sta diventando fin troppo chiara. E' per questo che la polarità immanente, già in un contesto conformista rispetto al sistema, non può più dotarsi nemmeno di una connotazione pseudo-emancipatrice. Non le interessa più minimamente (nemmeno in senso tattico) respingere gli insipidi contrasti della differenza immanente fra l'illuminismo ed il contro-illuminismo; di fronte a tutto questo, il pensiero emancipatore può solo indicare quello che entrambi hanno in comune al fine di rompere la relazione totale negativa.
L'anti-modernità emancipatrice non niente a che vedere con la borghesia, dal momento che la sua critica, in quanto meta-critica, colpisce entrambe le parti delle polarità moderne: rifiuta l'universalismo astratto insieme alla nazione, le ideologie razziali, ecc.; il mercato insieme allo Stato; l'individualità astratta così come l'ideologia della comunità; la razionalità moderna insieme al classicismo borghese; la mascolinità dissociatrice insieme alla femminilità dissociata; il progresso repressivo insieme alla reazione repressiva; in una parola: l'illuminismo insieme al contro-illuminismo.
- Robert Kurz -
- 4 di 8 – continua … -
fonte: EXIT!