Settis ha anche detto che «questo uso irrispettoso e volgare dei Bronzi rischia di dar ragione a chi, come il ministro Galan, dice che la Calabria non li merita» e si accoda a chi ha criticato, nelle ultime settimane, la spesa della Regione per questo spot: 2,5 milioni di € (quasi la metà rispetto alla campagna pubblicitaria di Oliviero Toscani realizzata nel 2007), che però non è il “prezzo” o il “costo” dello stesso spot (nessuno sarebbe così pazzo da poterlo solo pensare), ma bensì, ovviamente, la somma dell’investimento per veicolare lo stesso spot sui media nazionali.
Ma Settis non si ferma qui, e intervistato da Stella sul Corriere intraprende una vera e propria crociata contro i Bronzi o meglio, contro il fatto che stiano a Reggio, dicendo che «la nave che portava i Bronzi, molto probabilmente attici o peloponnesiaci e strappati dalle loro basi durante una razzia, affondò casualmente davanti a Riace ma avrebbe potuto affondare da qualsiasi altra parte. Esattamente come l’Apollo di Piombino, una scultura greca di Rodi trovata nel mare di Populonia che se fosse recuperata oggi non sarebbe al Louvre ma a Piombino. O come l’Atleta di Fano attribuito a Lisippo e trovato davanti alla costa delle Marche: mica è marchigiano! Allo stesso modo, del resto, l’Auriga di Delfi forse fu fatto da uno scultore reggino…».
A prescindere da giudizi assolutamente soggettivi sull’estetica, sulla simpatia e sull’efficacia dello spot (che sarà comunque verificabile alla fine della stagione estiva presso le sedi competenti degli operatori turistici Regionali) , comunque non è la prima volta che opere d’arte, statue e luoghi-simbolo vengono utilizzati per scopi pubblicitari, spesso e volentieri anche molto meno “nobili” rispetto alla promozione turistica, come nel caso del
E’ il caso della Fontana del Nettuno di Bologna, utilizzata nello spot del Lisomucil che è possibile osservare su Youtube anche con altre versioni e poi riprodotto in una veste aggiornata, qualche anno dopo, considerata la sua efficacia commerciale.
Ma non solo … c’è anche la Statua della Libertà “depressa”. Sì, stanca, spossata, fiacca e abbacchiata sempre lì, dritta, in piedi al sole e al caldo dell’Oceano Atlantico. Nel 2001 l’ha utilizzata “Polase” con uno spot molto divertente a cui ha fatto seguito, nel 204, questa nuova versione aggiornata.
Ma la Statua della Libertà diventa danzante e ballerina nello spot della Panasonic Lumix TZ7, che farà anche“distruggere” il Golden Gate.
E che dire del David di Michelangelo (Firenze) che ingrassa in uno spot Russo realizzato per evidenzare gli effetti collaterali della birra, con l’intento di combattere l’abuso di alcolici?
Non abbiamo ancora finito … c’è anche la Monna Lisa che parla e saluta dalla sua cornice, il pubblico di una mostra artistica di Pechino.
A questa grande carrellata di opere d’arte e luoghi-simbolo in un certo qual modo «ridicolizzati» (come direbbe qualcuno) o meglio, utilizzati da pubblici e privati per trasmettere un messaggio o pubblicizzare un prodotto, non poteva mancare il Colosseo, scenario unico per uno degli spot Nike più famosi.
Nell’immagine principale a corredo dell’articolo c’è la foto pubblicitaria utilizzata per una delle campagne di sensibilizzazione della LAV – Lega Anti Vivisezione. C’è uno scimpanzé che tiene tra le braccia il corpo senza vita, e martoriato, di un cucciolo avvolto in una sorta di sudario. La posa dei due animali, e la parola ’pietà’ al di sotto di essi, alludono in modo esplicito al gruppo marmoreo della Pietà scolpito da Michelangelo nel 1499, e conservato nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
Ma qui, di bullo e tamarro, nessuno ci ha visto mai nulla …