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POLGAR A., PICCOLE STORIE SENZA MORALE,
ADELPHI, 1994, p. 29-31
Ora che il bambino è venuto al mondo, tutti, tranne il neonato, sono colmi di gioia. Parenti e conoscenti si volgono sorridendo all’omuncolo grinzoso, rosso come un tizzone, che dovrebbe risvegliare piuttosto un sentimento di pietà perché nell’attimo stesso in cui è entrato nella vita è anche entrato nella morte, e ogni secondo che lo allontana dall’istante del suo principio lo avvicina all’istante della sua fine.
Ancora immortale nove mesi prima come un’idea eterna, come un principio divino, egli è già ora in balìa della morte; del capitolo del tempo di cui dovrà dirsi pago, ha già consumato un giorno intero. « Me genésthai! » dice il saggio, la cosa migliore è non essere generati. Ma a chi tocca questa fortuna? A stento a uno, su milioni e milioni.
Il bambino strilla. Angustia e malessere sono i primi a bussare…
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