Tutti potrete leggere il dettagliato articolo di Pino Corrias su “il Venerdì” di Repubblica, in edicola da ieri, incuriosirvi semmai, interessarvi e tirare le vostre conclusioni su questo valido progetto messo in piedi da Emergency, l’Ong internazionale, creata anni addietro da Gino Strada e da tanti suoi coraggiosi compagni di cordata, con scopi umanitari, per lenire e curare, se possibile, le brutte ferite delle molteplici “guerre” sparse sul pianeta.
Parlo dell’ambulatorio mobile,quella sagoma metallica, il noto pulman rosso fiammante,impossibile a non notarsi, “Polibus”, che ha girato e gira tutta la nostra penisola, da giù a su, alla ricerca di migranti bisognosi di cure mediche e/o di assistenza psicologica.
Ironia della sorte, noi il Paese dei respingimenti e della burocrazia ad oltranza oltre che del caporalato e del “lavoro in nero”, di questi tempi, causa scatenante una pesante crisi economica e occupazionale che ha investito l’Italia, ricorriamo, per altro, anche noi a Polibus, almeno nell’area di Castel Volturno (Ce), per analoghe cure mediche insieme ai cosiddetti “pazienti” migranti.
La povertà , allora, ecco che non fa troppi distinguo,specie se hai una pensione minima, ti manca casa o sei un disoccupato cronico.
Il personale del Polibus è costituito,per quel che concerne l’assistenza sanitaria strettamente intesa, da medici volontari, che prestano per un determinato periodo di tempo, a rotazione, il loro servizio.
Accanto all’autista, un tunisino molto abile nella guida e che conosce le strade della penisola come le sue tasche, c’è necessariamente un mediatore culturale, per poter stabilire prima un contatto e successivamente un dialogo con i migranti, i quali provengono da più parti del mondo e non parlano quindi tutti la stessa lingua, e poi un referente del progetto, figura necessariamente stabile.
Ma la colonna portante dell’intera “operazione” è una signora di 62 anni, un ‘infermiera professionale di Reggio Emilia, Fernanda, figura quasi mitica ormai per i giovani migranti che l’incontrano e ravvisano in lei una specie di “mamma”, energica ma accogliente.
Fernanda ha scelto, dopo il suo pensionamento, questo genere di impegno a tempo pieno e in esso si disimpegna egregiamente, pur essendosi lasciata a casa un figlio,cui ha parlato con molta chiarezza delle sue intenzioni e della volontà di metterle in pratica.
Da gennaio Polibus, nell’area di Castel Volturno, tristemente nota per l’oggettivo degrado ambientale del contesto abitativo e lo sfruttamento dei migranti, sotto lo sguardo attentissimo di una criminalità organizzata che non molla mai, anche quando parrebbe agonizzante, ne ha visto di tutti i colori.
Dalle diagnosi delle più gravi patologie(tubercolosi-aids-diabete) riscontrate su uomini e donne,soprattutto molto giovani, fino a constatare il deperimento organico totale per mancanza di un’ alimentazione regolare(leggi letteralmente fame).
L’articolo di Corrias darà, a chi leggerà, tutti i particolari ma io ho voluto farne riferimento soprattutto per ricordare che il problema “migranti” è reale, non può essere più ignorato e va gestito da parte di tutti con intelligenza e umanità anche quando le risorse economiche disponibili sono poche.
Il volontariato,che non significa necessariamente quelle prolungate vacanze all’estero a spese di un’organizzazione, quale che essa sia, è possibile farlo anche a casa nostra e dando al nostro prossimo, bianco, nero, giallo, quello che realmente è possibile offrire.
Fernanda e gli altri “amici” del Polibus hanno offerto,ad esempio, il loro tempo e le loro competenze anche a prezzo di qualche sacrificio nella sfera degli affetti personali.
E ciò è molto lodevole e si può fare.
Quando è il momento opportuno, nel corso della nostra esistenza, possiamo e dobbiamo farlo e non solo, com’è giusto che sia, perché cittadini responsabili.
Diciamo, un po’ enfaticamente forse, che collaborare con un nostro”fratello”, che ci chieda o meno esplicitamente aiuto (non dimentichiamo che esistono anche dignità e amor proprio della persona), significa, in aggiunta per noi, accrescere la nostra fede nell’umanità.
Ed è solo bene.
Senza riserve.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)