Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ah Polillo Polillo, hai dimenticato il film di Totò, quello nel quale raccomanda alla moglie di chiudere le imposte sul cortile, così tutti credono che la famiglia sia in ferie. Per quello ci somministri la tua pozione avvelenata: “aumentare il tempo di lavoro per far ripartire la produttività. Nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del Paese, lo choc può avvenire dall’aumento dell’input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l’anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve».
Eh si secondo il sottosegretario che alterna troppo brevi fasi di eclissi a una scomposta esuberanza, «se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul pil immediato di circa un punto». Rivolto a quei lavoratori, che, indolentemente distesi sulla chaise longue sorseggiano pigramente la caipirina alla faccia del Pil, ha detto di confidare nel consenso delle parti sociali, chiamate una tantum a pronunciarsi, interrompendo la bella tradizione del governo di comandare senza negoziare.
Il cinismo sfrontato e idiota di questi attrezzi al governo è davvero inaudito. Ben superiore ai consigli per gli acquisti di Berlusconi alle ragazze e anche ai suoi esempi, come il susseguirsi di gaffe seriali e oltraggiose dei ministri e del presidente del consiglio. Tutte comunque sintonizzate sul mantra punitivo e sacrificale che a tutti i livelli territoriali e a tutte le latitudine viene ripetuto a popoli che “hanno vissuto sopra le loro possibilità”, che hanno consumato troppo, viziati dall’indulgenza dello Stato, da troppi diritti, ipergarantiti e iperprotetti, come bambocci mal cresciuti e poco avvezzi alle responsabilità e al rigore.
È una pedagogia infame e anche piuttosto cretina: viene da un ceto dirigente al servizio di interessi e poteri forti intenti a mettere mano sul lavoro per distruggerlo, motivati a annichilire le produzioni dei paesi straccioni per attribuire l’egemonia al gioco d’azzardo della circolazione di strumenti finanziari immateriali coi quali indebitarci sempre di più, decisi a strozzarci sempre di più in modo da poterci svendere ai loro padroni avidi e insaziabili. Sulle loro bocche di vampiri suona offensiva come una bestemmia la parola lavoro, che hanno ridotto a merce da liquidare come la cittadinanza, i diritti, la democrazia.
E suona anche paradossale, ne parlano come per esorcizzarlo, se la priorità è portarlo in bocca ai cacciatori come un preda strappata ai popoli non più sovrani. Non si stanca di ripeterlo Monti, come un infelice ritornello stonato, è stato messo là per portare a casa la “riforma” che lo impoverisce di garanzie e valori, di tutele e civiltà, di certezze e dignità. Eh si, è il loro sporco lavoro, chè a loro il lavoro piace così, più sporco è più li compiace, e meno ce n’è meglio è: non ci si sono mai dedicati granchè, premiati dalla lotteria naturale, ammessi alle cerchie giuste fin dalla culla, in cattedra fin dalle elementari, poche pubblicazioni e molte amicizie compiacenti, poca competenza e mote relazioni pubbliche e private.
Chissà se Polillo ha ragione di aver fiducia nel consenso delle aziende: abbiamo un ceto imprenditoriale aduso a vezzeggiarci mandandoci in ferie così prolungate da diventare perenni, che ha coniato il termine “esodati” perché evoca l’esodo vacanziero del Sorpasso. Su una cosa non sbaglia, capace che ci hanno talmente condannati a provare vergogna per la povertà che magari siamo contenti di far finta di non andare al mare per contribuire al Pil, invece di chiudere pudicamente le imposte che affacciano sul cortile.