Ho letto la nota “Il Pdl contro i prof: via dalla scuola chi fa politica” e mi sono sorte alcune semplici domande, forse banali. Ho anche pensato subito a un piccolo paragone con la nostra realtà di docenti di linguacultura italiana all’Istituto Italiano di Cultura di Mexico City.
Lo diciamo sempre tra amici e colleghi: qua siamo sempre un passo avanti e in Italia ci copiano! Nel contratto semestrale che firmiamo per “prestare i nostri servizi professionali di docenti” si legge, infatti, che “si sottolinea la necessità di favorire la partecipazione attiva di tutti gli alunni alle lezioni [...ok...] e la dovuta cautela nel trattare argomenti intimi, politici o religiosi che possano urtare la sensibilità degli alunni e distogliere dal compimento del programma didattico stabilito”. E’ una clausula un po’ più soft ma forse il Pdl l’ha presa come spunto.
Come fanno i presidi delle scuole a venire a conoscenza dell’operato sedizioso e politicamente radioattivo dello sfortunato prof che incapperà nella sospensione?
Lo denunceranno prima gli alunni o i colleghi antipatici? Oppure il preside seguirà su una web Tv le lezioni in diretta di tutti i suoi subordinati? Metterà delle cimici, pagherà una spia o chiederà le intercettazioni a qualche magistrato? (Ah no, quelle forse le tolgono tra un po’…).
Riporto dalla nota:
«L’importante – sottolinea il parlamentare – era inserire nel Testo unico sulla scuola il divieto di fare ‘propaganda politica o ideologicà per i professori». «Per quanto riguarda le sanzioni – aggiunge il parlamentare – queste dovranno essere contenute poi in dettaglio in un provvedimento attuativo della legge». «La propaganda politica, infatti, – prosegue Garagnani – non può trovare tutela nel principio della libertà dell’insegnamento enunciato dall’Articolo 33 della Costituzione. Un conto infatti è tutelare la libertà di espressione del docente, un’altra è quella di consentire che nella scuola si continui a fare impunemente propaganda politica».
Sarei proprio curioso di sapere come si fa a distinguere la storia, la cultura, la filosofia, l’educazione civica e l’economia dalla politica e dalla “propaganda”. E chi giudicherà, soprattutto nei casi “dubbi”?
E’ chiaro che, soprattutto nelle discipline umanistiche, sta storia puzza di discrezionalità e cultura del sospetto per cui è una proposta puramente intimidatoria che potrebbe, però, dare anche adito a interpretazioni soggettive dettate, a loro volta (!), da considerazioni politiche dei presidi o chi per essi.
In Messico, dato l’autoritarismo insito in alcuni articoli della Costituzione (e della cultura) nazionale, è possibile addirittura venire espulsi per una semplice denuncia ricevuta presso il dipartimento immigrazione e, magari, sostenuta dal notabile di turno. Non sempre è immediato e automatico, siamo d’accordo, però il pericolo e la minaccia alle libertà individuali resta.
Di storie di prof, giornalisti e stranieri in generale che son stati cacciati da un giorno all’altro senza validi motivi ce ne sono a bizzeffe. Colui che parla e, secondo il suo pubblico, “sconfina” è passibile di denuncia. Vogliamo copiare anche questo?
Una parte della comunità italiana in Messico ha espresso la sua indignazione per molte vicende che riguardano tutti noi, in Italia e all’estero: ecco la loro (e nostra) lettera.