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Politica agricola, s’infiamma la battaglia sul greening

Creato il 31 gennaio 2013 da Informasalus @informasalus
CATEGORIE: Attualità
Politica agricola, s’infiamma la battaglia sul greening

Attese con trepidazione dagli ambientalisti, guardate con scetticismo dagli agricoltori: le nuove regole per rendere più sostenibile l’agricoltura europea sono al vaglio dell’Europarlamento. Che potrebbe stravolgere la proposta della Commissione Ue. Sullo sfondo, i tagli di budget per la nuova Pac
Da un lato gli ambientalisti e la Commissione europea. Dall’altro, buona parte del mondo agricolo e dell’Europarlamento. In mezzo il pericolo che alla fine tutto salti, vittima dei tagli di bilancio e della potente lobby dell’agroindustria. Si preannunciano infuocate le sedute che si terranno nei prossimi mesi nelle aule di Bruxelles e di Strasburgo.
Oggetto del contendere: il greening, uno degli strumenti più innovativi della prossima Politica agricola comune (Pac). Messo a punto dal commissario europeo per l’Agricoltura, il rumeno Dacian Ciolos, dovrebbe riunire una serie di pratiche agricole utili ad assicurare la conservazione della biodiversità, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la tutela dei suoli coltivabili.
Pratiche volontarie, ma dalle quali, nelle intenzioni di Ciolos, dovrebbe dipendere una parte consistente del premio riconosciuto agli agricoltori dalla nuova Pac (il 30% dei pagamenti diretti). In pratica: o ci si adegua o gli aiuti economici si ridurranno drasticamente. A dire il vero, le critiche dei detrattori non si concentrano sul principio in sé quanto sugli strumenti per raggiungerlo. Tra i sostenitori è però forte il sospetto che questa sia solo tattica per ridurne l’impatto.
Tre azioni o niente premi
Per accedere ai premi della Politica agricola 2014-2020, la bozza della Commissione prevede tre azioni: mantenere i pascoli permanenti, destinare il 7% della superficie aziendale ad aree ecologiche (siepi, terreni lasciati a riposo, terrazze, zone di imboschimento) e diversificare le colture (le aziende più grandi di tre ettari dovranno avere almeno tre colture che non potranno superare ciascuna il 70% delle superfici seminate o essere inferiori al 5%).
Tre misure che promettono di incidere sensibilmente sulla vita e l’organizzazione dei 14 milioni di aziende agricole europee, che gestiscono oltre la metà del territorio Ue. Sono state salutate con favore dalle associazioni ambientaliste: «Con il greening – sottolineano Wwf, Italia Nostra, Fai, Associazione agricoltura biodinamica, Federbio e Società italiana di ecologia del paesaggio – sarebbe finalmente introdotto nella Pac un riconoscimento economico direttamente connesso ai servizi ambientali delle aziende agricole per conservare gli ecosistemi, ridurre l’inquinamento da pesticidi, aumentare la capacità di adattamento agli eventi climatici estremi».
Di tutt’altro avviso le associazioni dei produttori, che mettono in dubbio la reale efficacia delle azioni e la loro sostenibilità economica, soprattutto per le realtà di piccole dimensioni. «Il greening ha un obiettivo nobile e condivisibile – commenta Pietro Sandali, capo dell’area economica di Coldiretti –. Ma per le aziende italiane, la cui superficie media è di 7 ettari, destinare il 7% del terreno ad aree ecologiche, produrrebbe un aumento di costi insostenibile. In più l’obbligo di diversificazione, per come è scritto, non porterebbe nessun vantaggio né dal punto di vista agronomico né ambientale. Diversificare, infatti, non significa far ruotare le colture, ma solamente suddividere fra tre prodotti le aree coltivabili».
Il timore è che, per paradosso, le nuove norme portino a una deregulation delle coltivazioni. «Se i costi per adeguarsi alle regole supereranno i benefici economici dei fondi Pac, molti agricoltori potrebbero decidere di rinunciare ai premi per guadagnare grazie ad azioni meno sostenibili, ma più appetibili sui mercati». Analisi condivisa dal responsabile della Direzione Pac di Ismea, Camillo Zaccarini Bonelli: «Nelle aree più produttive d’Italia, oltre un terzo delle aziende per conformarsi al greening dovrebbe sostenere costi tali da non rendere conveniente la partecipazione al regime del pagamento unico».
«In realtà – osserva però Carlo Bogliotti, consigliere nazionale di Slow Food Italia – per i piccoli produttori, che praticano agricoltura biologica non cambierà nulla. Loro già rientrano nei parametri previsti dal greening. Rappresenta una perdita di denaro solo per i grandi produttori che fanno monocolture. Da loro arriveranno le pressioni più forti per ridimensionare la portata del provvedimento».
Ottomila emendamenti al Parlamento europeo
Dalle pressioni alle proposte di modifica il passo è breve. Tanto più che già a maggio il Consiglio dei ministri Ue dell’Agricoltura si era espresso nel senso di ridurre la portata del provvedimento. E così un fiume di emendamenti – circa ottomila – ha inondato la commissione Agricoltura dell’Europarlamento, impegnata nell’analisi del testo della nuova Pac. Quasi tutti puntano a cambiare le norme, in nome di una maggiore flessibilità e adattamento alle diverse realtà territoriali europee.
«La modifica del testo giunto dalla Commissione europea è una certezza – spiega l’eurodeputato Ppe, Giovanni La Via, uno dei tre relatori del provvedimento –. È il buonsenso a richiederlo: che ragione avrebbe ad esempio imporre agli olivicoltori italiani di abbattere i propri olivi per destinare il 7% del proprio terreno a spazi erbacei?».
L’idea che potrebbe prender piede è, da un lato, ridurre la quota di premio legata alle attività ecologiche; dall’altro, ampliare il numero di aziende esentate dall’obbligo di differenziazione delle colture («per quelle troppo piccole l’adeguamento renderebbe insostenibili i costi»). E potrebbe alla fine passare anche la proposta di creare un menù di azioni “verdi” tra le quali gli Stati membri potranno far scegliere le proprie aziende agricole: «Sarebbe un modo – commenta La Via – per onorare il principio di sussidiarietà tra Ue e singoli Stati che consentirebbe di rispettare le peculiarità dei vari territori».
Ipotesi che fanno inorridire gli ambientalisti: «Se si esentassero dalle regole del greening le aziende sotto i 10 ettari e si consentisse a quelle fino a 15 ettari di non effettuare la rotazione delle colture, quasi il 90% delle imprese non avrebbe obblighi ambientali. Percentuale che salirebbe al 96% se si consentisse la rotazione tra due sole colture per le aziende fino a 50 ettari».
Ma la battaglia tra le due fazioni potrebbe essere alla fine decisa non tanto dalla maggiore forza di uno dei contendenti, quanto dai tagli di bilancio. Il futuro del greening appare, infatti, strettamente connesso con l’entità dei fondi che saranno destinati alla nuova Pac.
Ad annunciarlo è lo stesso La Via: «Se ci sarà un taglio consistente del budget, nell’ordine del 15-20%, il greening salterà del tutto. Le discussioni tra i membri del Parlamento vanno in questa direzione. Nuovi vincoli per gli agricoltori sarebbero impensabili, se non compensati da contributi adeguati».



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