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Politica e pensieri.

Creato il 22 aprile 2013 da Amalia Temperini @kealia81

Partendo dal presupposto che il blog non nasce per parlare di politica, non posso farne a meno. Mi scuso con chi è abituato a leggere contenuti diversi, ma oggi preme scrivere di quest’argomento.

Ho appena letto la risposta di Stefano Rodotà a Eugenio Scalfari.
Ieri, nel suo editoriale, il fondatore di Repubblica è andato giù in maniera pesante col suo punto di vista dato in merito alla candidatura del costituzionalista Rodotà – a parer mio, più a sua tutela, che non per il riconoscimento di suoi meriti.  Vi lascio fare un’idea cliccando “qui“.

Rodotà ha riepilogato stamattina soffermandosi su alcuni aspetti peggiori che hanno caratterizzato il nostro fare istituzionale nel corso degli ultimi 20 anni (leggi).

Loro due, con i loro articoli, stanno avendo uno scambio forte e paritario, personale e d’interesse pubblico. Si assumono la responsabilità di affermare educatamente pensieri costruttivi, nonostante i linguaggi siano stridenti, acuti e contrapposti tra loro. Hanno un fare politico valido,  nonostante il dialogo sia giornalistico.

Non apprezzo i modi del Movimento 5 stelle e dei suoi “cittadini”. Non mi piacciono le strategie da flashmob che adottano per fomentare un dialogo impostato sulla rabbia, poiché quando uno è incazzato, non ragiona, e tutto quello che può accadere successivamente, dovuto un atto sbagliato, potrebbe essere il peggioramento di una situazione già andata a picco e in attesa dello schianto.

Parto dal pensiero che le classi sociali povere, in qualsiasi condizione sia una Nazione, rimangano invariate, cioè alla fame. Le fasce alte, invece, continuano ad avere il loro modus vivendi senza abbandonare il loro status, e la classe media, intoppata in questo momento storico, si trova a non accettare una situazione che non viveva da troppo tempo.

Nella mia domenica post pranzo ho avuto la possibilità di ascoltare la diretta di Skytg24 da Roma. Intervistavano passanti radunati per l’incontro (non incontro) con Beppe Grillo, e quello che è venuto fuori è stato un comizio in favore del candidato – Marcello De Vito – per le elezioni amministrative romane del 26 – 27 maggio prossimo, sotto forma di contestazione.
In realtà ciò che mi ha colpito di più è stato un signore che – analiticamente – ha ammesso di aver commesso uno sbaglio gettando il suo voto al movimento, poiché, a parer suo, quest’ultimo, è da ritenersi incapace nell’inserirsi nel sistema governativo con una strategia veloce o precisa.

Il problema che sovviene allora è uno e complesso: se dovessero esserci di nuovo le elezioni, con un PD a pezzi e un elettorato deluso dalla politica dei 5 stelle, dove andranno questi voti?
Il solo pensiero di vedere Alfano e Berlusconi che ridono di gusto per l’autoimplosione di una sinistra (non sinistra), mi sconvolge – come del resto, anche quei sondaggi letti da Giovanni Floris a Ballarò, nel corso delle ultime puntate, dove era evidente l’aumento delle percentuali di voto al PDL.

Non voglio entrare in merito all’elezione del Presidente della Repubblica ergendomi e dicendo chi doveva salire o meno al Quirinale. Susciterò l’irritazione di qualcuno, ma credo che Napolitano abbia accettato la ricanditadura per pietà e per un forte senso dello Stato.
E’ una vittima di un gioco in cui tutti si fagocitano l’un l’altro, senza più vedere la strada, come se davanti ai nostri occhi non ci fosse più futuro.

Questa cosa mi spaventa parecchio e stasera voglio proprio sentire il suo discorso alle 17.


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