di Rina Brundu. Non sarà cool (per dirla con Renzi), ma ammetto di avere una grande ammirazione per l’avvocato Niccolò Ghedini (meno per l’onorevole). Oltre ad essere un uomo di presenza, piace quel suo senso del low-profile accanto agli assistiti di riguardo, le maniere cortesi e pacate unite alla capacità di diventare falco quando necessario, come si conviene ad ogni vero principe del foro. Senza dimenticare che non ci si può occupare di un così alto numero di processi, quanti sono per esempio quelli del suo più importante cliente, se non si è professionisti fantasiosi o dotati di grande presenza di spirito. Nella sublime arte oratoria necessaria per confezionare ogni arringa-to-remember la fantasia e la presenza di spirito sono tutto: nell’Italia della giustizia-malata possono fare la differenza tra l’ergastolo e la piena assoluzione, mentre in tempi non troppo lontani potevano fare la differenza tra la vita e la morte del condannato. A conferma di questa grande verità, il mio vecchio parroco amava raccontarmi la storia di quel generale che avendo perso un braccio in battaglia si presentò davanti a Napoleone per chiedergli una pensione. “Vedremo” disse l’imperatore per tutta risposta. E il generale: “Se anche io avessi detto “vedremo”, adesso avrei ancora il mio braccio…”. Inutile dire che Napoleone colpito da tanta sagacia gliela concesse subito. Naturalmente – i sadici tra noi – potrebbero argomentare che se un esodato italico si presentasse all’INPS con una storiella-simile il risultato non sarebbe altrettanto mirabile, ma occorre pure dire che è proprio quando si incontrano le maggiori difficoltà che il mastering di un’arte oratoria efficace fa la differenza. Mentre il ghedinismo più rampante ci insegna che non è tutto oro quel che luccica, che le ragioni degli uni non sono meno importanti di quelle degli altri e che in fondo anche il bene e il male sono tutta questione di prospettiva…
Mi sto perdendo? Qual è il punto? Non ho un punto particolare e comunque è troppo presto per fare il punto. Il fatto è che le tematiche che ci propone l’attualità a volte danno da pensare. Alcune volte più di altre volte, intendo. Per esempio dieci anni fa (anno più anno meno), le prime pagine dei quotidiani-che-contano – taglio alto taglio medio taglio basso e spalla – erano riempite dei fatti e misfatti della politica italica e di Berlusconi, poi a pagina 45 compariva un qualche trafiletto per spiegare – con prosopopea stile Istituto Luce, in opposizione allo stile più sobrio e low-profile di cui sopra – che in Svizzera stavano costruendo un grande acceleratore di particelle, con i soldi e la Scienza della madrepatria. Lo scopo? Tra i tanti, cercare l’infausto Bosone di Higgs: ma cosa garantiva che questa particella esistesse veramente? Davvero solo quel postulato minimo a pié di pagina tra gli scritti neppure troppo interessanti di quel tal scienzato albionico? Troppo poco per contentare il contribuente tartassato, o no? Due anni fa circa invece le prime pagine dei quotidiani-che-contano – taglio alto taglio medio taglio basso e spalla – erano riempite dei fatti e misfatti della politica italica (versione tecnica) e di Berlusconi; poi cominciava a guadagnarsi (faticosamente) la prima, qualche occhiello perplesso (insieme a qualche occhiello pietoso) che relazionava sui fiaschi del CERN con i neutrini superluminali, sul tunnel Gran Sasso –Svizzera della Gelmini, nonché sulla fatidica domanda (la cui corretta risposta è costata almeno 100 dollari di scommessa persa al grande Stephen Hawking): Bosone di Higgs sì o no? Di converso, quest’oggi le prime pagine dei quotidiani-che-contano erano sì riempite dei fatti e misfatti della politica italica (versione larghe intese) e di Berlusconi, ma in più, nell’articolo di spalla quando non in quello di taglio alto, veniva data grande visibilità alla notizia del Premio Nobel per la Fisica 2013 assegnato ai fisici Peter Higgs e François Englert (perché non chiamarlo Bosone di Higgs – Englert?) per la contemporanea teorizzazione dell’esistenza del bosone, scoperto anche grazie ai “soldi e alla Scienza della madrepatria”.
Il punto? Sì, adesso credo che si potrebbe tentare di farlo, fermo restando che le lezioni impartite e imparate – come accadde a Napoleone col suo generale, o viceversa – e come ci insegna il miglior ghedinismo dipendono sempre dalla prospettiva di visione. I più sadici tra noi (sempre gli stessi che speculavano sulla dialettica esodati-INPS) - dopo aver ironizzato sul fatto che l’Higgs non è sicuramente immune da colpe, nel senso che essendo alla base del meccanismo che permette la creazione degli atomi, dunque della materia, dunque degli esseri viventi e dunque anche dei politici italiani (ahinoi!) – potrebbero far notare che durante l’ultima decade mentre la Scienza nostrana ha fatto progressi da gigante e ha ben rappresentato il Paese nel mondo, i fatti e i misfatti della nostra Politica quello stesso mondo lo hanno fatto ridere dalle homepages di ogni giornale. E Berlusconi? Lui era sempre in “prima” e a questo punto è molto probabile che ci resterà fino alla trasformazione del sole in supernova, sempre in attesa di scegliere la comunità che lo accoglierà….
Ma è davvero questa la verità? E come potrebbe essere raccontata e vista questa curiosa ascesa con conseguente, incredibile “furto” della prima-pagina alla Politica italiana da parte del Bosone di Higgs (rubare alla Politica, sic!), in una ipotetica, brillante, arringa-ghedinica-to remember e con un’arte oratoria adattata ai tempi? Alla maniera del coraggioso generale di Napoleone, nessun tentennamento davanti a tanta arroganza: “Il bosone di Higgs? Ha rotto ‘u c…!”.
Featured image, collage dalla conferenza del Cern del 4 Luglio 2012. In alto a sinistra Peter Higgs. In basso, da sinistra a destra Joseph Incandela, Fabiola Gianotti, Rolf Heuer, il prof. Antonino Zichichi.
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