Politica energetica, i conti non tornano
29 gennaio 2014 di Redazione
di Nicolino Sticchi
In questi ultimi giorni il dibattito sulla TAP (Trans Adriatic Pipeline), società che dovrebbe realizzare il metanodotto per il trasporto del gas dall’Azerbaijan in Italia, con approdo dell’infrastruttura sul litorale di San Foca (marina di Melendugno), si è fatto sempre più acceso, anche a causa della dubbia posizione tenuta da alcune forze politiche. Queste infatti, probabilmente per non contrastare l’azione del Governo che ritiene l’opera strategica per le politiche energetiche di questo Paese e per il Salento, hanno disquisito più sulla opportunità di arrivare con i lavori sulla costa brindisina o salentina, mettendo i territori nella condizione di dover scendere in campo a difendere le loro realtà, che a discutere sull’importanza o meno del gasdotto. Se a ciò si aggiunge anche la novità che la Società Igi Poseidon, a suo tempo autorizzata dal Governo e dagli Enti preposti a realizzare il gasdotto per il trasporto del gas dall’area del Mediterraneo, del Mar Caspio e del Medio Oriente fino alla stazione di stoccaggio localizzata nel Comune di Otranto, possa ancora oggi procedere alla realizzazione dell’infrastruttura, visto che il Ministero dello Sviluppo Economico in data 22 ottobre 2013 ha concesso la proroga dell’Autorizzazione fino a giugno 2016, diventa sempre più urgente una riflessione sulla Strategia Energetica Nazionale, più che una discussione sul luogo di approdo.
L’Italia importa circa il 90% di gas naturale necessario al suo fabbisogno complessivo (pari a circa 67 miliardi di mc-anno), del quale, poco più del 50% è impiegato per la produzione energetica e il restante per i consumi primari. Il gas arriva in Italia a mezzo di 4 gasdotti (Il Transmed che trasporta il gas Algerino e arriva a Minerbio “Bologna”, dove entra nel sistema di distribuzione; il Greenstream che collega l’impianto di trattamento di Mellitah sulla costa libica con la rete nazionale del gas di Gela “Caltanisetta”; il Trans Austria Gasleitung che trasporta il gas dai giacimenti russi fino a Tarvisio “Udine”; il Transitgas arriva fino alla località di Passo Gries, dove si connette con la rete nazionale dei gasdotti) e 2 rigassificatori già operativi (Panigaglia “La Spezia” e Porto Levante “Rovigo”). Un terzo rigassificatore “Fsru Toscana”, collocato sul versante tirrenico e a 22 K/m. dalla costalivornese, entrerà in funzione a breve, ed un ulteriore gasdotto, il “South Stream”, previsto con terminale a Tarvisio, dovrebbe andare a regime nel 2018. Se poi dovessero essere realizzati anche gli ulteriori rigassificatori approvati (6) e quelli in progetto (5), l’Italia avrebbe surplus di infrastrutture che non troverebbero giustificazione con i bisogni del Paese, le cui necessità di gas sono previste in diminuzione a causa della limitata crescita economica (le importazioni di metano sono scese da 75 a 67 miliardi di metri cubi annui fra 2005 e 2012), delle politiche di efficienza energetica e della auspicabile crescita delle rinnovabili. Se a ciò si aggiunge che un surplus di infrastrutture, anziché generare vantaggi, possa diventare un costo per il cittadino, perché in bolletta elettrica vengono caricati i maggiori oneri sopportati dallo Stato nel caso in cui la fornitura di gas di un impianto è inferiore al 71% delle sue potenzialità, l’eccessiva presenza di impianti è assolutamente sconveniente. Inoltre la Strategia Energetica Nazionale approvata di recente dal Governo è priva di una seria politica di decarbonizzazione, tant’è che non è previsto alcun intervento migliorativo in aree di grave criticità ambientale (come Brindisi e Taranto) e non vi sono segnali significativi a favore di una politica di sviluppo delle rinnovabili, orientata sull’autoconsumo, sulla ricerca e sulla promozione di sistemi di accumulo, che porterebbero sicuri vantaggi alla rete elettrica e all’utente.
Invece una politica di de carbonizzazione è sempre più indispensabile, sia per contenere le emissioni di Co2 (come previsto dalle politiche ambientali della Comunità Europea), sia per evitare casi come quello di Brindisi, dove tra il 2001 e 2010 sono nati più bambini con malformazioni rispetto alla media europea e ai comuni limitrofi ed oggi sta emergendo, da uno studio eseguito da alcuni ricercatori dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Lecce, Pisa e Bologna, che vi è correlazione fra bimbi malati e valori elevati di diossido di zolfo (SO2) nell’aria (diossido che si sprigiona dalla combustione di petrolio,carbone, rifiuti ed altro).
Asserire, come fa il Governo, che il freno alla crescita delle rinnovabili si è reso necessario per contenere il peso degli incentivi è assolutamente inesatto, in quanto, se si sommano il sostegno Pubblico alle fonti tradizionali (che non è irrilevante) e i costi sociali derivanti dall’inquinamento ambientale, la spesa per la collettività è di gran lunga superiore, come dimostrato da vari organismi nazionali ed internazionali.
La volontà del Governo di realizzare a Melendugno l’approdo di un gasdotto rimane del tutto incomprensibile, se si considera che: i consumi di energia elettrica da gennaio a ottobre sono diminuiti del 3,6%, rispetto allo stesso periodo 2012; le rinnovabili, già oggi, sono in grado di assicurare una produzione che si aggira intorno al 39% dei consumi elettrici da energie pulite; la Puglia e il Salento contribuiscono con il maggiore potenziale di energia da fonti pulite; questi territori hanno già dato tanto a livello di consumo di suolo per la quantità di pannelli fotovoltaici e torri eoliche installate; il danno all’ambiente e alla salute determinato dalle centrali elettriche a combustibili fossili è rilevante; il piano energetico nazionale non prevede alcun intervento per la salubrità dell’aria in Puglia; le infrastrutture esistenti e quelle già autorizzate sono più che sufficienti a garantire al Paese i bisogni di metano; una strategia a favore dell’efficienza energetica porterebbe a contenere ancor più le esigenze di energia e dei consumi di gas.
Ancor più incomprensibile è che la posizione del Governo penalizza l’unica risorsa economica del nostro territorio, il turismo, apportando le ragioni di diversificare le rotte di approvvigionamento del gas per migliorare la nostra sicurezza e indipendenza e creare un mercato competitivo ed efficiente per contenere i prezzi dell’energia.
Obiettivi sicuramente meritevoli di attenzione, solo però che il primo è già sufficientemente garantito dalle infrastrutture esistenti e da quelle autorizzate ed in programma di esecuzione, il secondo si potrebbe raggiungere eliminando gli incentivi elargiti alle lobbies dei combustibili fossili. Allora lo Stato dicesse che tutto ciò è necessario, perché tra gli interessi da difendere ci sono quelli dell’Enel, dell’Eni, della Cassa Depositi e Prestiti, di Snam Rete Gas e di altre Società consociate che hanno in mano il monopolio delle infrastrutture e dei contratti di importazione del gas e forse si capirebbero meglio e prima gli obiettivi della “grande” Strategia Energetica Italiana approvata nel marzo 2013, che nulla hanno a che fare con le tutele del territorio, dell’ambiente, della salute dei cittadini e con il contenimento della spesa energetica.
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