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Politiche editoriali, boicottaggi, ripicche, frustrazioni

Creato il 27 ottobre 2011 da Istanbulavrupa

Politiche editoriali, boicottaggi, ripicche, frustrazioni

Vorrei segnalarvi un boicottaggio che banche e investitori turchi hanno intrapreso contro l’agenzia Reuters, per il fatto che preferisce definire i membri del PKK  con termini come “ribelli”, “guerriglieri” o “militanti”, piuttosto che con la parola “terroristi”. Come spiega Bianet, la scelta della Reuters coincide con la sua politica di non utilizzare mai la parola “terrorista” riferita a persone o organizzazioni.

Ora, al di là della scelta dei termini e della generale interpretazione dello svolgimento dei fatti, può sembrare strano che un’agenzia di fama internazionale eviti di utilizzare una terminologia comunque ampiamente condivisa a livello internazionale.

La questione diventa ancor più interessante quando nel giorno del terremoto di Van, la Reuters ha deciso di precisare che le zone colpite dal sisma sono per lo più popolate da curdi, e che in passato la popolazione armena del luogo fu in passato deportata e massacrata.

Il giornalista Ali Eyüboğlu sul Milliyet fa notare come l’aggiunta di queste informazioni sia alquanto fuori luogo, perché non arricchisce l’articolo di per sé: d’altra parte si sta parlando di una catastrofe naturale e non di un avvenimento sociale o politico. Eyüboğlu, precisando come in seguito a lamentele provenute dalla Turchia la Reuters abbia modificato la notizia, finisce per affermare che “non si tratta altro che di inimicizia nei confronti della Turchia” e che “pur essendo la Reuters conosciuta come un’agenzia imparziale, se decide di colpire la Turchia alla prima buona occasione, vuol dire che la nostra strada verso la UE sarà molto difficile”.

Ennesima dimostrazione questa del famigerato “volta faccia della Turchia”, che tali episodi giornalistici  fanno più che mai capire quanto in realtà questo voltafaccia sia una profezia che diventa realtà ad ogni negligenza o disattenzione, forse nel subconscio ideologicamente basate sul rifiuto del diverso e sull’ottusa incapacità di dialogo.



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