Secondo la teoria economica tradizionale, una riduzione dei salari fa crescere l’ occupazione. Keynes criticò questa tesi con l’ argomento che i salari non sono solo costi, ma anche redditi: un taglio dei salari provoca una diminuzione della domanda totale, col probabile risultato che l’ occupazione resta invariata se non addirittura negativa. É evidente che se i salari aumentano più dei prezzi delle macchine le imprese hanno convenienza a risparmiare lavoro. E’ vero che il risparmio di lavoro significa aumento di produttività, ma è anche vero che l’ aumento in Italia del costo relativo del lavoro (sul quale il Governo nulla, è bene ricordarlo, sta facendo) ha stimolato soprattutto le delocalizzazioni con le quali le aziende risparmiano a scapito dei lavoratori; ciò sta contribuendo alla diminuzione dell’ occupazione nell’ industria. Fino a venticinque anni fa in Italia, come in altri paesi europei, la crescita del reddito era tale da rendere innocua la spinta in alto del costo del lavoro; in seguito il più lento sviluppo non ha più controbilanciato l’azione frenante del costo del lavoro sull’ aumento dell’ occupazione; ma come porre rimedio? Una politica di robusta espansione del reddito e dell’occupazione può avere probabilità di successo a due condizioni:
1) che si operi sui costi energetici e sul costo del lavoro e non su uno soltanto;
2) che si agisca, non isolatamente, ma sul piano europeo.
Debbono mobilitarsi non solo i governi ma anche i sindacati perché se da un lato il prezzo dell’Energia alto costituisce un baluardo insormontabile per nuove politiche, un suo abbassamento potrà finalmente incentivare le assunzioni e con essa anche una migliore Politica Industriale; ciò comporterà, se accompagnata da una diminuzione del costo del lavoro, la probabile diminuzione della disoccupazione con evidente aumento del reddito. In ultima analisi la disoccupazione e non solo giovanile è un problema comune a tutti i principali paesi europei, neppure la Germania ne è esente; ma è particolarmente grave per noi: ricordiamoci che quello della disoccupazione sta diventando sempre di più un problema serio che merita risposte immediate. Come conseguenza, in molte aree del Friuli Venezia Giulia stanno crescendo, fra le giovani generazioni, la frustrazione e il pessimismo, foriero, non d’impossibili rivoluzioni, ma di cupa inerzia e di diffusione di comportamenti, come si usa dire, devianti. Non è dunque soltanto un problema di sviluppo economico: è un problema di crescita civile dell’intero paese.