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Politici, politicanti e Draghi.

Creato il 07 settembre 2012 da Basil7

di Beniamino Franceschini

da FANPAGE, 7 settembre 2012

Le misure proposte da Mario Draghi infondono fiducia alle Borse: la speculazione può davvero essere contenuta pur non conoscendone i limiti effettivi? Perché non c’è un coordinamento europeo anche per la ripresa dell’economia reale?

Non sono particolarmente eccitato dal piano Draghi, né facilmente cedo all’esaltazione dei banchieri centrali. Credo, invece, che il problema resti sempre lo stesso: l’ormai acclamata subalternità non tanto della politica all’economia, quanto, piuttosto, dei tempi e dei modi della politica ai tempi e ai modi dell’economia finanziaria. Il paradosso è semplice: se in pochi centesimi di secondo possiamo trasferire titoli e ingenti somme di denaro modificando radicalmente l’assetto di un attore (statale o privato), come può la politica mantenere il proprio spiritus di elaborazione di programmi nel lungo periodo? Un abusato aforisma di Alcide De Gasperi sostiene che il politico guardi alle prossime elezioni, lo statista alle prossime generazioni. Tuttavia, con l’attuale tendenza, si rischia che i politici non possano nemmeno più confrontarsi con linee progettuali inter-elettorali, poiché la necessità e l’urgenza rischiano di assurgere a normalità, cosicché, tracciando una linea ideale, il decreto-legge sarebbe teoricamente l’iter ordinario. Questo, chiaramente, è un’esagerazione teorica – o almeno spero. Il problema, a parer mio, è ben maggiore, e l’improvvisa euforia delle Borse appare molto volubile. Non sono un economista, né mi intendo d’economia: le mie sono solo valutazioni politiche nel senso delle dinamiche della vita sociale organizzata. In poche parole dico quello che penso prendendo le mosse da considerazioni non economicamente tecniche.

I miei dubbi riguardano principalmente tre punti. Il primo, inevitabile, deriva dalla constatazione che la finanza internazionale sia un sistema del tutto deregolamentato (la regola è l’assenza di regole) che ritiene legittimo il raggiungimento del profitto personale senza valutazione delle conseguenze, se non nell’ottica di creare ulteriori strumenti di guadagno (si vedano derivati, hedge funds, mutui sub-prime e il dibattito a essi legato). Pertanto, ed è stato già dimostrato storicamente, non c’è argine che regga davvero: quando la mezzanotte della speculazione scocca, non si è grado di sapere né se si arriverà a mezzogiorno integri, né, addirittura, quante ore avrà quel giorno. Qualsiasi contromisura assunta da attori “pubblici” deve fronteggiare limiti fisici e giuridici, mentre la speculazione – lo dice il termine stesso – si basa proprio sulla propensione al rischio e sulla sfida completa al banco. Sembra quasi che anche le Borse stesse siano composte di due livelli: quello visibile, che reagisce alle manovre degli Stati o dei soggetti internazionali, e quello invisibile, del quale non è dato sapere né l’umore, né la consistenza, né i reali piani.

Il secondo punto è il deficit democratico. La BCE, potendo acquistare «“senza limiti quantitativi fissati ex ante”, i titoli di Stato dei Paesi che richiedono l’assistenza finanziaria dell’Europa» (“Il Sole 24 Ore“) diviene una sorta di prestatore di ultima istanza, la cui azione andrà a sommarsi al Meccanismo di Stabilità Europeo e al Fondo Salva Stati. Tuttavia, la specificazione secondo la quale, in cambio dell’acquisto di titoli «la Bce concorderà con lo Stato richiedente tempi e modalità delle riforme istituzionali necessarie a mettere in sicurezza i conti pubblici sul lungo periodo, sottoscrivendo un “memorandum”, […] impegno stringente per il paese che beneficerà degli aiuti» (“Il Sole 24 Ore“) apre un nuovo vulnus nella difesa della democrazia. Se già vi erano timori riguardo all’attribuzione di tali poteri a strutture derivanti dall’Unione Europea, o da un accordo formale ad hoc tra Paesi, ma comunque sempre da una manifestazione implicita o esplicita di volontà, cosa si dovrebbe dire di questa posizione della BCE, un organo di governo economico e monetario formalmente indipendente?

Ed ecco il terzo dilemma. Il mercato dei titoli di Stato forse è stato messo al sicuro, ma il mercato fisico, quello con le bancarelle e i pescivendoli strillanti? L’economia reale non è in grado di riassumere una dimensione ottimale, non può riprendersi. Il mondo del lavoro è in una delle crisi più terribili mai attraversate dagli anni Trenta, secondo alcuni la peggiore dalla Grande Depressione. Il timore, in realtà, è che l’azione di Mario Draghi sia da inserirsi nel panico totale che sta attraversando un’Europa incerta – e combattuta – tra l’ampliamento dell’unione politica e la prosecuzione dell’integrazione condotta per provvedimenti economico-finanziari. Anche la ripresa è questione europea da valutare attraverso un coordinamento diffuso, magari, per esempio, tramite l’elaborazione di un piano strategico di approvvigionamento energetico, obiettivo complesso perché direttamente incidente sulla politica estera dei membri, ma funzionale a un progetto di tariffazione unica europea. Il problema – e qui si torna alla differenza tra politico e statista – è che, spesso, in alcuni Paesi ci si trova di fronte a politicanti, a personaggi che, fino a qualche anno fa, a fatica avrebbero avuto l’incarico di scrivere il volantino di una festa rionale di partito. Molti governi non hanno la forza, reale o percepita, di disporre concrete misure a sostegno della ripresa economica. Altrove, la mancanza di fiducia o di affidabilità investe i Parlamenti, ma il senso non cambia: le Istituzioni nazionali non vogliono assumersi la responsabilità di indirizzare il proprio Stato verso una linea precisa, talvolta per incapacità, talvolta per calcolo elettorale, talvolta per timore. L’Europa, a sua volta, non ha la decisione di coordinare un’azione di riavvio economico, sia perché ai vertici dell’Unione si riscontrano le problematiche su citate, sia perché la sua struttura alterna organi sovrastatali e intergovernativi.

La strada è molto lunga e dissestata, ma i cittadini europei devono decidere come percorrerla: certo è che, pedibus calcantibus e ognuno per conto proprio, il rischio minore è arrivare alla meta a scaglioni; quello maggiore è perdersi per la via.

Beniamino Franceschini

Politici, politicanti e Draghi.

 

La versione originale dell’articolo può essere letta qui: Politici, politicanti e Draghi



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