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Poliziotto buono, poliziotto cattivo, politico di m..

Creato il 17 ottobre 2015 da Albertocapece

downloadAnna Lombroso per il Simplicissimus

L’ultima volta  le avevamo viste sotto forma di travestimenti per attizzare fuochi dormienti, riportare a bollore spiriti intiepiditi, riaccendere sensi intorpiditi cui non bastano  pilloline azzurre,  insieme a grembiulini da festose chellerine, uniformi da maliziose infermiere, le più adatte in considerazione dell’età media e degli acciacchi degli irriducibili utilizzatori finali.

Possiamo immaginare dunque che  Salvini sia stato invitato a mangiare gli avanzi di una cena elegante imbandita per celebrare sobriamente la rinascita della grande destra, minacciata da quella ancora più grande che fa capo a Renzi, abbia frugato negli armadi dell’ormai sinistro villone di Arcore e abbia sostituito il suo repertorio di felpe con una divisa da poliziotto, rimasta là in naftalina a imperituro ricordo di giorni spensierati e capricciosi.

Il fatto è che anche il leader della Lega ha in animo di ravvivare qualche fuoco, ridare vigore a istinti incendiari che ricordano con nostalgia e affetto antiche fiamme, tonificare certe passioni “ingiustamente” criminalizzate: per l’olio di ricino, le spedizioni punitive, i manganelli, gli spioni di palazzo, le botte a chi la pensa diversamente e le ruspe per chi è costretto a vivere diversamente, opponendo l’ordine delle botte, della paura, dell’intimidazione e del ricatto al vivere solidale e armonioso, alla coesione sociale, al ragionare insieme, che sono poi l’insidia più minacciosa per chi ha fatto del timore degli altri, del rancore, dell’invidia, della denigrazione, della sopraffazione, della violenza pilastri di una ideologia aberrante che aspira diventare sistema di governo. Grazie alla cancellazione ormai ampiamente condivisa di una carta costituzionale che aveva i suoi fondamenti sulla tutela dei diritti, sui valori del lavoro e dell’autonomia delle persone, sulla libertà in tutte le sue declinazioni.

E infatti si rivolge a quelli del  SAP, SAPPE, SAPAF, CONAPO, COISP, CONSAP, UGL Forestali, COTIPOL, perfino ai gruppi di Facebook, insomma alle sigle di quelli che applaudono ai massacratori di Aldrovandi, quelli che prendono a calci le ragazzine che manifestano, quelli che ritengono che la tortura sia una procedure un po’  esuberante ma legittima addirittura pedagogica per ottenere informazioni o di mettere in riga disubbidienti, parlando alle pance e alle tasche che i governi ai quali ha attivamente partecipato hanno  contribuito a affamare e svuotare, tirando fuori il peggio di quello che alberga in corporazioni ma anche in cittadini “in borghese” che vedono nella democrazia un pericolo per quell’autoritarismo liberticida che ritengono li possa meglio garantire: razzismo, xenofobia, condanna di comportamenti e inclinazioni non “conformi”, fastidio per l’espressione di opinioni differenti, risentimento nei confronti dello stato e delle istituzioni.

E  non è mica solo, anche se finora è stato l’unico a osare la solidarietà en travesti e anche l’unico che può manifestare in divisa: a Roma il 15 c’era il fior fiore del riscatto della destra contro un governo diversamente di destra, schierati contro un paese “anormale” che “finanzia” con inique regalie  stranieri e carcerati, Gasparri, Meloni, e poi Carlo Giovanardi, Nunzia Di Girolamo, Daniela Santachè, Laura Ravetto. Tutti quelli che hanno fatto delle divisioni, dell’ostilità, del rancore, dell’inimicizia un sistema di governo della complessità, non poi diverso dai sistemi di governo tout court che ci ha abituato a considerare inevitabile la trasformazione dei diritti in arbitrarie elargizioni, il ricondurre competenze a funzioni a figure accentratrici e la politica a personalismi.

È che a forza di perseguire la pratica del dividere per meglio comandare, hanno contribuito perché ci fossero anche due polizie, una “buona” che, sia pure con un cammino non sempre lineare e con qualche autocritica, sta perseguendo un processo di democratizzazione, fatta di operatori che con onestà fanno il loro lavoro, che stanno appostati dentro una panda senza la divisa usurpata da Salvini, per difendere i cittadini dal racket e un balordo gli spara contro, quelli contro cui insorgono quartieri maledetti quando vanno a arrestare malavitosi, quelli che – come diceva Al Pacino in un avvincente thriller – non ci piacciono, non li frequenteremmo, ma diventano nostri amici quando ci derubano, minacciano le nostre vite e i nostri beni.

L’altra “cattiva”, convinta che l’incarico e la missione assunta per pochi soldi e magari anche col rischio della vita, siano eseguire comandi che vengono dall’alto senza discussione e senza responsabilità, reprimere ancor prima di prevenire, secondo graduatorie e gerarchie che mettono al primo posto un bancomat piuttosto che l’integrità delle persone, il diritto di passeggiare sul corso più che quello a manifestare critica e ad esprimere pensiero e collera legittima. E che scelgono protezioni in alto e assicurano consenso in cambio dell’autorizzazione a dare sfogo a frustrazioni, animosità, sopraffazione sentendosi dalla parte del giusto.

Anche Omero sonnecchia e non sempre Pasolini ha ragione: non c’è giustificazione per chi deve tutelare garanzie e diritti e invece esercita quello a essere risarcito delle proprie origini, delle proprie mortificazioni menando chi gli pare  stia meglio  e immeritatamente, lavoratori, studenti, donne, cittadini che protestano per la salvaguardia di beni comuni, e che intanto godono di un privilegio in più, quello di scioperare e  manifestare.

Sarà bene non sottovalutare ancora un volta il folklore pittoresco della Lega, il gusto del vintage della destra storica perché non è certo cosa nuova che si prestino comunque a dare una mano ai governi in carica, quando occorre, a condizionarne maggioranze e programmi o nel caso attuale tweet e slide, a partecipare dei fasti del regime in cambio dell’inamovibilità su poltrone inchiodate nelle stanze del potere.

Abbiamo lasciato troppo soli gli operai di Pomigliano e Mirafiori, gli operai dell’Ilva e i cittadini di Taranto, gli insegnanti precari, i ragazzi dei call center, i disabili colpiti dai tagli del Welfare, i sindacati beffati dal governo, i sorveglianti del Colosseo, quelli del no triv, no tav, no expo, no canali, no grandi navi, insomma quelli del no alla cancellazione della democrazia attraverso impoverimento, erosione di prerogative e certezze, espropriazione di partecipazione alle scelte, incremento delle disuguaglianze. Sarà bene non lasciare soli i tutori della sicurezza, quelli che in piazza si trovano davanti i loro figli, i loro padri, le loro mogli, i lavoratori come loro, i disperati venuti da fuori come magari sono stati i loro nonni e come potrebbero diventare i loro nipoti, non possiamo permetterci una polizia che non è fascista soggetta alle blandizie o alle intimidazioni di un ceto politico che lo è, per tradizione o per inclinazione, per continuità con i vizi di regimi passati che sono rimasti vivi, come fiumi sotterranei che riaffiorano: corruzione, rapina, sopruso, ipocrisia, servilismo a padroni, anche quelli sempre gli stessi, coi loro bavagli, i loro bastoni, le loro carote, sempre meno dolci, le loro menzogne, sempre più tossiche, i loro travestimenti sotto i quali ci sono sempre le stesse abitudini allo sfruttamento e alla prevaricazione.


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