Siamo arrivati all’ultimo appuntamento sulle elezioni polacche, che East Journal ha seguito fino al giorno del voto, il 10 ottobre scorso. Davide Denti – classe 1984, redattore di East Journal e assistente accademico al College d’Europe a Bruges – ha poi analizzato i risultati elettorali in una serie di articoli fondamentali per chiunque voglia approfondire le dinamiche della società polacca. In quest’ultimo intervento Davide spiega la situazione delle destra e della sinistra polacca sfatando, implicitamente, un mito che molti giornali italiani hanno creato: Tusk non è di sinistra. Il bipolarismo polacco è infatti tutto di destra, con buona pace delle semplificazioni nostrane.
di Davide Denti
Stabilità ed egemonia a destra
Piattaforma Civica (PO) e Diritto e Giustizia (PiS) si confermano stabili, e sembrano ipotecare un posto centrale nel bipolarismo polacco per il prossimo decennio. PO mantiene la maggioranza relativa; PiS mantiene i livelli del 2007 e dimostra che un terzo dell’elettorato polacco è convintamente e stabilmente conservatore. Il centrodestra conferma così la sua egemonia nel sistema politico polacco (PO e PiS sono membri rispettivamente di PPE e ECR al Parlamento Europeo), con la diretta discendenza dall’esperienza di Solidarnosc contro il regime socialista, mentre anche gli agrari del Partito Popolare Polacco (PSL) tengono sul 10% e si confermano alleato necessario e sufficiente per Tusk;
Ricomposizioni a sinistra /1: la fronda radicale di Palikot
Se il panorama di centrodestra sembra strutturato ed egemonico, la sinistra è minoritaria e soggetta a forti ricomposizioni. La maggior novità deriva dalla discesa in campo e dal successo del Movimento di Janusz Palikot (RP), miliardario ex-PO che, con una campagna elettorale radicale ed anti-clericale (liberalizzazione delle droghe leggere e delle restrizioni all’aborto, diritti civili per gli omosessuali, fine dell’educazione cattolica nelle scuole pubbliche), ha raccolto in meno di due mesi il 10% dei voti, sottraendoli soprattutto ai socialdemocratici di SLD, il cui leader Napieralski si è dimesso subito dopo il voto per il magro risultato del partito.
Palikot è un personaggio emblematico della modernizzazione e spettacolarizzazione della politica anche in Polonia: incrocio tra il Berlusconi e il Pannella degli anni ’90, ha raccolto soprattutto i voti dei giovani e delle classi urbane, liberali in economia tanto quanto nell’etica pubblica. A queste, se PO offriva una prospettiva di liberalismo economico ma accoppiata ad una piattaforma morale filo-cattolica, SLD proponeva una protezione dei diritti sociali e l’allargamento dei diritti civili, ma accompagnata ad una politica economica troppo statalista. Palikot ha azzeccato l’accoppiata tra liberalismo economico e sociale, colmando un vuoto nell’offerta politica e vedendosi subito ricompensato.
Con Palikot sono entrati al Sejm, per la prima volta, un transessuale e due afro-polacchi. Sembra di essere anni luce, ma erano solo 4 anni fa quando sugli stessi banchi parlamentari sedevano i deputati ultraconservatori di Autodifesa e della Lega delle Famiglie Polacchi. Come scrive Gian Marco Mele, “il successo di Palikot mostra come la società polacca sia molto meno conservatrice della sua classe politica e della sua stessa rappresentazione interna ed esterna (ancora legata alla figura di Karol Woytila), ma anche di come l’immagine di uomo di successo unita a metodi di propaganda populista attragga le simpatie dell’elettorato.”
Ricomposizioni a sinistra /2: serve una rifondazione per i socialdemocratici