Polpette e bastone

Il nonno, quando era seduto sul cesso a fare la cacca, era solito riunire la famiglia al gran completo facendoci accomodare chi su una piccola seggiola, chi su uno sgabello, chi sul bordo della vasca, chi sulle ginocchia. Non mancava mai nessuno, questo no, non solo perché non avevamo il coraggio di fargli la scortesia di non esserci in quei momenti ma soprattutto per non perderci niente delle sue storie. Ci guardava ad uno ad uno, in un appello muto, e costatata la presenza di tutta la famiglia intorno al water cominciavano le sue narrazioni. Ricordava i tempi bui e freddi, quando per andare a fare i propri bisogni si usciva fuori di casa e le bestie fameliche girovagavano per le strade del paese azzannando le chiappe audaci di chi, non potendone più, aveva deciso di non attendere l’alba. Ricordava quella volta, quando era accovacciato proprio sopra a quei pungitopo che abbellivano il suo orto: un ululato e due lame nella notte, due lingue di fuoco che lo fissavano, insistenti, lì. “Come sono riuscito a salvarmi la vita?” ci chiese. Evidentemente se era davanti a noi a raccontarci le sue avventure in qualche modo ci riuscì. Tutti volevamo sapere. “Sì, nonno, come hai fatto a tirarti fuori da quella situazione?” E allora sorrideva. Ogni volta che arrivava a quel momento preciso delle sue spericolate avventure sorrideva, prendeva tempo ma alla fine ci raccontava il seguito… E noi, come se la storia ci fosse stata raccontata per la prima volta, spalancavamo degli occhi meravigliati sul suo passato. “La prima cosa da fare quando si usciva a fare i bisogni la notte, raccontava, era di prendere un bel bastone di legno duro, come questo. Normalmente bastava ad allontanare quelle belve ma se proprio non fosse bastato si potevano lanciare delle polpette. La nonna ogni volta che mi vedeva uscire a notte fonda me lo ricordava sempre: Antioco prendi il bastone e le polpette. Io quella volta mi dimenticai il bastone e, il tempo di cercare un punto tranquillo e riparato dagli sguardi indiscreti, mi ero già mangiato le polpette che mi ero portato appresso in un tegamino. Non verrà, mi dicevo. Ma mi illudevo: così mi ritrovai tremante davanti alla bestia nera senza bastone e senza più polpette.” E allora cosa hai fatto, nonno? E’ semplice: le ho tirato un sasso. Questa ha pensato che fosse una polpetta e si è messa a cercarla nell’erba lasciandomi il tempo di sistemarmi i pantaloni e di correre a casa. E io applaudivo ogni volta. Era fantastico il nonno che aveva pensato di tirare un sasso a quel mostro riuscendo a fargli credere che si trattava di una polpetta! E quanto era felice il nonno di essersi lasciato alle spalle il lupo e il freddo invernale! Ringraziava il progresso che gli aveva portato il cesso in casa così come si porta un regalo a Natale. Gli porgevamo felici la carta igienica e ci stringevamo a lui e lui a noi come sa stringersi una famiglia unita nel momento del bisogno.

Lino Soddu