Anna Lombroso per il Simplicissimus
Ma che garbati, i cattivi ragazzi stanno imparando le buone maniere e grazie presidente, e grazie Enrico, e grazie alleati, e grazie opposizione.
E dopo i ringraziamenti ecco che si è rivelato un inquietante caso di possessione, con un povero ragazzo con la faccia da scemo del villaggio il cui corpo è chiaramente occupato da un demone, un tarantolato che imporrebbe il ritorno dei maestri dell’antropologia, De Martino, Di Nola, la Ida Magli no, che è antieuropea.
Il fatto è che il dominio delle presenze luciferino interessa l’intero consesso, e non è una caso: sono tutti d’accordo nel rito di morte di un partito che era già malinconicamente sopravvissuto a mandato di rappresentanze e testimonianza, alla storia, alle memorie, alle speranze dei pochi illusi.
Sono tutti d’accordo su un avvicendamento per sostituire il nulla con un nulla più uguale ancora. Sono tutti d’accordo sui principi cardini: ubbidienza ai padroni interni e esterni, assoggettamento ai patti scellerati stretti con l’Europa, entusiasmo per valori largamente condivisi dal prima e dal dopo, privatizzazioni, liberalizzazioni, cancellazione del lavoro per sostituirlo con occupazioni informali, salari precario, garanzie mobili trattate come elargizioni.
La parola che più volte è echeggiata nel discorso del leader/premier/sindaco che ha scoperto la poesia attraverso film e cartine dei baci perugina, il lavoro tramite Inchino e la Madia, la disperazione quando non ha avuto la figurina Panini col portiere della Fiorentina, la perdita quando lo ha battuto quel titano di Bersani – ma adesso si è rifatto – è semplicità. Una parola che personalmente dalla Morante in poi, mi fa venire i brividi. Perché il più delle volte, eufemisticamente, sostituisce bonariamente la pochezza, converte in qualità la scemenza, retrocede la complessità dei nostri tempi in faccenda da sbrigare con la superficialità come quando si taglia un nodo con la spada, fa preferire appunto alla lettura dei versi la citazioni in un polpettone di Hollywood, di questi tempi poi è rimpiazzata dalla “semplificazione”.
E è proprio là che affiora il demone che si è impossessato del grullo, del Panariello della politica, il ventriloquo che muove il pupazzo con le fattezze di Pieraccioni. Salta fuori il condannato, quello che rivendica semplicità, dinamismo, agilità, modernità, in sostituzione di regole, convenzioni, garanzie e tutele. Che esige la rimozione, in suo nome, di ostacoli alla libera iniziativa, e per ostacoli intende le leggi, il sistema giudiziario, le aule parlamentari, gli organismi di controllo, il voto, le urne, la partecipazione che va convertita in televisione, il pubblico che va convertito in privato, la democrazia che va convertita in regime. E i partiti che vanno convertiti in partito unico. E se il Pd non fosse già morto andrebbe condannato per abuso: della parola partito, a meno che non significhi andato definitivamente, e di “democratico”, che quello ancor ci offende.