Ieri sera pioveva a dirotto. Avevo un impegno, ma quando sono uscito dal lavoro, mi sono lavato come un gattino abbandonato, da capo a piedi. Così sono corso a casa, doccia, cambio d'abiti... messaggio per avvisare che avrei dato buca e... ho acceso il mio caro Mac.
Polvere Eravamo era già a buon punto. Mi mancavano un paio di capitoli alla chiusura. Due capitoli, sei scene da diecimila battute l'una. Tutto già frullava nella mia testa. Sabato avevo combattuto con una scena ostica. Non voleva uscire nel modo giusto, come se Polvere Eravamo non volesse terminare. Ieri sera invece... le dita si muovevano agili sulla tastiera. La storia è volata attraverso le parole, gli eventi si susseguivano, i colpi di scena esplodevano uno dietro l'altro, tutti nodi venivano al pettine. A un certo punto... le mie mani si sono fermate.
Io non so voi. Era da tempo che non provavo una emozione simile. Justice aveva richiesto tanto lavoro, due anni di impegno e sacrifici, ma alla chiusura della prima stesura non mi ero sentito allo stesso modo. 31 Ottobre neppure. E anche Storie con le Ali, lui, che addirittura ha avuto una vita travagliata, alla fine della prima stesura non mi ha dato neppure un brivido... eppure sono tre anni che ci lavoro, e ancora non ve l'ho mostrato. Di Alla Deriva neppure parlo. E' stato, per me, un fallimento. La mia resa incondizionata di fronte a un progetto di cui ero incapace a sostenere l'impegno. E' nato un bel racconto, certo, ma non completo... e questo lo so solo io, che ancora penso a quelle che erano le mie idee iniziali. Ovviamente non tengo conto dei miei ebook, quelle sono storie brevi, concepite con un diverso metodo, pur mantenendo costante l'impegno.
No. Io non ho provato mai una sensazione del genere. Ho sorriso. Mi sono alzato dalla poltroncina. Ho esultato. Nove mesi di duro lavoro... tra ricerche storiche, raccolta documenti, stesura, valutazioni sullo stile narrativo da usare, sperimentazioni, idee balzane, ritorni e scelte di percorsi alternativi, ricerca, frustrazione, voglia di mollare, blocchi, idee nuove tentatrici, personaggi che non volevano nascere, capitoli senza capo ne coda, scelte e controscelte... Ricordo ancora il giorno in cui ve ne ho parlato per la prima volta (qui), ci lavoravo da un paio di mesi ed ero convinto che la storia fosse matura per il suo esordio sul blog.
Alla fine Polvere Eravamo ha raggiunto la conclusione della sua prima stesura. 65000 parole, 410000 battute. Lo vedete nella foto, scattata non appena ho finito di esultare.
Premetto che non è il romanzo che mi aspettavo. Mancano delle cose, ne contiene invece altre che sono nate scrivendo. Per quanto abbia raggiunto quello che era il target che mi ero imposto (ovvero le 400mila battute), ho deciso di tagliare una quantità di materiale che avrebbe potuto portarlo a oltre le 500000. Il motivo è che da quei tagli potrebbe nascere un secondo volume. L'idea è nata durante la stesura e ripercorre ciò che mi ero prefissato con Alla Deriva e che non ho mai portato a termine. Questo non significa che Polvere Eravamo sia una storia tagliata in due. No. E' un romanzo autosufficiente. In esso però si parla di qualcosa che è... effimero, e comunque sempre presente. Ecco... è di questo che parlerò nel nuovo romanzo, ma non svelo nulla, perché è ancora presto e, sicuramente troppo prematuro.
Sono ancora alla prima stesura.
Ora lascerò decantare le parole sulla carta. Attenderò un mesetto. Quindi comincerò a rileggerlo. La prima fase di editing mi servirà a comprendere l'equilibrio del racconto. Cancellerò e aggiungerò. Riscriverò i capitoli che non funzionano. Elaborerò i concetti rimasti superficiali. Limerò le sbavature e arricchirò là dove ci sono dei vuoti evidenti.
A quel punto ci sarà la seconda stesura.
Lascerò decantare anche quella, e di seguito mi occuperò della parte ortografica. Così da giungere a una terza stesura. Che decanterà a sua volta, che rileggerò nuovamente per decidere se sono giunto al risultato sperato. Se così non sarà, tornerò sul pezzo e mi rimboccherò nuovamente le maniche.
Un lavoro duro, a cui però sono abituato. L'ho fatto per Cometa, per 31 Ottobre, per Justice, per Alla Deriva... se poi pensate che ancora sto lavorando a Storie con le Ali...
Beh, certo non posso paragonarmi a Oscar Wilde, che si narra abbia speso sei mesi della sua vita su un avverbio, e poi abbia deciso di non usarlo proprio. Però non potete dire che non ci metto dedizione e amore ai miei scritti. So che non saranno mai perfetti. Ma io non sono perfetto e, loro, probabilmente, rispecchiano la mia imperfezione.
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