Mettere da parte, conservare, accumulare. Soffitte piene di cianfrusaglie messe da parte anno dopo anno perché chissà, un giorno potrebbero servire. E intanto tutto marcisce tra polvere, ragnatele e insetti. E intanto si invecchia e si muore. Mettere da parte, conservare, accumulare. Nozioni su nozioni, conoscenza, saperi. Farsi una cultura! Sapere! Capire! Soffitte piene di libri aperti una volta e mai più toccati. Ma buttarli è un peccato, perché chissà, un giorno potrebbero servire. E arriviamo al Mondo Di Oggi. Overload informativo. Bombardamento di nozioni. Cervello che trema per Tutto Questo. Ho letto nei libri di Bauman che 1) negli ultimi trent'anni sono state prodotte più informazioni che nei cinquemila anni precedenti e che 2) una sola edizione domenicale del New York Times contiene più informazioni di quante ne poteva consumare un erudito del '700 in tutta la sua vita. Detto questo, mettiamoci pure il web - in questo calderone contestualizzante - e diciamo che adesso soffitte, cianfrusaglie, polvere, ragnatele e insetti sono diventati perlopiù elettronici, digitali, virtuali. Il che è peggio. Il bombardamento diventa immateriale, impossibile sfuggirne in tempo. Radiazioni e gas tossici invece che bombe e missili. Ma, in tutto questo - domanda capitale - dov'è la conoscenza? La conoscenza che è un'altra cosa. La conoscenza che oggi obbliga a farsi bombardare e restare in vita. Perchè scorre il sangue - sangue
vivo! - nel regno della conoscenza. Altro che polvere e parole. Altro che bombardamento digitale e overload informativo e restarci secchi per cose del genere. Polvere e parole, ecco una parabola. Quella volta che l'uomo di penna e pensiero entrò nella sua soffitta e fu schiacciato dai suoi libri che da tempo lo aspettavano per franargli addosso. Quella volta che l'uomo di penna e pensiero venne schiacciato dai suoi libri - oppure colpito a morte dal bombardamento - e morì. Poi si rialzò e così - schiacciato, morto, dilaniato dal bombardamento, pezzi di corpo disseminati per la città - poi si rialzò e continuò la sua non-vita. Non-vita dove non faceva altro - per una sorta di coazione a ripetere - non faceva altro che capire! Sapere! Analizzare! Ma senza sangue che pulsava, senza vita. Saper analizzare. Cos'è "Saper analizzare"? Definizione parabolica di "saper analizzare: "Fare a fettine la propria vita, e la vita degli altri, e tutto ciò che si ha intorno. Tutto talmente fatto a fettine, aperto, scarnificato, del tutto scoperto nel proprio arido vero, esposto al vento e agli agenti atmosferici - e alla realtà, la cocente realtà! - che si secca, si brucia, si accartoccia. Muore". Ma l'uomo di penna e di pensiero, se gli interessa qualcosa della conoscenza, deve avere il coraggio di bruciare i propri libri, allenare il proprio vigore fisico, sviluppare superpoteri coma mai se ne sono conosciuti finora, e sopravvivere al bombardamento. Deve avere il coraggio di vivere, bruciare i propri libri e gettarsi nella mischia. Perché c'è vera conoscenza soltanto dove c'è vita vera.
2) "Che cosa vuol dire vivere? Vivere - ciò vuol dire: scuotersi continuamente di dosso qualcosa che vuol morire; vivere - ciò vuol dire: essere crudeli e inesorabili contro tutto ciò che diventa in noi, e non solo in noi, debole e vecchio. Vivere - ciò significa dunque: essere senza pietà verso i moribondi, i miseri e i vecchi? Essere continuamente assassini?...". Friedrich Nietzsche, La Gaia Scienza, Newton Editore.
3) "La cultura è ciò che resta dopo aver dimenticato tutto ciò che si è studiato" Gaetano Salvemini
4) "Il dotto, che in fondo si limita a "compulsare" i libri perde alla fine completamente la capacità di pensare da solo. Se non compulsa non pensa. Quando pensa, risponde a uno stimolo (un pensiero letto). Alla fine non fa che reagire. Il dotto pone tutta la sua energia nel dire si e no, nella critica del già pensato - egli stesso non pensa più. L'istinto di autodifesa si è rammollito; diversamente si rivolterebbe contro i libri. Il dotto - Un decadent. L'ho visto con i miei occhi: nature dotate, ricche e nate per essere libere, ammazzate dalla lettura già a trent'anni, ridotti ormai a fiammiferi, che bisogna strofinare perchè diano scintille - "pensieri". Leggere un libro di prima mattina, al giungere del giorno, nella piena freschezza, nell'aurora della propria forza, questo io lo chiamo vizio!". Friedrich Nietzsche, Ecce homo, Newton editore. (DA MARCHIARE A FUOCO SULLA SCHIENA DI TUTTI QUELLI CHE LEGGONO TANTI LIBRI SENZA CAPIRE intimamente UN CAZZO, SUI DOGMATICI E I NOZIONISTICI, SUGLI STUDIOSI CON LA MENTE PIGRAMENTE APERTA E RICETTIVA, SULLE SPUGNE DAL GROSSOLANO INTELLETTO, SUI BULIMICI DI BOCCA BUONA, VOLGARI E INDISCRIMINATI PER CUI TUTTO CIO' CHE E' INTELLETTUALE E' PER FORZA BELLO E FIGO ndr).
5) "Anche l'esibizione istituzionale, Il Palazzo Enciclopedico, curata da Massimiliano Gioni (mostra memorabile, la migliore Biennale da molti anni a questa parte, decisamente più interessante dell'ultima Documenta), mette in chiaro il rapporto critico tra figura e sfondo nella sua versione esistenziale: che esperienza può fare l'individuo della totalità? Come può una vita singola affrontare l'enormità di occasioni tentazioni divagazioni che le propone la nostra epoca? Di che cosa si può fare veramente esperienza? Le persone sono condannate a saltare di palo in frasca, nella frammentazione intermittente, o possono attraversare la vita seguendo una rotta individuale che riesce ad abbracciare tutto il paesaggio, senza dissipare il loro tempo, senza perdersi in un inconcludente e perenne piccolo cabotaggio?
Mi sembra che l'arte suggerisca una soluzione o, almeno, una possibilità: l'opera. Essere fedeli a un'opera. Realizzare un progetto. Perfezionarlo, migliorarlo, ricominciarlo da capo, rifarlo innumerevoli volte. Anche a costo di trasformarlo in una fissazione, una coazione a ripetere, una patologia. Molti artisti messi in mostra da Gioni sono in realtà dei casi clinici, la cui sintomatologia si esprimeva con un linguaggio artistico. È quello che gli è stato rimproverato in questi mesi: aver riportato la figura dell'artista al vecchio cliché del mattoide. Non è questo il punto. Il punto è che l'opera è una delle risorse che abbiamo ancora a disposizione. Un dispositivo che la tradizione ci consegna per affrontare scenari del tutto nuovi. L'opera è la versione individuale della totalità, è la soglia aperta sul tutto, l'esperienza complessiva a portata di singola esistenza. È la figura fatta di sfondo". Tiziano Scarpa su Primo Amore
5) "Ci sono troppe informazioni in circolazione", è la conclusione di Eriksen "Nella società dell'informazione bisogna essere assolutamente capaci di difendersi dal 99,99 per cento dal informazioni che ci vengono offerte e di cui non abbiamo bisogno". Si può dire che la linea che separa il messaggio significativo, il presunto oggetto della comunicazione, dal rumore di fondo - il suo avversario riconosciuto e l'ostacolo più fastidioso - è stata pressoché cancellala. Nella competizione all'ultimo sangue per la più scarsa delle risorse - l'attenzione dei potenziali consumatori - produttori dei potenziali beni di consumo, compresi i fornitori dell'informazione, sono alla disperata ricerca delle briciole del tempo dei consumatori ancora inutilizzate e degli interstizi anche minimi tra un momento di consumo e un altro ancora suscettibili di essere riempiti con altre informazioni. La speranza dei produttori è che una piccola frazione della folla anonima dei destinatari della comunicazione, nell'affannosa ricerca delle informazioni di cui ha bisogno, si imbatta per caso in informazioni di cui non ha bisogno, che ne sia colpita o semplicemente sia sufficientemente stanca da fermarsi o rallentare per il tempo necessario ad assorbirle al posto delle informazioni che originariamente cercava. Il risultato è che raccogliere frammenti di rumore e convertirli in messaggi dotati senso si trasforma in un processo sostanzialmente casuale. I "lanci", quei prodotti dell'industria della comunicazione volti a separare i messaggi degni di attenzione (leggi: redditizi) dal rumore improduttivo (leggi: non redditizio) - come le inserzioni pubblicitarie a tutta pagina che annunciano la prima di un film o di uno spettacolo teatrale, l'uscita di un nuovo libro, la messa in onda di uno show televisivo che ha raccolto molta pubblicità o l'apertura di una nuova mostra - catalizzano l'attenzione, per pochi minuti o per pochi giorni, su un determinato oggetto del desiderio di consumo. Queste iniziative riescono per un attimo a deviare, orientare e condensare la ricerca di "filtri", accanita e continua ma generalmente priva di guida e dispersiva, che riprende ben presto inesorabile. Poiché anche il numero dei contendenti che tentano di intercettare parte dell'attenzione dei potenziali consumatori cresce a ritmo esponenziale, il lavoro di filtraggio supera la capacità dei filtri, persino di quelli appena inventati e che ancora devono entrare in funzione. Di qui il fenomeno sempre più comune dell""accatastamento verticale" [vertical stacking], concetto coniato da Bill Marlin per spiegare lo stupefacente accumularsi di mode musicali, mentre chi promuove novità sul "mercato musicale" lotta febbrilmente per espandere la capacità di assorbimento degli acquirenti e le scarse aree vuote del mercato vengono riempite fino all'orlo dalla sempre crescente marea di offerte nuove o riciclate. Martin afferma che per quanto riguarda la musica pop le immagini del "tempo lineare" e del "progresso" rientrano tra le vittime illustri del diluvio di informazioni. Grazie alla breve aspettativa di vita della memoria pubblica, tutti i possibili stili musicali rétro e tutte le forme concepibili di riarrangiamento, riciclaggio e plagio, spacciate per l'ultimo grido si ritrovano ammassate nello stesso, limitato ambito dell'attenzione dei fan. Il caso della musica pop, tuttavia, non è che una manifestazione della tendenza virtualmente universale che interessa in eguale misura qualsiasi area dell'esistenza rifornita dall'industria dei beni di consumo. Per citare ancora una volta Eriksen: "Invece di organizzare la conoscenza secondo schemi ordinati, la società dell'informazione offre un'enorme quantità di segni decontestualizzati, connessi tra loro in maniera più o meno casuale. [...] Per riassumere: se si distribuisce una crescente quantità di informazioni a una velocità anch'essa crescente, diventa sempre più difficile creare narrazioni, ordini e sequenze evolutive. C'è il rischio che i frammenti prendano il sopravvento, con conseguenze rilevanti". Zygmunt Bauman, Consumo quindi sono, Laterza editore.
6) " Sul modo di rapportarsi al sapere, al lavoro e allo stile di vita in senso lato. "La tendenza ad assumere un atteggiamento blasé verso la conoscenza, il lavoro o lo stile di vita (anzi verso la vita in quanto tale, e verso tutto ciò che essa contiene) venne già osservata da Georg Simmel, con sorprendente lungimiranza, all'inizio del Novecento, quando essa iniziò ad affiorare tra i residenti della "metropoli", la caotica, immensa e affollata città moderna: L'essenza dell'essere blasé consiste nell'attutimento della sensi bilità rispetto alle differenze Ira le cose, non nel senso che queste non siano percepite - - come sarebbe il caso per un idiota - - ma nel senso che il significato e il valore delle differenze, e con ciò il significato delle cose stesse, sono avvertiti come irrilevanti. Al blasé tutto appare di un colore uniforme, grigio, opaco, incapace di suscitare preferenze.[ ... ]. Le cose galleggiano con lo Stesso peso specifico nell'inarrestabile corrente del denaro [... ] Un fenomeno ancor più importante, straordinariamente simile a quello scoperto e analizzato da Simmel come "essere blasé", qualcosa di molto simile a una versione matura e completa della tendenza individuata quand'era ancora in una fase iniziale, immatura e embrionale, da quel pensatore eccezionalmente acuto, è oggi analizzato sotto l'etichetta di "malinconia". Gli autori propensi a usare il termine tendono oggi ad aggirare la previsione e il senso di presagio di Simmel e risalgono ancora più indietro, direttamente ai risultati di autori antichi come Aristotele o alla riscoperta e riconsiderazione di pensatori rinascimentali come Ficino o Milton. Il concetto di "malinconia" attualmente utilizzato "rappresenta", secondo Rolland Munro, "non tanto uno stato di indecisione, di esitazione rispetto alla scelta se andare da una parte o dall'altra, quanto una rinuncia alle divisioni stesse"; esso indica lo "sciogliersi" dall""attaccamento a una qualsiasi cosa specifica". Essere "malinconici" equivale ad "avvertire l'infinito della connessione senza essere agganciati a nulla". In breve, la "malinconia" fa riferimento a "una forma senza contenuto, a un rifiuto di sapere solo questo o quello". Mi pare che l'idea di "malinconia" esprima, in ultima analisi, il problema Del consumatore (Homo eligens per decreto della società dei consumi) nella sua forma generica: la confusione che deriva dallo scontro fatale tra l'obbligo e la necessità di scegliere (l'assuefazione alla scelta) e l'incapacità di compiere una scelta. Nel linguaggio di Simmel, quell'idea rappresenta la transitorietà intrinseca e la deliberata irrilevanza degli oggetti che vagano e poi riemergono nella marea crescente degli stimoli. Tale irrilevanza si traduce, nel codice di comportamento dei consumatori, in ingordigia indiscriminata e onnivora: una forma radicale ed estrema di strategia esistenziale da ultima spiaggia che scommette su più tavoli, in un contesto di vita contraddistinto dalla "puntinizzazione" del tempo e dall'assenza di criteri affidabili per separare il messaggio dal rumore, ciò che è rilevante da ciò che non lo è". Zygmunt Bauman, Consumo quindi sono, Laterza Editore.