L’afa di questo pomeriggio quasi estivo grava su persone e cose.
E l’ immaginazione azzarda un paragone ardito
con il clima torrido di certi tuoi primi giorni difficili,
che da subito provai a immaginare.
Ma il confronto non regge.
La vita autentica con ferite da medicare
e forse qualche lacrima da asciugare
e pur ricca di carezze e sorrisi da donare
non si vive mai per procura.
E non ci sono né sconti di fine stagione, né offerte speciali.
Me lo ricordano ogni volta il prezzo della coerenza.
e le rughe d’espressione che ti segnano il volto.
Laggiù una interminabile strada bianca da percorrere ( se vuoi) ,
qualche uomo che pedala solitario e svogliato su di una vecchia bici,
sudato e magari anche un po’ alticcio
per qualche birra di troppo bevuta nel giorno di paga,
e donne, tante donne, a piedi, giovani “Marta”, con i loro fardelli,
e bambini ciarlieri che, facendo ad esse da corona,
simulano lotte quasi da super-eroi della tv.
Mondo omologato e piuttosto irresponsabile.
E poi gli alberi ,arbusti scheletrici,
che pare gridino aiuto al passante
che invece tira dritto distratto o indifferente .
Qui da noi, di rimando, cellette tutte uguali, di cemento e mattoni,
dirimpettaie su file parallele, coloratissime e svettanti,
che avvolgono i loro prigioni ben accoccolati all’interno
e che all’apparenza tu diresti paghi d’ogni ameno diletto.
Lì insomma una gioia sofferta e a un tempo più schietta,
che nasce dalla interminabile sfida giornaliera col destino.
Qui fuga in quell’ approssimativa verosimile vita,
che ci piace credere unica vera e possibile.
Corni di un dilemma che provano a congiungersi.
Quasi sempre però senza riuscirvi.
di Marianna Micheluzzi