A. Alsharekh-R. Springborg, Popular Culture and Political Identity in the Arab Gulf States, Saqi Books, in association with SOAS, London San Francisco Beirut 2008
Dall’accattivante titolo di questo libro ci saremmo aspettate una trattazione di come la cultura popolare incida sulla formazione di un’identità politica negli stati del Golfo. In realtà il volume raccoglie dieci saggi che trattano argomenti abbastanza diversi fra loro come il nazionalismo culturale negli Emirati Arabi Uniti, Luogo e spazio nella memoria degli Emirati, lo sviluppo culturale in Bahrein… tutti accomunati dall’individuare la regione come nettamente definitia dalla scoperta del petrolio.
Prima degli anni Settanta, ci vien detto più volte, la vita in questa zona del mondo era di tipo tradizionale e dopo questa data si è trasformata in uno stile di vita orientato al consumatore in un ambiente di economia globale che ha eroso i valori del passato.
Non che non si possa condividere questa affermazione; ne hanno parlato a esempio Munìf e al-Kawni, ma la tendenza a omologare tutti gli stati del Golfo sotto questo cappello ci sembra limitante.
In particolare nell’articolo “Media as Social Matrix in the United Arab Emirates” scritto a ben otto mani, viene esaminato il modo in cui i media contemporanei contribuiscono alla promozione di nuovi valori di fortemente orientati al consumo, in contrasto con la rete di relazioni estesa delle generazioni precedenti, in tal modo disgregando la società fondata sulla relazione clanica e spingendo all’individualismo. Mentre A. Hamzaway, nel suo “Debates oon Poliitcal Reform in the Gulf: the Dynamicas of Liberalizing Pblic Spaces”, sostiene che la relativa liberalizzazione politica che il Golfo sta vivendo a partire dagli anni 90 circa permette lo sviluppo di una forma di pluralismo che è il frutto della spinta alla democratizzazione della regione in seguito agli avvenimenti dell’11 settembre 2001.
Ancora una volta, quindi, l’introduzione della democrazia viene ricondotta a un intervento, per quanto non violento, dell’occidente e la trasformazione che gli stati del Golfo subiscono sbrigativamente etichettata come consumismo.
Nonostante tutto il volume resta una buona introduzione posto che in esso non si cerchi quel che il titolo promette.
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