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Pornografia online, si teme la censura. e il web insorge

Creato il 12 marzo 2013 da Afrodite
Rivolta degli internauti contro una proposta di legge che verrà votata oggi al Parlamento europeo contro le discriminazioni di genere nella pubblicità e sui media.
Oltre 600mila email di protesta sono arrivate sul sito ufficiale dell'organo deliberante da parte di utenti della Rete, preoccupati di veder oscurare i siti pornografici che ivi proliferano. Il timore è che si voglia uniformare tutta l'Europa all'Islanda, paese in cui la pornografia online è vietata per legge.
La relatrice, l'olandese Kartika Tamara Liotard (http://www.europarl.europa.eu/meps/it/28182/KARTIKA%20TAMARA_LIOTARD.html), molto attiva sul fronte delle politiche di genere e della difesa dell'ambiente, ha precisato che non si tratta di una norma vincolante ma che la risoluzione ha l'obiettivo di suscitare attenzione al problema.
Per capirci, stiamo parlando di immagini offensive per la dignità della donna, laddove questa viene ridotta a puro oggetto di consumo e in quanto tale può diventare bersaglio di violenza qualora scatti da parte sua la ribellione nei confronti di chi la considera una proprietà di cui disporre a piacimento.
Le cronache italiane sono scandite giornalmente da questi episodi, che non di rado hanno un esito tragico.
Eppure, basta che si diffonda la voce che si vuole "censurare" la pornografia sul web per far scattare una rivolta a priori, senza forse nemmeno porsi la domanda sul perché e sul come sia nata questa proposta e a che cosa miri.
Non sono favorevole alla censura, ma mi preoccupano molto le reazioni "a prescindere".
Innanzitutto la Rete è accessibile a tutti, bambini e adolescenti compresi. Vogliamo parlare di come tutelarli?
In secondo luogo come donna mi sento offesa quando per esempio, digitando su Google "pornografia online", vedo uscire come primo link quello di ragazzeinvendita.com sopra cui campeggia un bel "Troie in webcam" come titolo di richiamo. So bene che se questo link è il primo della lista è perché riceve numerosissimi click e che è il mercato a decidere. Nemmeno discuto la libertà delle ragazze di mettersi in vendita: ma perché marchiarle a fuoco con quell'appellativo?
Quanto agli autori delle e-mail di protesta vorrei chiedere loro: non vi sembra che la facilità con cui in Rete si può manifestare il proprio dissenso ci stia portando a compiere gesti su cui riflettiamo troppo poco?
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