Quasi quasi non faccio neppur prologo a quest’intervista.
Ma no, Scribacchina, datti da fare e spiega un po’ ai soliti lettori chi sono i Portapakky e cosa ci fanno su Numéro 091277, illustri sconosciuti accanto ai vari Glenn Hughes, Giorgio Faletti e metalmen assortiti.
Eh, i Portapakky…
Gruppetto di giovini musici, proponevan interessanti brani (originali, va da sé) di genere rock italiano; li conobbi pel tramite della bella manifestazione Rock’akrema.
Ricordo molto bene quando li incontrai la sera di un loro concerto, in un pub di Crema; d’una verve che non potete neppure immaginare, soliti lettori: spumeggianti, fantasiosi, pieni di vita. Di quella sera mi restan nella memoria alcune facezie, vittima l’ormai famosa Dolcenera (all’epoca freschissimo prodotto del carrozzone sanremese). Facezie che non vi rivelerò neppur sotto tortura, cari soliti lettori.
A malincuore debbo aggiornarvi sul fatto che i Portapakky non esiston più da anni: si sciolsero pochi mesi dopo quest’intervista, come si sciolgono mille gruppi ogni giorno.
Potevan fare grandi cose, a detta della Scribacchina.
Il caso volle diversamente.
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Settembre 2002
Prendi cinque ragazzi, portali in una ex sala parto per vitellini, mettigli in mano chitarre, bacchette, basso e tastiere e dai loro carta bianca: ecco la formula vincente dei Portapakky, frizzante band cremasca messasi in luce nell’estate del 2002 per aver partecipato ‑ tra le altre ‑ alla manifestazione Rock’akrema. E, come per tutti i gruppi aderenti alla kermesse, anche per i Portapakky c’è una grandissima soddisfazione: quella di vedere il proprio cd nella vetrina di Melody Makers, uno tra i negozi di musica più forniti di Crema.
Potevo non intervistare questi giovani e promettenti virgulti delle sette note? Ovviamente, no: e infatti eccoli qui, tutti insieme (Remi, Paride, Marco, Alessandro e Daniela), pronti ad essere massacrati di domande dalla sottoscritta.
‑ Ragazzi, facciamo il punto della situazione: quando e come sono nati i Portapakky?
“Il primo aprile 2000 può essere considerato il giorno della creazione dei Portapakky. La cosa più bella dei primi tempi era andare al pub e riempirsi la bocca di stupidaggini, tirarsela come non so cosa, senza assolutamente essere nessuno… non lo facevamo per vantarci, alla fine eravamo solo entusiasti dell’idea di aver ufficializzato un sacco di pomeriggi a suonare insieme ed averli consacrati sotto un nome ben preciso. Da allora, l’organico ha subito una serie di cambiamenti; gli ultimi acquisti sono stati i Crotti brothers (Remi e Paride) e Daniela Denti, la bassista. La particolarità del gruppo sta nel fatto che ognuno dei componenti proviene da mondi musicali differenti: ne consegue un impasto sonoro unico e caratteristico”.
‑ Con un nome così, non posso trattenermi dal farvi la domanda più banale di un’intervista: perché avete scelto di chiamarvi Portapakky?
“Il nome Portapakky è facilissimo da ricordare ed è veloce da dire, fa sorridere… Chi ascolta le nostre canzoni si immedesima subito nei Portapakky e li ricollega a qualcosa di andato storto nella propria vita sentimentale; ma il bello è che nessuno si abbatte moralmente, anzi, ai nostri concerti la gente sembra quasi felice di avere avuto delle storie non andate a buon fine, perché con noi tutti (sia la super ragazza che sembra uscita da un numero di Vogue sia lo sfortunato con la pancetta da birra) si ritrovano nei testi delle canzoni e si fanno coinvolgere dal nostro ciclone di energia”.
‑ Il vostro primo lavoro discografico, Dove Non C’era La Strada, è in distribuzione al Melody Makers di Crema: che effetto vi fa sapere che la vostra musica è in un negozio?
“E’ una cosa incredibile vederci in vetrina, al fianco di grandi artisti italiani e stranieri. La cosa ancora più sorprendente è che il negozio Melody Makers di Crema sta vendendo parecchie copie di Dove Non C’era La Strada… d’accordo, non siamo ai livelli di Daniele Silvestri, ma siamo contentissimi che la cosa funzioni. Alla fin fine i nostri acquirenti sono amici e fan… e credimi, invece di pretendere una copia gratis o sottobanco, hanno assalito il negozio comprando la nostra musica. Il disco è distribuito gratis ai concerti, a 8 euro via mail e a 10 euro in negozio; inoltre, abbiamo anche i nostri 13 brani in formato mp3 all’interno del sito di Vitaminic: questo, ovviamente, in attesa di pubblicare il sito internet personale dei Portapakky”.
‑ Qual è stata l’esperienza più importante che avete vissuto come gruppo?
“Tutto è stato importante per la nostra crescita, ma siamo concordi nel dire che il concorso Voci Nuove di Saint Vincent, al quale siamo arrivati in semifinale, sia stata l’esperienza che ha evidenziato a pieno l’unione del gruppo. Per quattro settimane siamo andati ogni week‑end a Strambino (Torino) per le selezioni, dove il soundcheck era alle 2 del pomeriggio, mentre la manifestazione iniziava alle 21.30. Per ragioni alfabetiche dovevamo suonare alle 23.30, e a casa si tornava al mattino del giorno dopo, verso le 3.30. Un’esperienza bellissima ma pesante, considerato che non si vive di sola musica e che di giorno si lavora…”.
‑ Raccontatemi la vostra esperienza sanremese: so che avete anche conosciuto Riky Anelli, il giovanissimo cantautore di Misano che patecipò due anni fa all’interno del festival della canzone nella sezione giovani.
“Nell’estate del 2000 si decise di partecipare al concorso indetto dall’Accademia di Sanremo; la canzone da portare si chiamava Ladra d’Amore, ed è contenuta nel nostro cd. Dato il costo elevato, non potevamo partecipare tutti insieme al concorso, quindi venne registrata una base della canzone sulla quale Remi cantò dal vivo per tutte le selezioni fino ad approdare a Sanremo per una settimana. Fece anche lì un po’ di selezioni e seminari tenuti da grandi nomi della musica italiana. La luce di Sanremo si spense quando Remi tornò dalla sua (più che del gruppo) esperienza: non avendo appoggi né produttori né arrangiatori, la strada verso il palco dell’Ariston fu molto breve. Riky Anelli lo consideriamo un amico: è venuto a sentirci suonare al Mc Guinness Pub ed ha anche comprato il nostro album. Apprezziamo molto il genere che fa: è un ragazzo simpatico e disponibile, siamo convinti che anche lui abbia tanta voglia di esprimere le sue emozioni in musica”.
‑ Com’è nata l’idea di trasformare una ex‑sala parto per vitellini in sala prove?
“Quando abbiamo iniziato a suonare insieme, le prove si facevano a casa di Marco in una stanza insonorizzata per la batteria; il problema era proprio che la sola batteria occupava metà salotto. Tra le altre cose era estate, e suonare in un locale senza finestre con 5 persone all’interno per due ore… beh, non era di certo il massimo. Solo dopo un mese Remi e Paride si ricordarono che abitavano in una cascina: meglio tardi che mai… Al primo sopralluogo, il resto del gruppo si rifiutò di entrare in una ‘sala parto per vitellini’. Era sporca, puzzava per il non utilizzo, c’erano i topi che avevano rosicchiato i divani… un vero schifo. D’altra parte non c’era alternativa: o un po’ di buona volontà per rimetterla in sesto, o la sauna ad ogni prova. In effetti, il profumo che si respirava da Marco dopo due ore di prove si avvicinava un po’ a quello della sala parto… Olio di gomito, e via! Da allora siamo lì ogni martedì, mercoledì e domenica (anche se un po’ di profumo è rimasto)”.
‑ Per finire in bellezza, provate a descrivervi, così come siete, ai miei lettori.
“Remi adora i Cranberries e ha dato il nome Pinéta al suo cane maschio schiacciato più volte dal trattore di Paride. Paride è costantemente al telefono… ragazze? no! gioca in borsa e perde: per questo motivo evita di uscire con gli amici, per la paura di offrire; la cosa strana è che esce con tre ragazze alla settimana… sa solo lui come! Alessandro, detto Canna, una volta è stato fermato dai carabinieri quando era in giro con un amico del gruppo che fa Spinelli di cognome… Daniela fa da assistente sociale in una scuola di Crema e in arte anche al resto del gruppo. Marco ha sempre mille casini per la testa; è il factotum del gruppo. Ad ogni prova inventa un gadget, prende contatti, spedisce cd… è il più invasato del gruppo”.