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Portata per le lingue stocazzo.

Creato il 12 dicembre 2012 da Margheritadolcevita @MargheritaDolcevita

Leviamoci ‘sto sassolino.

Io amo twitter, lo adoro, però a volte è un po’ castrante. 140 caratteri vanno bene per esprimere un fatto, un concetto striminzito, ma io amo parlare, approfondire, usare tante parole. Quasi un’ora fa ho scritto questo su twitter:

 

Tra 34 giorni dovrò parlare in #francese davanti a un prof. Dove sono quelli che dicevano che ero portata per le #lingue? A #cagare, spero.


Margherita Dolcevita (@un_cuore_timido) December 12, 2012

Parliamone.

No stranamente non parlerò contro il francese. Ormai l’ho già detto e stradetto e non serve ripeterlo, il francese è una lingua orribile parlata da persone orribili in una nazione orribile, auspichiamo tutti quanti un’invasione britannica in terra d’oltralpe così la facciamo finita.

Il problema sono quelli che in tutti questi anni mi hanno detto che ero portata per le lingue. E’ una frase che mi sono sentita dire una miriade di volte, ho perso il conto. Praticamente chiunque me l’ha detta, a un certo punto si deve essere sparsa la voce perché me lo dicevano pure persone che non conoscevo.

Il tutto nasce all’asilo. Io all’asilo ho fatto inglese. A quanto pare ero così brava che alla recita di fine anno ho fatto una performance solista in cui declamavo a gran voce una poesiola in inglese. Da lì hanno deciso che ero portare per le lingue. Persone che le lingue non le parlano, sia ben inteso. E dai che ti ridai alla fine me ne sono convinta anche io. Alle elementari in inglese ero bravissima, alle medie pure e dato che ero portata per le lingue ma sì dai facciamo il bilinguismo ma sì dai facciamo francese. Alle superiori io non volevo fare il bilinguismo. Io volevo fare il PNI, piano nazionale informatico. Non che avessi capito di non essere portata per le lingue, è che al PNI andava Emilio, il mio primo grande amore (non corrisposto, ma forse non serviva specificarlo). Avrei fatto un gran bell’affare perché Emilio l’hanno bocciato al primo anno e poi ha ben compreso che era il caso di cambiare sezione. Così ma sì dai facciamo le due lingue anche alle superiori che così sono in classe con tutte le mie amiche, la Silvia, la Caterina, l’Elisa, la Chiara e compagnia bella. Sempre portatissima per le lingue eh. Dopo le superiori, dopo essere stata incoraggiata in lungo e in largo, tu puoi fare quello che vuoi, sei intelligente, sveglia, soprattutto sei portata per le lingue, e cagate del genere, vado a Briolandia, e ritrovo l’inglese e il francese. Fallisce Briolandia (purtroppo la città è ancora in piedi in tutta la sua mestizia), ritorno all’ovile, devo iscrivermi a una nuova facoltà e cosa scelgo? Lingue. Perché io sono portata per le lingue. Me l’hanno ripetuto tutti, per 20 anni. Perché fare lettere quando posso fare lingue?

Guardate, io di cazzate ne ho fatte tante, davvero, non sto neanche qui a scriverle perché di certe mi vergogno profondamente, ma iscrivermi a lingue è stata una di quelle più clamorose. E sì è vero do sempre la colpa agli altri, va bene, è stata colpa mia, però se per 20 anni qualcuno ti dice una cosa arrivi a convincertene no? Se te lo dicono anche dei professori, mica gente che parla a malapena l’italiano, ci credi ancora di più. Io non sono portata per le lingue. Io non sono portata per fare un cazzo ma questo è un discorso totalmente diverso che affronteremo in un’altra sede. Io non sono portata per le lingue, io sono brava in inglese. Io l’inglese lo so bene, benissimo, e basta.

Quindi, persone, voi sapienti, che mi avete detto che ero portata per le lingue, andate a cagare sulle ortiche dove prima di voi ha cagato una colonia di ratti con la rabbia. E per cortesia andate a sopravvalutare qualcun altro, che qua non ce n’è mica bisogno. Anche perché l’intelligenza non c’entra nulla con l’università. L’unica cosa che serve all’università è la voglia di studiare, punto. Lo vogliamo dire? Per cui veramente basta. Cari professori del liceo, evitate di dare consigli del cazzo ai vostri studenti se non volete ritrovarvi a cagare in un campo d’erba urticante.



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