Camminando per le vecchie vie del mio paese, talvolta, mi viene da pensare alla descrizione che ne fece Alberto Moravia nell’ articolo/racconto Una notte all’Elba, pubblicato sul settimanale di attualità politica e letteraria Omnibus nel lontano 1939.
Moravia vi narra il viaggio da Piombino all’Elba su un piroscafo della Navigazione Toscana che beccheggiava
“ Entrati nel canale di Piombino calò una notte nera, umida e ventosa come una bocca cariata; un beccheggio più forte, come un colpo di stecca che fa ruzzolare la palla sopra il biliardo, mi scagliò attraverso il ponte fino al parapetto, a cercare qualche sollievo nella presenza del vento e della spruzzaglia marina”, e racconta l’attracco, il paese, l’incontro con il direttore del giornale Il Popolano – che gli regalò delle brochures sull’Isola d’Elba e sull’esilio di Napoleone- e descrive il suo “incontro onirico” con il Grande Corso.
Ecco quindi il perché del titolo Una notte all’Elba: un fantastico e gustoso dialogo tra Moravia e Napoleone sulle letture elbane di Napoleone che motiva le sue scelte allo scrittore e confessa che se “Voltaire fosse vissuto sotto il mio regno, l’avrei incaricato di scrivere la mia vita”.
Da allora, nonostante il bombardamento subito durante la seconda guerra mondiale, molto è rimasto del centro storico di Portoferraio e parte di quello che Moravia raffigurò con le sue parole è come un tempo:
“Portoferraio volge le spalle al porto con una fronte di case che hanno tutte l’ingresso dalla parte alta della città; nella quale si entra per una porta ad arco sormontata da un orologio luminoso” ( Alberto Moravia)
Mi venne indicata una larga scalinata che pareva salire in cielo; più fitta e più ripida di quella dell’Aracoeli a Roma. Portoferraio non ha in piano che la piazza alla quale, tra le case arrampicate, convergono d’ogni parte precipitose fughe di scalini. ( Alberto Moravia)