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PORTOGALLO: La corte costituzionale boccia le misure di austerità. E adesso?

Creato il 08 aprile 2013 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 8 aprile 2013 in Occidenti with 1 Comment
di Matteo Zola

Crisi Portogallo

La corte costituzionale del Portogallo ha respinto quattro misure di austerità previste nel budget annuale del governo in carica. Una sentenza che infligge un duro colpo alle finanze pubbliche del paese, circa 900 milioni di euro di ricavi netti. Le misure bocciate facevano parte del pacchetto d’austerità da 5 miliardi di euro e comprendevano i più alti aumenti fiscali che si possono ricordare nella storia portoghese. La sentenza della corte costituzionale nasce dalle indagini sul bilancio chieste dai partiti dell’opposizione, i quali sostenevano che i tagli voluti dal governo sulle pensioni e sulle prestazioni sociali minacciassero i diritti fondamentali dei lavoratori.

Il primo ministro del Portogallo, Pedro Passos Coelho, ha annunciato tagli “drastici” alla spesa pubblica dopo la decisione della Corte costituzionale. Coelho, in un discorso tv alla nazione, ha assicurato che non ci saranno nuovi aumenti delle imposte, ma che devono essere prese misure per “contenere la spesa pubblica nei settori della sicurezza sociale, della sanità e dell’educazione”: già si vocifera di pagare i dipendenti pubblici con titoli di Stato. Il fatto è che quei soldi bisogna trovarli. Il governo portoghese si è impegnato a far scendere il rapporto deficit/Pil dal 6,4% del 2012 al 5,5% entro quest’anno in base agli accordi per un piano di salvataggio da 78 miliardi concordato (per modo di dire) con il Fondo mometario internazionale e la Banca centrale europea. Da Bruxelles arriva l’abituale monito a rispettare gli impegni presi: “Ogni scostamento dagli obiettivi del piano di aiuti o la loro rinegoziazione neutralizzerebbe gli sforzi già compiuti dei cittadini portoghesi”, ha scritto la Commissione europea in un comunicato.

La decisione della Corte costituzionale è l’ultima di una serie di battute d’arresto sociali, politiche e giuridiche per il governo di Passos Coelho. Nel loro insieme, esse minano la credibilità degli sforzi di adattamento del Portogallo e minacciano i piani del Tesoro per riconquistare il pieno accesso ai mercati del debito. Messa così sembra che il piano d’austerità portoghese stia fallendo: la Commissione europea si è infatti mostrata disponibile alla richiesta fatta dal ministro delle Finanze Vitor Gaspar di concedere una dilazione dei pagamenti e, forse, una riduzione dei tassi di interesse, il che significa che a Bruxelles si sta valutando la possibilità di accettare una ristrutturazione del debito. Se ciò fosse vero, sarebbe allora evidente che la terapia ha fallito. Una terapia che ormai anche il Fmi misconosce: Christine Lagarde, in un report dello scorso 11 gennaio passato sotto traccia, ammette che il Fmi ha completamente sbagliato le sue previsioni. Il capo economista dell’organo, Olivier Blanchard, conferma: “Abbiamo sbagliato le stime sugli effetti negativi delle politiche di rigore chieste agli Stati con i conti pubblici non a posto; le politiche di rigore che abbiamo chiesto hanno prodotto la più grave crisi recessiva che si ricordi. E ora dobbiamo rimediare”. Il Portogallo, che è stato “l’allievo modello” del Fmi, applicando a puntino le misure richieste, si trova ora a essere la tragica testimonianza di un errore.

La resistenza alle draconiane restrizioni di bilancio in Europa meridionale è tuttavia evidente. I governi fanno quanto richiesto dagli organismi sovranazionali ma si trovano di fronte a sempre maggiori resistenze: non solo l’opposizione all’austerità è sociale e politica, ora è anche legale. Se questa piega dovesse continuare, come potrà Bruxelles (o meglio Francoforte) mettere in salvo l’euro?

Tags: austerità, Bce, crisi economica, crisi euro, eurozona, fmi, portogallo, trojka, zola matteo Categories: Occidenti


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