Magazine Viaggi
Ci sono viaggi che si sente il bisogno di fare. E non è il bisogno di staccare, è un bisogno molto più carnale. Quello in Portogallo erano anni che mi frullava per la testa. Come se ci fosse una specie di richiamo. Siamo partiti da Lisbona, il cui richiamo era il più forte di tutti, siamo passati per l’Estremadura, un po’ il suo interno e poi il suo infinito Oceano per finire con Porto che è stata una vera e propria sorpresa.Fernando Pessoa sosteneva che “a melhor maneira de viajar è sentir” e così ho fatto.
Lisbona me la sono gustata, ammirata, assaggiata, percorsa e sentita percorrendo le sue strade, la sua luce, il suo fascino che ha un certo che di misterioso.
Perché è stata un' irresistibile attrazione che mi ha portata in questa città.
Sarà che ho imparato ad amarla attraverso i miei scrittori preferiti, Saramago e Pessoa, sarà che ne conservavo un ricordo magico di anni e anni fa, sarà che era tanto tempo che volevo perdermi tra le sue labirintiche, decadenti e coloratissime vie.
C’è una strana luce che invade Lisbona, il cielo ha le mille tonalità dell’azzurro, l’aria è leggera e sa un po’ di Oceano ma non troppo, potrei stare ore a guardarla dai suoi miraduro, la cucina è semplicemente deliziosa e la lingua che si parla per le strade è davvero intrigante. Obrigado, il grazie portoghese, è declinato al femminile e al maschile. E la trovo una cosa bellissima.
Un grazie che sa molto ma molto più di una cosa personale.
Il fantasma di Pessoa nel famoso romanzo di Saramago dà una semplicissima spiegazione a Ricardo Reis sul fascino di questa città: “Non dimenticare che siamo a Lisbona, da qui non partono strade”.Ed è così. A Lisbona si ha la sensazione di essere arrivati.
Da una parte l’Oceano, dall’altra il fiume.
E la sensazione di essere giunti a destinazione e che qui possiamo godere di quello che c’è, da una parte sa profondamente di nostalgia, dall’altra ha il profumo della felicità.
Ed è esattamente così che mi sento in questo periodo della mia vita.
E Lisbona non poteva che essere la perfetta ambientazione.Solo noi tre, anche se ormai quasi quattro, per l’ultima volta.
Su e giù per le intricate vie del quartiere Alfama (il più lisbonese in assoluto), le sue case colorate, le sue scalinate, il suo odore di sardine alla griglia ad ogni ora del giorno, i santini sopra le case, le porte piccole piccole che ti viene il dubbio di essere un gigante, i muri decadenti a cui sono appesi tutti i panni di famiglia, così che puoi subito capire quali case sono piene di bambini e quali no, i gatti e le mille pastelerie.
Bisogna perdersi.
E merita cercare di perdersi arrivando al miraduro di Santa Luzia. Magari una volta con la luce della mattina e una volta poco prima del tramonto. Non stanca mai. E l’Alfama vista da lì sopra, tutta insieme, è ancora più bella.
A giugno poi questo quartiere si trasforma in festa, prima per Sant’Antonio e poi perché si ha sempre un motivo per festeggiare, e così le strade sono ancora più colorate, grandi festoni appesi da un balcone all’altro, grandi griglie all’aperto e tanti e tanti tavoli dove tutti si ritrovano la sera e mangiano in compagnia. E così all’imbrunire tutti scendono in strada, cucinano sardine saporitisse e salatissime (una vera e propria droga), salsicha (salsicce) o bifana (panini con carne di maiale morbida morbida).
Il castello di Sao Jorge è un’altra tappa che merita assolutamente. Ci si arriva con una bella passeggiata (su su su) dal miraduro di Santa Luzia, ci si può arrampicare sulle sue mura (ancora su su su) o perdersi alla vista di tutta la città dall’alto, che va da Placa do Comercio fino al Barrio Alto, passando per il Chiado e Baxia, fino a quella Lisbona vissuta da tanti ma dimenticata dalle guide turistiche. Alberi e cannoni centenari, pavoni e giardini ben curati fanno da contorno.
Il day 1 a Lisbona ha visto anche la Sé (cattedrale) maestosa, romanica e gotica insieme, costruita come altre in Portogallo sui resti di un’antica moschea e modificata sempre molto negli anni. Il tram 28 passa proprio lì davanti e tutt’intorno ci sono case le cui facciate sono un tripudio di azulejos variopinti. Ci siamo fermati per un ottimo pasto, sano ma anche meno economico dei 5€ a piatto di sardine, al Pois Cafè che è un posticino delizioso con tanto di angolo con giochi e libri per bambini.
E poi il tram, il numero 28, che è più divertente di una giostra, che ti porta fino a Graca e poi giù fino alla bellissima piazza Rossio dove è obbligatorio mangiare i pasticcini alle mandorle (ma chi mama il cioccolato consiglia anche quelli) della Confeteria National e girare indossando la maglietta di Cristiano Ronaldo che non ci siamo voluti togliere nemmeno per dormire.
Da queste parti si deve anche bere una ginja (liquore alla ciliegia), voi che potete come Lui, indipendentemente dall’ora, e lo dovete fare alla Ginjinha a Largo São Domingos. E poi tuffati nella vita del Barrio Alto senza però risparmiarvi la scalinata di Calçada do Duque, con i suoi infiniti, lunghi e bassi gradini costeggiati da tanti piccoli negozi caratteristici e ristorantini forse un po’ ciapa turisti.
Il Barrio Alto sono certa che dia il meglio di sé in orari che per noi, con pargolo al seguito e panza, sarebbero stati proibitivi, ma devo dire che per un aperitivo o per un pò di tapas è perfetto. Se volete risparmiare non andate da El Gordo Tapas Bar, ho mangiato i migliori gambas al ajillo di sempre ma sono certa che in una delle mille tasca (specie di trattorie ottime e casalinghe molto ma molto a buon mercato) che c’erano in giro avrei trovato la stessa qualità a meno. Tutta colpa di consigli della Lonely.
Anche qui festoni colorati ovunque, anche se non c’era la stessa atmosfera dell’Alfama, e porte piccole ma piccole davvero.
To be continued….
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