Magazine Arte

“POSSIAMO VENDERE IL NOSTRO TEMPO MA NON POSSIAMO RICOMPRARLO” (Fernando Pessoa)

Creato il 18 maggio 2015 da Signoradeifiltriblog @signoradeifiltr

“POSSIAMO VENDERE IL NOSTRO TEMPO MA NON POSSIAMO RICOMPRARLO” (Fernando Pessoa)

Lisbona ti cattura, se ci vai ci torni, avrai per sempre negli occhi il suo cielo, le sue strade, i rumori delle piazze, la nostalgia dei suoi colori e delle sue ombre e i sorrisi dei portoghesi che prendono la vita senza lasciarsi prendere.

" E dopotutto ci sono tante consolazioni! C'è l'alto cielo azzurro, limpido e sereno, in cui fluttuano sempre nuvole imperfette. E la brezza lieve [...] E, alla fine, arrivano sempre i ricordi, con le loro nostalgie e la loro speranza, e un sorriso di magia alla finestra del mondo, quello che vorremmo, bussando alla porta di quello che siamo."(Pessoa)

Così se corrisponde al vero quello che dice il poeta: " a melhor maneira de viajar è sentir" allora possiamo dire che viaggiare per Lisbona è davvero sentirla, conoscerla,viverla. Percorrendo le sue strade si viene investiti dalla sua luce, si è catturati dal suo mistero, da tutta Lisbona e dalla sua lunga storia, una città che, pur modernizzandosi con nuovi quartieri, conserva una straordinaria atmosfera di luogo antico, con strette viuzze, saliscendi, giardini, ma anche dai sapori di un tempo con gli squisiti piatti della cucina tradizionale e con i suoi gradevoli vini. Ci sono piccole taverne, dei buchi, coi muri tappezzati di azulejos , tavoli vecchi di legno tarlato con le gambe dondolanti, bettole, che sono là da tanti anni, da secoli chissà, ma dove si gusta pesce fresco cotto ai ferri, bacalhau, sardinas o arroz de peixe, una sorta di risotto in umido e i pasteis de nata, vere delizie alla crema e dove si beve un buon vino. Vini rossi, famosi nel mondo, ma anche ottimi bianchi e specialissimi vini verdi, più leggeri, poco alcolici e piacevolmente frizzanti, una vera delizia per dissetarsi senza effetti collaterali.

" Há em Lisboa um pequeno número de restaurantes ou casas de pasto [em] que, sobre uma loja com feitio de taberna decente, se ergue uma sobreloja com uma feição pesada e caseira de restaurante de vila sem comboios. (Pessoa)

Lisbona è una città dove è piacevole passeggiare, raggiungere le colline su cui sorge, sette come i colli di Roma, aggrappandosi alle vecchie maniglie dello sferragliante tram numero 28 che si inerpica, strettoia dopo strettoia, verso la cima dove sorge il castello di Sao Jorge che si trova sul promontorio più alto. Da lassù si gode uno splendido panorama: Lisbona, ranquilla, dormiente, si stende ai nostri piedi, con l'Oceano a fare da immensa cornice, si vedono tutti i quartieri e, sulla riva del Tago, la statua del Cristo Re, uguale a quella del Brasile. Nel cielo si staglia una cupola, candida e tonda, è la cupola del Pantheon nazionale portoghese, la chiesa di Santa Engracia. È un luogo dove, se si presta attenzione col cuore, si sentono risuonare le note del fado, la malinconica musica tipica di Lisbona e si può udire la voce della regina di tale genere Amalia Rodriguez i cui resti mortali sono ospitati all'interno insieme a quelli di altri personaggi famosi. La cupola del Pantheon, così poderosa, preannuncia un interno solenne e sontuoso che ricorda la magnificenza delle nostre chiese. La costruzione di questo importante monumento ha una storia tormentata che passa attraverso lutti, leggende e tempeste, tant'è che il detto popolare "obras de Santa Engrácia " sta proprio a indicare un lavoro che non conosce termine. La chiesa originaria, di cui oggi non resta nulla, fu eretta nel 1568, ma una tempesta nel 1681 la rase completamente al suolo. L'anno seguente venne posata la prima pietra dell'attuale edificio. Il progetto della ricostruzione, affidato al maestro João Antunes, vide la conclusione solo nel 1966, per ordine dell'allora Presidente del Consiglio António de Oliveira Salazar. Erano trascorsi ben 284 anni. È d'obbligo fermarsi per una foto, godersi il panorama e ascoltare una voce che, davanti a tanta meraviglia, si fa spazio dentro di noi " Siediti al sole. Abdica e sii re di te stesso. " (Pessoa)

Poco lontano si erge la chiesa di San Vincente de Fora eretta nel 1582 ad opera dell'italiano Filippo Terzi che, seguendo i canoni dell'epoca, si ispirò alle chiese romane del Rinascimento. In zona ogni martedi e ogni sabato si tiene la "fera da ladra" un mercatino dell'usato tutto speciale dove, aggirandosi in un formicaio di persone intente a osservare ogni genere di articoli, si possono comprare mobili e vestiti usati, vecchi dischi, quadri, ceramiche, lampadari, libri e persino cuccioli di ogni tipo. Il quartiere dell' Alfama è un pittoresco labirinto di stradine, piazzette e scalinate che risale all'epoca dei visigoti, anche se il definitivo attuale tracciato fu opera dei musulmani. Tutto il quartiere si veste a festa con addobbi e fiori per la ricorrenza di Sant'Antonio, il patrono, la festa più importante di Lisbona e del Portogallo intero. Sì, lui, quel santo che noi amiamo chiamare di Padova ma che proveniva proprio da Lisbona. In questo quartiere, il più popolare, il "fado" acquisisce la sua massima espressione, le migliori interpretazioni si possono ascoltare nelle taverne dei pescatori che si affacciano, con le pareti inclinate una verso l'altra, sulle strette stradine che lo attraversano. I portoghesi furono un popolo di marinai e di conquistatori e a ogni angolo di Lisbona pare di sentire l'eco ormai spento di antiche gesta che portarono i suoi abitanti a lasciare il porto sul Tago e a partire alla conquista di nuovi mondi. Fu allora che nacque il termine " saudade" quando, lontano da casa, i marinai manifestavano un sentimento così tipicamente portoghese che è interpretato come un misto di malinconia, tristezza e nostalgia. I l "fado", vero specchio dell'anima, la canzone più genuina dell'espressione popolare, racconta perfettamente la saudade. Le parole del "fado" rivelano fondamentalmente i sentimenti del popolo: il dolore, la disperazione e la tristezza, ma anche felicità e allegria. I fadisti si vestono di nero e si accompagnano con una chitarra, a dodici corde, corta e tozza, per sgranare le note cadenzate di una musica tanto bella quanto triste. Scendendo dai quartieri di Alfama e Bairro Alto ci si trova in Praça do Rossio, situata nel quartiere de la Baixa, punto d'incontro dei cittadini e luogo di passaggio obbligatorio per accedere ai caffè più eleganti, ai negozi: si presenta ai nostri occhi un quadro pittoresco con i tanti fiorai che affollano la zona e costituiscono una suggestiva immagine che invita a fare quattro passi in piena contemplazione. Accanto si trova la praça da Figueira, sede di uno dei più importanti mercati di Lisbona, la rua Augusta si collega alla Praça do Commercio, che abbina l'armonia della sua architettura con il grande spazio che la contraddistingue. Al centro vi è il monumento equestre del re Giuseppe I che fu l'artefice della ricostruzione della città dopo il tremendo terremoto del 1775, che rase al suolo molti quartieri della città. Tre dei suoi lati sono occupati da edifici con porticato, mentre nella parte sud si affaccia sul Tago, da una bella scalinata con due colonne in stile veneziano. È solo il primo giorno, vi è ancora tanto da vedere, magari un bel panorama dall' elevador di Santa Justa, il convento del Carmen, tanti interessanti musei e poi Belem con la sua famosa torre, costruita in mezzo al fiume per controllare l'accesso delle navi in città, dichiarato patrimonio dell'Umanità, come l'antistante monastero dos Jeronimos, capolavoro costruito grazie alle ricchezze che Vasco de Gama aveva riportato dalle sue spedizioni oltremare. Tanti sono i monumenti, le opere d'arte di cui è possibile trovare notizia in ogni guida turistica che si rispetti, ma io sono venuta per godermi l'aria fine che vi si respira, quella luce rosa che pervade la città verso il tramonto, per godermi la compagnia di mia figlia e per capire il mistero di questa città e quella strana attrazione che ti pervade, che te ne fa sentire la mancanza e che ti spinge a tornare. La spiegazione l'ho trovata in questi giorni in un libro "L'anno della morte di Ricardo Reis", di Josè Saramago, dove si legge: " Non dimenticare che siamo a Lisbona, da qui non partono strade ". Così il fantasma di Pessoa spiega a Reis perchè quando si arriva si ha l'impressione di essere giunti definitivamente a destinazione. Da Lisbona non si va in nessun posto, c'è l'Oceano intorno e davanti il Tago immenso quanto il mare, qui c'è tutto quello che ci si aspetta. È questo, forse, insieme alla mancanza della persona che più conta nella mia vita, che provoca quella profonda nostalgia che oggi mi stringe il cuore. C'è una bella poesia che il poeta Eugenio de Andrade ha dedicato alla sua città dove la vede come una "varina", personaggio tipico di Lisbona ormai scomparso, la pescivendola che corre verso il Tago.

" Qualcuno dice lentamente: La conosci, Lisbona...? La conosco. E' una giovane scalza e leggera, un vento improvviso e chiaro nei capelli, una piccola ruga intorno ai suoi occhi, la solitudine si apre nelle sue dita e sulle sue labbra, scende le scale, tante scale, tante scale fino al fiume. Io la conosco. E tu, la conosci? " (Eugenio de Andrade)


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :