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regia di Carlo Verdone
Tre uomini separati e molto diversi tra loro per carattere e abitudini decidono di condividere un appartamento a causa delle difficoltà economiche sopravvenute dopo la separazione.
Ulisse (Carlo Verdone), con un passato da produttore discografico, gestisce un negozio di vinili; Fulvio (Pierfrancesco Favino) è stato un apprezzato critico cinematografico prima di finire a scrivere di starlette; Domenico (Marco Giallini) è un agente immobiliare con il vizio del gioco che si è ridotto a vivere dove capita e a dover pagare gli alimenti a un numero imprecisato di figli e di famiglie.
I tre uomini si ritrovano a fare i conti con una convivenza complicata, finché una sera Domenico, che arrotonda le entrate come "accompagnatore" per signore non proprio giovanissime, viene colto da un malore dopo aver preso troppo viagra.
A visitare Domenico viene chiamata la cardiologa Gloria (Micaela Ramazzotti), anche lei alle prese con una vita sentimetale complicata.
Nonostante i tormentati rapporti con i figli, saranno proprio quest'ultimi che consentiranno a Ulisse, Domenico e Fulvio di tornare a sperare in un futuro più roseo.
Carlo Verdone ci propone una commedia ben girata (lo so, sembra una banalità, ma confrontatela con le altre commedie italiane, piene di stacchi tra una gag e l'altra che a volte fanno venire il mal di stomaco - ogni riferimento a Gennaro Nunziante è fortissimamente voluto), che riesce nel compito di strappare un sorriso in situazioni dove c’è poco da stare allegri.
Verdone affonda il suo sguardo nei confronti di un femminile imperscrutabile (la moglie che si crede grande artista e che ritiene il marito colpevole della fine della sua carriera e che non comprende che se è riuscita a fare un disco è perché il marito, per amore, è riuscito a farlo incidere rimettendoci la carriera e finendo sul lastrico) e nelle vesti di attore si limita a rendere semplice il compito all'ottimo cast che lo circonda.
"Posti in piedi in paradiso" ci conferma la bravura di Micaela Ramazzotti e finalmente rende giustizia a Marco Giallini, che ha dovuto aspettare una trentina di film e la seconda chiamata di Verdone per essere riconsciuto come attore degno di nota, evidentemente, agli addetti ai lavori, non bastava la sua magnifica interpretazione ne "L'odore della notte" (Claudio Caligari - 1998) per capirlo.
Come al solito bisogna ribadire come Verdone sia l'unico, in Italia, a sganciarsi dalla comicità stereotipata dell'attuale commedia schiava dei volti e dei tempi televisivi.
Commedia malinconica, mai volgare, che non dispiace. Ma niente di più.
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