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Posticipando – Conversando con Oude

Creato il 05 marzo 2011 da Bruno Corino @CorinoBruno

Chi è Oude? È un lettore/visitatore di questo blog. Altro non so. Un po’ come Silver Silvan che ogni tanto viene a farmi visita con i suoi dubbi e il suo scetticismo disincantato. Potrei classificarli nella categoria dei lettori/costanti e attenti. Qui ho raccolto alcuni commenti che tra me e Oude ci siamo scambiati nell’estate scorsa. Li ho trovati estremamente interessanti e stimolanti non solo perché mi hanno dato modo di riflettere sulla mia attività “poetica”, ma soprattutto perché mi hanno dato modo di prendere coscienza di come questo mezzo di comunicazione letterario e non (il blog) crei un rapporto nuovo e diverso tra il lettore/autore rispetto al passato. Da quando nella repubblica delle lettere si è affermato il mercato editoriale (nell’Ottocento), il fruitore dell’opera letteraria è diventato un volto anomino per il quale lo scrittore/autore scriveva. Ciò ha comportato un grande margine di autonomia per la letteratura occidentale che finalmente s’affrancava dalla tutela dei poteri estranei, come l’aristocrazia e la Chiesa. L’affermazione del mercato ha però comportato per l’autore un’altra forma di condizionamento perché li ha consegnati alla “tirannia” delle vendite. Lo stesso mercato editoriale spingeva gli autori a produrre opere vendibili e quindi che potessero interessare un pubblico di lettori sempre più ampio. Nelle attuali condizioni, un autore per far conoscere e diffondere la sua produzione letteraria non deve più sottostare alla tirannia del mercato editoriale. Io qui “pubblico” i miei racconti, le mie poesie, o le mie idee. Non ho più bisogno d’attendere con trepidazione la risposta dell’editore per sapere se un mio “lavoro” verrà o non verrà pubblicato. Mi sento più “libero” di scrivere ciò che voglio, poiché lo è anche il mio eventuale lettore/visitatore. Se vuole leggere qualcosa non ha più da spendere qualcosa, ma è sufficiente “connettersi” con l’autore che preferisce. Tuttavia, anche questa nuova forma di comunicazione crea delle forme di differenziazione perché la concorrenza è numerosa. Allora, ognuno al fine di allargare la sua platea è indotto a “strillare” il “titolo”. Più il titolo è enfatizzato, “bello”, efficace, strillato, appunto, è più è in grado di attrarre un numero maggiore di connessione. Non importa il contenuto, ciò che importa è il modo in cui viene reclamizzato. Questo è il limite a cui questo nuovo mezzo va incontro. Ma un buon titolo può attrarre una tantum un numero di visitatori, ma non crea la categoria del visitatore/lettore costante, quello che legge ciò che scrivi per la sua qualità, per la sua forza intrinseca e non perché gli sia piaciuto il modo in cui lo si è reclamizzato. Queste sono alcune delle riflessione che questo scambio di opinione con Oude mi ha suscitato. Se ora li "posticipo" è perchè in esse ritrovo una loro validità che va oltre il momento contingente in cui sono state formulate.
Ecco perchè, ancora una volta, dico grazie a questo lettore/sconosciuto.
oude - lasciato il 31/5/2010
complimenti! sembri uno scrittore professionista...o forse lo sei! non sempre questa affermazione può essere considerata una cosa positiva ma ti si legge molto volentieri.
Giordano - lasciato il 31/5/2010
Grazie Oude. Se per scrittore professionista intendi dire uno che con la scrittura ci campa, dico no. Sono uno che scrive quando ha qualcosa da dire. Il che considerando i tempi non è poco.
oude - lasciato il 31/5/2010
allora, data la facilità che dimostri nel padroneggiare la lingua con le sue sfumature e la "felicità" nello scandagliare i segreti pensieri della gente "comune", spero tu abbia sempre qualcosa da dire... ti leggerò molto volentieri (ti ho scoperto solo oggi ma ho molto gradito anche il tuo amore per Catullo).
Giordano - lasciato il 31/5/2010
Grazie, ci conto... anche perché all'inizio quando la passione per lo scrivere nasce si scrive soprattutto per se stesso, ma poi quando la passione si trasforma in vocazione si scrive soprattutto per gli altri... Sì, Catullo mi piaceva così tanto che mi piaceva tradurmelo da me; ecco perché adesso quando lo ripropongo non mi va di mettere a fianco alcuna traduzione. I poeti bisogna leggerli nella loro interezza (quando si può!).
oude - lasciato il 31/5/2010
# I poeti bisogna leggerli nella loro interezza (quando si può!).
è assolutamente vero! se si ha la fortuna di conoscere sufficientemente la lingua tanto da "gustarla" è un piacere di cui non ci si può privare: mi aveva colpito, in gioventù, leggere che Aurobindo, celebre maestro di Yoga e grande poeta, avesse imparato l'italiano per poter leggere Dante: come tradurre, in qualsiasi lingua, "quali colombe dal desio chiamate..."?
giordano lasciato il 31/5/2010
su Dante poi... ho sempre presente le pagine che Primo Levi ha scritto su Dante in "Se questo è un uomo"; trovare nell'inferno della morte un barlume di umanità... già! questo mi ha fatto capire a che servono i poeti (se la domanda ha senso)...
oude - lasciato il 1/6/2010
come un perfetto bradipo mentale solo ora, dopo aver messo a fuoco le caratteristiche del tuo sito, mi sono reso conto dei links che avrebbero dovuto parlarmi di te evitandomi sproloqui.
mi hai fatto scoprire la PerroneLab, benemerita casa editrice per giovani talenti, e i rimandi ai vari libri in cui sono contenuti i tuoi racconti mi hanno confermato che tu "sei veramente" un bravo scrittore, anche se affermi, con Orazio, che ""carmina non dant panem" per tale motivo sono ancora più contento di averti trovato.
due quesiti:
- scrivi solo racconti o anche saggi o romanzi? (e in tal caso li pubblichi con Perrone? quali titoli? (fatti un po' di pubblicità!)
- nella tua bellissima "dichiarazione d'intenti" affermi che Dante ti piace per la sua "compostezza". Mi incuriosisce molto sapere cosa intendi per compostezza dal momento che, a me, La Commedia appare come una grandiosa cattedrale gotica, da guardare con infinito stupore: composta sì ma straordinariamente "potente" nella sua massa architettonica incomparabile. Mi puoi aiutare a capire?
giordano -lasciato il 1/6/2010
Buongiorno Oude: sono tante le questioni che mi poni. Vediamo di procedere con ordine. Come capirai nel tempo tutti i post che pubblico su questo blog sono tessere di un mosaico (anche la più piccola) la cui visione d'insieme si avrà quando ognuna di essa sarà collocata al posto giusto. La Perronelab ogni mese lancia un tema e invita ognuno a mandare racconti o poesie. Mi piace perché non mi ha mai chiesto nulla. Sul dorso ho messo le copertine delle antologie in cui la Perrone ha pubblicato qualche mio testo - sì, l'ho fatto anche per farmi pubblicità!
Ho scritto dei racconti lunghi ("Il prodigio" e "Rocciacavata"), dei saggi su Gramsci, Vittorini, Gadda, ecc.; soprattutto porta avanti la mia "personale" ricerca sulle dinamiche interattive, il cui filo conduttore sono i rapporti di potere all'interno di una relazione interpersonale.
Sulla compostezza di Dante mi sembra che le tue parole l'hanno colta bene: la Divina Commedia è un perfetto e sequenziale sillogismo poetico che parte da premesse generali e arriva sempre a conclusioni particolari; ti potrei dire che è la versione poetica e medioevale della Logica di Hegel: tutto si tiene e nulla è fuori posto. C'è anche in me un senso di nostalgia per chi aveva questa fede potente nell'ordine dell'Universo.
oude - lasciato il 1/6/2010
grazie per la pazienza con cui hai risposto alle mie curiosità
# soprattutto porta avanti la mia "personale" ricerca sulle dinamiche interattive, il cui filo conduttore sono i rapporti di potere all'interno di una relazione interpersonale.
tema davvero stimolante perché sapersi rapportare agli altri è il grande problema di una società organizzata, ma, scendendo nel particolare, anche di piccolissime comunità come la famiglia o addirittura la coppia. Confesso che non mi sono mai posto "direttamente" questo problema perché non sono un competitivo e ricerco "naturalmente" le situazioni prive di conflitto o a conflitto "controllato": non mi piace essere dominato ma, a mia volta, aborro impormi a chicchessia. Se in qualche tuo racconto o post svilupperai questi argomenti sarò felice di parlarne con te per imparare cose nuove.
Giordano -lasciato il 1/6/2010
La mia ricerca è sotto la rubrica "Etoanalisi" - e man mano che completo in modo soddisfacente i capitoli li rendo pubblici.
Se vado per esclusione, se non sei un prevaricatore, né un competitore, allora sei un "seduttore". In seguito ti preciserò meglio questo termine, che rimane carico di equivoci e d'"ambiguità" (non a caso); comunque, resta sempre ferma l'intesa che queste modalità s'attivano quando all'interno di una relazione (di coppia, tra gruppi, tra stati, ecc.) si vuole affermare il proprio potere sull'altro, o, come mi esprimo io, si vuole restringere l'ambito non disponibile dell'altro.
Credo che se la mia teoria avrà una sua validità le applicazioni saranno promettenti (finora ho limitato il mio campo di verifica alla letteratura - vedi Poe - in seguito ho in serbo l'esame di "Senilità" di Svevo - il mio autore/scrittore preferito).
oude - lasciato il 1/6/2010
- ho rintracciato il racconto lungo Rocciacavata: lo leggerò e, se ti farà piacere, cercherò di commentarlo con lo spirito dell'editor
mi immergerò anche in Etoanalisi per ricuperare le opinioni già espresse e cercare così di "capire" il tuo linguaggio
giordano - lasciato il 1/6/2010
Grazie; buona lettura e a presto
oude - lasciato il 3/6/2010
Caro Giordano, come promesso ti mando alcune osservazioni “indipendenti” sul tuo lavoro Rocciacavata sperando di non dispiacerti; ti segnalo, un po’ alla rinfusa, alcuni “errori” (presunti?) di impostazione del racconto in quanto presumo non sia passato al vaglio di un Editor della casa che l’ha pubblicato
1. si entra in medias res senza un accenno al motivo della presenza del narratore nel luogo descritto
2. negli elenchi di autori consultati non ci può stare etc… perché il lettore cosa può pensare non conoscendo nulla dell’argomento?
3. troppe citazioni dialettali: non aggiungono pathos ed intralciano la lettura. È una mia idiosincrasia: non riesco a leggere Gadda e Camilleri
4. Mi accorgevo, mentre parlavo, che la mia voce, di caldo timbro tenorile ? il protagonista non può lodare da solo le sue presunte qualità? meglio farlo fare da un comprimario
5. Con delicatezza toglieva il turacciolo e un effluvio di vapori cominciava ad uscire ? sembra un po’ eccessivo anche per un “naso” di Grasse
6. Forse era l’effetto di quel nettare delizioso a risvegliarla nelle mie vene ? voce nelle vene?
7. che riesce a far sembrare un’intensificazione di vita ciò che più propriamente si direbbe assai prossimo alla morte ? frase ad effetto ma, temo, fine a sé stessa: che vuol dire?
8. state raccogliendo prische notizie ? non aggiunge niente: perché questo arcaismo?
9. gli scrittori dovrebbero appendere le loro penne al chiodo.--> bruttino e … calcistico
10. E questo errore non era stato evitato nemmeno da Don Vincenzo. «Non si tratta, Don Vincenzo, di questo che è una questione oziosa». Intanto guardavo fuori l’imbrunire della sera; Don Vincenzo mi sollecitava a chiarire meglio il mio pensiero, ma era tardi e io non volevo lasciarmi sedurre da quella discussione. Dissi a Don Vincenzo che ci avrei riflettuto meglio ? troppi don Vincenzo in così poche righe ? lavoro poco accurato di editing
11. il fascicoletto di documenti arrotolato da uno spago ? lo spago non arrotola ? scarsa attenzione al “significato” delle parole e dei verbi
12. troppi aggettivi ? meglio la sobrietà di Tacito: aggettivi solo quando “arricchiscono” e qualificano il sostantivo
13. qualche incertezza nei congiuntivi [Era come se pensavo]
14. descrizioni confuse dei punti cardinali (sarebbe necessario prima dare l’orientamento del paese rispetto ai punti cardinali e rispetto alla regione in cui si trova, anche se è luogo di fantasia)
15. numerosi errori materiali da non rilettura del testo da parte di un editor
16. troppo lungo l’elenco di JUS concessi alla famiglia (la noia è sempre in agguato), specie se di
Fantasia
17. citazioni di personaggi e luoghi, non si capisce bene se storici, sciorinati come se tutti i lettori li conoscessero senza altra spiegazione o giustificazione della loro esistenza
18. la baronessina troppo bella e colta ? si indulge all’iconografia melensa e al luogo comune (a meno che non si parli di persone vere)
19. INVECE MOLTO BENE LE NOTE SU AMBIENTI E PERSONAGGI “COMUNI” ? sicuramente quello che ti riesce meglio
Post Scriptum: sei libero di mandarmi dove di solito Grillo manda i politici.
Tu stesso dici nel testo che ogni lettore nasconde un critico: eccoti accontentato
- mi sono permesso di rivederti qualche buccia perché penso che tu abbia talento “vero”, ma ricordati che prima di pubblicare bisogna “risciacquare i panni in Arno”. E se l’ha fatto don Lisander - a proposito: ti consiglio vivamente di rileggere i capitoli de I Promessi Sposi sulla peste (dal XXX in poi) : un insuperato reportage, basato su fonti storiche documentate (come vorrebbe fare il protagonista del tuo racconto), di impeccabile equilibrio stilistico. Scusa il disturbo: se ti offende te ne chiedo scusa e … non ne parliamo più. (comunque complimenti!)
Giordano - lasciato il 3/6/2010
Ciao Oude, ho letto le due critiche puntuali, pazienti, da vero lettore. Come avrai visto dalla data, Rocciacavata è un lavoro di 16 anni fa. Appartiene per me a un'altra stagione; a una stagione trascorsa, non sono temporalmente, ma "poeticamente"; una stagione in cui ancora non riuscivo a liberarmi da un'immagine oleografica e po' bozzettistica della mia terra. Forse, un tentativo andato a male di provarmi come narratore. Non l'ho voluto più riprendere perché avrei dovuto riscriverlo completamente. In seguito, ho provato con "Il prodigio": scritto per il puro piacere di scrivere; quasi scritto per me stesso. Ma per ora il mio punto d'approdo poetico rimane "L'Abulico". A questo punto potrai chiederti: se neanch'io ero convinto e soddisfatto di quella prova, perché proporla qui? Di preciso non so rispondere... anzi; un po' ero già indeciso se inserirlo. In effetti, forse è meglio toglierlo dalla circolazione... Ti ringrazio per la sincerità mostratami.
oude - lasciato il 3/6/2010
Giordano, complimenti per la pacatezza!
«In effetti, forse è meglio toglierlo dalla circolazione». Non credo sia una buona idea perché il racconto è bello e affronta la narrazione di un luogo e di un tempo che ai più (vedi me) è sconosciuto: per poterlo in qualche modo "inquadrare" ho dovuto ricercare notizie attuali ed ho trovato questa sintetica descrizione che penso tu possa "capire" visto che conosci l'argomento: "Rocciacavata. La situazione odierna di questo paese della Calabria è profondamente segnata da una singolare commissione tra vecchio e nuovo, tra residui della civiltà contadina tradizionale e spezzoni consistenti della società industriale, presenti innanzitutto a livello di consumi e di modelli di vita. Il nuovo sussume il vecchio e spesso lo rivitalizza."Il mio "atteggiarmi" a critico letterario deve solo dirti la mia simpatia per il tuo modo di pensare (per quanto appare, non presumo certo di conoscerti) e di scrivere e, di conseguenza, il desiderio che il tuo lavoro sottoposto al giudizio dei lettori possa essere di qualità non solo narrativa (che dipende dalla tua fantasia) ma anche formale (forma che dipende, è vero, da schemi letterari, ma ad un certo livello, la forma si confonde con la sostanza). Ti sembrerò eccessivamente pignolo ma se la lettura è faticosa, non "scorre" per qualche piccolo "fastidio" grammaticale, anche solo un evidente refuso, può ingenerare un senso di "incompletezza" nel lettore che può diminuire, per motivi veramente banali, la soddisfazione di "dialogare" con l'autore. Perciò non togliere niente del passato, ma eventualmente rileggi a distanza di tempo per capire "quanto sei cambiato tu".
un saluto
Giordano - lasciato il 3/6/2010
Oude, anch'io come te vivo ormai ai margini della pagina, e mi accorgo dei tanti difetti di questo racconto. Le tue osservazioni hanno soltanto confermato ciò che io stesso pensavo. Questo racconto appartiene a quella fase in cui credevo che raccontare volesse dire "riprodurre" le emozioni contenute nell'esperienza. E' un errore comune a tanti aspiranti scrittori. E' un atteggiamento ingenuo. Negli anni ho maturato (certo anche grazie a questi errori) l'idea che debba essere la stessa scrittura capace di suscitare emozioni; che la scrittura non è un mezzo per raccontare emozioni, ma sia essa stessa emozione (uso questo termine un po' vago - tanto per intenderci); altrimenti si fallisce nel proprio intento. Quando riesco ad ottenere questo risultato, accade che anche a distanza di anni, rileggendo un mio scritto riprovo lo stesso fremito che ho provato quando l'ho composto. C'è un mio brevissimo racconto - "La lettera" - che ieri l'ho riletto, ed effettivamente ho sentito lo stesso brivido che avevo provato l'ultima volta: dimmi tu se non è questa la vera magia dell'arte!
E' inutile che ogni volta ti ringrazio delle tue parole. D'ora in avanti, diamolo per scontato.
Ps. In effetti, lo studio della sociologia Renate Siebert, riguardava effettivamente il mio paese (anche se il nome era inventato) - a me il titolo piacque perché rendeva bene l'idea di un paese scavato nella roccia. Quale sia il vero nome non è difficile da scoprire: basta leggere il titolo di quella mia piccola ricerca che ho dedicato al mito della sua fondazione.
oude - lasciato il 3/6/2010
«che la scrittura non è un mezzo per raccontare emozioni, ma sia essa stessa emozione», meglio non avresti potuto dirlo! E' inutile che ogni volta ti ringrazio delle tue parole. Infatti rischieresti di togliermi "spontaneità" e soprattutto il "piacere" di conversare con te.


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