Segnalazione e Nota dell’Avv. Annamaria Tanzi, Presidente del Comitato scientifico e Coordinatrice della Macrosezione Lavoro dell’Associazione Zero39 all professional service in one network.
Con Sentenza n. 5119 del 03.03.2010 la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro ha stabilito che in tema di procedure concorsuali di selezione del personale, il potere discrezionale del datore di lavoro incontra il limite della necessità che lo stesso fornisca, in conformità ai criteri precostituiti nel bando e, comunque, alla buona fede e correttezza, adeguata ed effettiva motivazione delle operazioni valutative e comparative connesse alla selezione effettuata. In difetto di tali elementi, il danno che al lavoratore può derivare per perdita di chance va risarcito sulla base del tasso di probabilità che egli aveva di risultare vincitore, qualora la selezione tra i concorrenti si fosse svolta in modo corretto e trasparente. Spetta al Giudice il concreto apprezzamento di ogni elemento di valutazione e di prova ritualmente introdotto nel processo che, per inerire alla necessità e correttezza della valutazione comparativa dei titoli del lavoratore escluso e di quelli utilmente selezionati, appaia a tale fine funzionale e coerente.
Il caso che ha dato adito alla pronuncia in commento riguarda un Isituto di Credito che aveva promosso l’indizione di una graduatoria per la copertura di sei posti di funzionario di primo grado. Formata la graduatoria, il Tribunale di omissis la annullava per violazione, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti relativi alle promozioni con metodo comparativo e per la conseguente immotivata attribuzione di punteggi discrezionali ai candidati. Il Tribunale, su domanda di un dipendente collocato in posizione non utile ai fini della promozione, condannava altresì l’Istituto di Credito a risarcire al dipendente il danno da perdita di chance quantificato sulla base della riconosciuta probabilità di conseguire la promozione.
Il Giudice di Appello riformava la sentenza di primo grado riconoscendo il diritto al risarcimento del dipendente in misura pari al 27 per cento della maggiorazione retributiva cui il medesimo avrebbe avuto diritto se avesse conseguito la qualifica superiore a far data dalla immissione in servizio dei vincitori.
Avverso la sentenza di appello, il dipendente promuoveva ricoro per Cassazione, lamentando che la pronuncia impugnata, disattendendo il giudicato formatosi sulla sentenza di primo grado, con cui era stato demandato al giudice della liquidazione di commisurare il danno tenendo conto della probabilità di conseguire la promozione, lo aveva determinato sulla base di un inconferente criterio matematico, basato sul rapporto percentuale tra il numero dei posti messi a concorso e la posizione occupata dal dipendente pretermesso in graduatoria, senza operare alcuna valutazione comparativa dei titoli dedotti dai vincitori del concorso e dagli altri che lo precedevano in graduatoria.
La pronuncia della Suprema Corte desta particolare interesse non solo perchè consolida l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sulla risarcibilità del danno da perdita di chance per la violazione del principio di buona fede e correttezza all’interno delle procedure concorsuali, ma anche perchè riafferma sostanziali limiti – attraverso il meccanismo motivazionale – al potere discrezionale del datore di lavoro in ordine alle operazioni valutative e comparative connesse alla selezione.
Teramo, 13 Febbraio 2011 Avv. Annamaria Tanzi
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