Anna Lombroso per il Simplicissimus
La nuova frontiera della democrazia sta a metà tra i test dell’Espresso sotto l’ombrellone: “dopo”, le fai le coccole o ti accendi una sigaretta? E il televoto per l’eliminazione dei famosi dall’Isola.
Da luglio, con una certa pudica discrezione, è online sul sito governo.it la consultazione sulle riforme costituzionali con l’invito, sommesso, a partecipare numerosi. Ora, frequenti spot televisivi raccomandano di intervenire all’iniziativa entusiasticamente appoggiata da Quagliarello, che rappresenta, per costante dedizione all’azienda, una autentica garanzia: auspicherebbero una amministrazione della giustizia tramite Forum, hanno promosso un impulso ai consumi grazie a Ok, il prezzo è giusto, hanno sostituito il dibattito parlamentare con Quinta colonna, hanno sancito la pratica della posa per il calendario come hanno forma di selezione del personale politico, hanno rivisitato gli arcaici messaggi alla nazione con i i video dell’impomatato e butterato condannato, presto imitati dal governo napoletta, per avviare la transizione spettacolare verso il golpe più mediatico della nostra autobiografia nazionale. E l’ideologia ha attecchito, se anche i loro soci di minoranza hanno deciso di accontentarsi di una liturgia imitativa della democrazia, con scampagnate elettorali, molto riprese dalle tv e candidati che si promuovono su Amici.
Partecipare è semplice, recita lo spot, molto più facile che votare.
La scelta si riduce a un si o a un no, preventivamente pilotati perché diventino naturalmente e ineluttabilmente dei si, come hanno insegnato a fare anni di sondaggismi, infinite rilevazioni della percezione, ricerche di mercato taroccate, previsioni ed exit poll, tutta quella paccottiglia impiegata insomma per stabilire definitivamente che non esiste alternativa, che è o così o così, che non c’è differenza e che l’importante è partecipare che tanto hanno già vinto loro. E infatti, si legge sul sito istituzionale, le criticità tipiche della partecipazione online sono gestite tramite una combinazione di verifiche preventive e successive al procedimento che permettono di minimizzare eventuali interventi inappropriati. Dove per interventi inappropriati si intende di certo la pratica disfattista di volere mantenere intatto l’edificio di diritti e doveri, di responsabilità e prerogative che dovevano garantire l’esercizio della democrazia, la divisione dei poteri, la sovranità dello Stato, la tutela dei principi di rappresentanza.
La conclusione del processo di stravolgimento istituzionale e ufficiale del nostro sistema si formalizza dunque anche attraverso la sacra rappresentazione tutta artificiale di “una grande partecipazione popolare, con il coinvolgimento di ogni tipo di interlocutore, con differenti gradi di esperienza e conoscenza delle materie trattate. E i risultati della consultazione saranno: a) accuratamente analizzati e aggregati in un report, costruito in collaborazione con il Comitato Scientifico e pubblicato online nei giorni successivi alla chiusura; b) acquisiti e analizzati dal gruppo di lavoro del Dipartimento per le Riforme Istituzionali; c) ufficialmente consegnati alla Presidenza del Consiglio.”. che ne farà tesoro senza pregiudizi. E figuriamoci: Letta ha dichiarato esplicitamente “di non essere d’accordo con i conservatori secondo i quali non si deve toccare la Costituzione”. Ha lamentato di essere l’unico Paese dotato di due Parlamenti che hanno gli stessi poteri e la tempo stesso ha rifiutato nei fatti di dare corso ai due disegni di legge di riforma in parallelo nelle due camere, con l’intento chiaro di attaccare al carro di riforme condivise una serie di altro “aggiornamenti” che condivisi non sono e che alterano il sistema costituzionale, usando la Carta, come ha denunciato Rodotà, ai limiti dell’indecenza.
E in effetti è indecente l’abuso osceno del simulacro della partecipazione: è fondamentale, si legge sul bando del nuovo concorso a premi, avere indicatori utili a valutare l’orientamento complessivo degli Italiani verso il tema pubblico per eccellenza, le riforme costituzionali. In questo modo, il processo di riforma sarà arricchito da un ulteriore elemento, l’opinione dei cittadini. La consultazione sulle riforme costituzionali – per la peculiarità del momento storico e la centralità del tema per il funzionamento dello Stato e la qualità della democrazia – rappresenta dunque un fondamentale e necessario processo di partecipazione pubblica”. Come a dire, fatevi il vostro referendum teleguidato, nel chiuso della vostra camera, davanti al vostro Pc, che è finita l’epoca di quelli veri, sul nucleare, sull’acqua, contro le leggi ad personam, ed è finita ormai anche la potenza dell’espressione popolare col voto, grazie al mantenimento infame di un sistema elettorale che rende invalicabile la distanza tra rappresentati e rappresentanti, sempre più lontani e separati, ma che graziosamente ora fingono di stare a sentire le nostre elucubrazioni di reietti sulle tre macroaree: “forma di Governo e Parlamento“, dove si affrontano, tra le altre, le questioni del presidenzialismo e del sistema bicamerale; “strumenti di democrazia diretta“, in cui si chiede ai cittadini di esprimersi su quali debbano essere le modalità per meglio interagire con le istituzioni (dalle petizioni online ai referendum); e “autonomie territoriali”, sulla riforma del rapporto tra Stato centrale ed enti locali (che fare di province e piccoli Comuni).
Certo, recita il pistolotto online di Quagliarello, i temi sottoposti sono complessi, ma possiamo stare tranquilli: la consultazione è accompagnata da supporti informativi (note, glossario e materiali aggiuntivi), e persuasivi aggiungeremmo, se li avranno predisposti i tecnici del marketing che l’hanno convinto che Ruby è la nipote di Mubarak, che il condannato è innocente e che è meglio il semipresidenzialismo di Napolitano oggi, di Violante o Berlusconi domani, che poi è più o meno la stessa cosa.
Il mio suggerimento è quello di non partecipare al referendum fasullo e taroccato, ma di intervenire in massa il 12 ottobre, per far vedere che gli italiani difendono la Costituzione nata dalle macerie della guerra ma forte e bella della giustizia della Resistenza e del nostro riscatto d’allora a capaci di ripeterlo.