Al di là della schiettezza, forse anche un po' offensiva del titolo, cerco di spiegarmi meglio.
L'evoluzione nasce spesso da un cambio di prospettiva. Vedere sotto nuova luce ciò che abbiamo avuto sempre sotto gli occhi non è una perdita di tempo, se il cambio di prospettiva include un mutamento della nostra percezione della Realtà. Se Galileo non avesse visto le parole di Aristotele sulla caduta dei gravi come un fatto falsificabile, a differenza dei suoi contemporanei che l'hanno invece considerato un dogma di fede, data l'autoritas, egli non sarebbe mai andato sulla torre di Pisa a lanciare due sfere di ferro di diverse dimensioni.
Così, quando parlo di Dio, parlo di una qualche entità divina esterna all'uomo, distante, trascendente. Tale entità sarebbe l'origine della Creazione, degli eventi della nostra vita, nonchè padrone del destino di tutte le creature. Il che implica una certa necessità di farsene una idea, e questa di solito non può che ricalcare i nostri difetti e i nostri pregi. Abbiamo immaginato dunque divinità irose, romantiche, vendicative, misericordiose. Ne abbiamo create molte, in molte generazioni.
Ed ora che abbiamo fatto molti passi in avanti nella tecnica, ma pochissimi in campo spirituale, abbiamo la possibilità di colmare questa lacuna? La domanda sembra retorica, ma non lo è. Si aprono molte strade davanti a noi, ed alcune se ne sono chiuse. Ad esempio, risulta difficile immaginare di tornare ad una spiritualità fatta esclusivamente di ritualità, e in cui il divino non entri nella vita di tutti i giorni.
Dunque, che strada prendiamo? Continuiamo a cercare fuori di noi quello che non troviamo in noi, o proiettiamo fuori di noi ciò che non riusciamo ad immaginare di noi stessi? Perchè è così difficile immaginarci soli nell'universo? Non esseri meramente materiali, ma divini, in grado di poter creare attraverso l'immaginazione, di modificare la Realtà e sfruttarne le potenzialità, senza la necessità di delegare tali incomprensibili attitudini.
A questo punto appare chiaro il senso del titolo. Non desidero offendere nessuno, ma d'altra parte non bisogna negare il fatto che continuare a confinare la divinità fuori di noi, e continuare a considerarci poco più che animali, non ci aiuta nel cammino della cosapevolezza.
Il Galileo di Brecht, alla domanda su dove fosse Dio nella sua opera, rispose: "Dentro di noi, o in nessun luogo". A differenza del personaggio storico, nell'opera teatrale lo scienziato pisano afferma con coraggio le proprie convinzioni. Saremo noi così coraggiosi da fare altrettanto?