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Prakriti e Purusha.

Da Graziano
Prakriti e Purusha.

Scogliera occidentale dell'isola d'Elba. foto G. Rinaldi

Nella prima lezione Marco Ferrini riflette sull’importanza della ricerca del sé, sul fatto che una certa quantità di persone si stanno dedicando a quei temi esistenziali che fanno la differenza tra una vita all’impronta della consapevolezza e una vita proiettata all’esterno.
Commentando il 7° capitolo della Bhagavad Gita, Marco Ferrini spiegherà nel dettaglio la “fisiologia” e la psicologia di chi si avvicina alla ricerca spirituale e di coloro che non ne vogliono sentir parlare. Spiegherà un concetto fondamentale della sapienza vedica che consiste nel considerare la mente ( manas in sanscrito) come una manifestazione della materia (prakriti), con le poderose implicazioni che questa idea comporta. Infatti se in occidente l’attività spirituale e quella della mente e dell’intelletto, vengono spesso confuse (“penso dunque sono”), ne deriva che non esiste più un nucleo originale intorno al quale ruota come su un perno la personalità umana. Nella filosofia vedica si ricompone la scissione manichea tra corpo e spirito, un’approfondita conoscenza di questo sapere può aiutare anche coloro che, immersi nella cultura analitica tipicamente occidentale, fanno fatica a concepire energie diverse da quelle “misurabili” e, d’altra parte, scredita un’innumerevole quantità di pseudo-filosofie e di facili psicologie create dal nulla su un sentimentalismo privo di qualsiasi fondamento concettuale e tradizionale.
Non dobbiamo dimenticare infatti che nell’esposizione delle sue lezioni Marco Ferrini si fa portavoce di una tradizione tra le più antiche e prestigiose dell’umanità intera, una visione teistica fondata su una conoscenza approfondita, minuziosa, a trecentosessanta gradi dell’essere umano e dell’universo nel quale l’uomo è inserito come la momentanea increspatura di un continuo divenire. Se riusciamo a prescindere dalla “mitologia” contemporanea dello scientismo e del positivismo, queste lezioni sono un inno alla libertà per gli uomini e le donne della nostra epoca che appare sempre meno liberale e sempre più invasiva e totalitaria.
Graziano Rinaldi

Fede che pensa, fede che agisce, fede che ama.
di Marco Ferrini
APPUNTI DIRETTAMENTE DALLA LEZIONE A CURA DI GRAZIANO RINALDI

01.
29 dicembre pomeriggio.
Prima lezione di Marco Ferrini .

Essere insieme per approfondire questi capitoli della Gita, quale sia la funzione della sofferenza, della gioia, dell’invecchiamento e della morte stessa, incontrarci per fare un’esperienza di questo tipo porta alla perfezione l’aspetto estetico di quest’isola (Elba) e anche la nostra compagnia non è più un fattore di mero godimento, ma uno stimolo per approfondire la nostra realizzazione.
E’ una parte rilevante anche con chi parliamo e approfondiamo questi argomenti. Al di là degli argomenti trattati farà grande differenza parlarne con persone dedite al bene o strutturate nella loro malvagità o indifferenti, di questo parleremo tra breve commentando il 7° capitolo.
Il luogo, la compagnia, la disciplina che struttura la nostra vita e principalmente l’abbandono a Dio, nell’insieme tutti questi fattori caratterizzano l’azione e spezzano le apparenze per cedere al vero. Per chi ha una buona guida e una buona disciplina questo mondo può trasformarsi in un paradiso.
In tutti i testi si sente parlare di Dio, la Bhagavad Gita è l’unico nel quale è Dio che parla, che racconta di sé. Il VII cap. ha sempre colpito Marco Ferrini per un aspetto dominante: la capacità inclusiva di Dio di detenere la materia e lo spirito, Dio come materia e spirito. Per questo esistono due categorie di innamorati di Dio: i materialisti per l’aspetto immanente di Dio e gli spiritualisti innamorati dell’aspetto trascendente, conosciuti come spiritualisti, devoti. Da Krishna provengono e confluiscono queste due categorie, non c’è separazione in Dio, tutto converge e riposa “come perle su di un filo”, la bellezza delle perle è quando trovano il modo di essere incastonate, così in Dio tutto trova la sua finzione di essere, prima che ogni cosa, ogni persona, prima che venga collegato a Dio è qualcosa di tendente al caotico, alla disunione, perfino l’intelligenza, la bellezza, la preziosità può tendere al caos.
Materia include nel messaggio della Bhagavad Gita anche manas, la psiche, il purusha soltanto fa parte dello spirito, ma non è uno spirito astratto è uno spirito che si interfaccia, si intesse con la prakriti e questa tessitura fa l’essere umano e tutte le altre creature, lo spirito è uno identico per tutti, la scintilla divina è la stessa ma opera in maniera diversa per la diversa influenza dei guna e gli altri la percepiscono in maniera diversa secondo i propri guna. La massa dell’umanità scambia gli elementi sottili per vita spirituale, gli stessi sensi che servono per percepire la materia è materia. I pensieri, l’intelletto, i sensi che così tanto dominano la vita delle persone, sono tutto prakriti, persino la struttura destinata al discernimento, l’intelletto, fa parte della prakriti. Attribuire spiritualità a ciò che è semplicemente manas, mente, significa privarsi dell’esperienza spirituale, per cui le esperienze nella mente vengono scambiate per esperienze spirituali, ma ne sono solo una sbiadita immagine riflessa, La letteratura sacra e profana attribuisce grande importanza a manas perché le persone sono identificate col manas, ma il manas non ha nessuna importanza, nessuna energia senza che voi non gliela diate con le vostre identificazioni. Quando si parano davanti forze che appaiono indomite, paure, inquietudini, forze che incutono sgomento e disperazione, senso di impotenza, sappiate che è tutta un’illusione, è come la proiezione di un mostro, se si spenge la proiezione il mostro scompare, la psiche non ha nessuna forza, possiede la forza delle nostre identificazioni, non possiede una potenza in sé, quella potenza è a vostra disposizione. La psiche non ha nessuna energia indipendente da noi, è solo un proiettore sul quale scegliere le immagini da proiettare, altrimenti saremo costretti a sorbire le immagini lanciate dalla mente, allora compaiono i brandelli di personalità, i fantasmi della memoria, tutti i fatti irrisolti della vita. La prakriti può essere trasformata in un farmaco potente, non lasciatevi spaventare dalle memorie, se lavorano per noi. Nessuno può mettere le mani alla prakriti senza abbandonarsi a Dio, per avere successo a manipolare la prakriti la condizione è riconoscere Dio come colui che tutto sostiene, allora si ristabilisce la serenità, l’animo gioioso, shanti, la serenità, la pacificazione, “per tutti” perché chi lavora solo alla “sua” non funzionerà, non ha capito che shanti è per tutti non e ha capito il VII cap. che ha un grande messaggio: Dio è immanente e trascendente.
In molte tradizioni c’è una spaccatura tra Materia e spirito, il diavolo e Dio, ma il diavolo è la proiezione dell’ombra.
Shloka 5. Al di là della prakriti, il modo fisico e psichico, esiste un’energia diversa e superiore, quella della vita, jiva (vita), purusha (coscienza, entità, ente), atman (nucleo essenziale non divisibile, irriducibile ma sempre identico a se stesso, non trasformabile), sebbene possa identificarsi con i sensi e la mente e vivere l’incubo della vita incarnata, proprio perché soggetta alle proiezioni della propria mente.
S. 6. Due concetti, antaranga shakti è l’energia della coscienza a cui noi apparteniamo dal punto di vista spirituale, bhairanga shakti è la categoria alla quale apparteniamo per l’involucro psico-fisico.
S. 8. nell’umano Krishna è l’essenza del purusha, nell’acqua è il sapore (l’essenza, il rasa), lo splendore nel sole e nella luna che sono belli per lo splendore che emanano, i materialisti si innamorano follemente dell’aspetto immanente di Dio, non sono poi così lontani dagli spiritualisti ma rinnegano l’energia superiore, non c’è contrapposizione tra materia e spirito, non è da condannare il mondo, c’è da aggiustare le nostre percezioni, il paradiso e l’inferno se lo crea l’uomo, non c’è nessuna guerra tra anima e corpo come nei padri del deserto. Nella visione dello yoga il corpo è uno strumento meraviglioso per fare il più meraviglioso viaggio verso la realizzazione spirituale. Non abbiamo da avere in dispregio il corpo, la materia, il modo, c’è da capire cosa vogliamo fare nella vita.
Nel Vecchio Test Dio crea dal nulla e in gran parte questa idea è rimasta nel cristianesimo, ma nell’antica filosofia greca, non solo nel mito, ma anche in Platone ed Aristotele c’è una materia informale cui Dio dà forma, questo anche in Dante, i pianeti danno forma e gusto a questa materia primordiale, per cui Dio non opera dal nulla, ma opera come il Supremo demiurgo che modella questa materia, l’uomo prende parte a questa creazione, può fare cose elevate da fare invidia agli angeli o cose così abiette da non sopportare la presenza dei deva.
La Gita nell’VIII spiega che la prakriti è eterna, Dio l’ha creata insieme al purusha. Prakriti esiste da sempre e per sempre in certe fasi come aviakta (non manifesta) in altre come viakta (manifesta), l’energie psichiche e gli ingredienti materiali del mondo fisico esistono sempre, questo è il pradhana, la materia nella sua fase amorfa, sarà l’interazione del purusha con la prakriti a trasformare aviakta in viakta, se lo comprendiamo davvero dà ad ognuno di noi il ruolo di protagonisti, il purusha ha l’opportunità di modellare la prakriti secondo il proprio interesse, qui non si parla di subire un destino, il mondo. Essere protagonisti, avere il destino nelle proprie mani, ogni mossa che fai ci sono le conseguenze, un desiderio, un pensiero, una riflessione, un ragionamento, la pronuncia di una parola, sono mosse, spostamenti, mettono in moto un processo.
S. 9. Qui dice che Krishna è la determinazione, perché per compiere ascesi è necessaria determinazione, tapas, il calore dell’ascesi è più sottile ma non è molto distante dal calore del fuoco perché nasce in chi ha il cuore riscaldato, in chi ha tejas, in colui che è capace di vivere con l’ardore ascetico. L’ascesi dell’asceta è più fine del calore del fuoco. Krishna è l’ardore dell’ascesi, mezzo straordinario per purificare i sentimenti e la ratio.
S. 10. Il mondo gira a causa di kama raga, la ruota del karma è messa in moto da kama raga, kama è il desiderio per ciò che è concepito ma che non c’è, raga è l’attaccamento a ciò che c’è, spostare kama raga su Dio è la perfezione dell’esistenza, distoglierlo da Dio è l’origine di tutto l’incatenamento. Krishna è la forza del forte priva di kama raga, non ha attrazione-repulsione, mentre tutta la forza che è condizionata dall’attaccamento-repulsione lavora contro. Quando kama raga è tutta applicata nell’adorazione del Signore è pienamente nel dharma, è benefico, ma quando è applicata alle percezioni kama raga produce attaccamento e repulsione. Kama è la libido, l’eros in senso junghiano, Freud lo definirebbe impulso sessuale, in senso proprio è l’attrazione per ciò che genera bramosia, in sé non è contraria al dharma, Krishna dice di essere quello. Se la bramosia per ciò che è bello non è contraria al dharma, non c’è da turbarsi.
Qui Krishna dice che Lui è quel kama raga che non è contrario al dharma, se riusciamo a ricollegarlo a Dio nella modalità dell’offerta, quel kama raga non creerà nessun problema.

Domande.
La Gita è preclusa ha chi ha degli scompensi psichiatrici?
Anche se non si è persone di grande intelligenza, colta, di spirito profetico, è sufficiente abbandonarsi a Dio. C’è sempre un doppio binario: ciò che è connaturato a noi e ciò che dipende dalla compassione infinità del Signore, dedicarsi a Lui con devozione, in modo più o meno dinamico, pura, produce la salvezza, ovvero la gioia essenziale che non dipende da nessuna condizione esterna. E se qualcuno nascesse in maniera così disastrata in quanto a funzioni neurologiche, subumana, neanche questo deve essere causa di smarrimento, questa esperienza è propedeutica a qualcos’altro, serve alla persona e a chi gli sta intorno. Nessuno deve cogliere questa vita se non come un punto di una infinita cucitura, ciascuno raccoglie l’esito di quello che ha seminato. Tutti gli errori possono essere corretti.


Tagged: csb, Cultura vaishnava, marco ferrini

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