” Copriti, che ti si vede il cuore”
Quante volte senza volerlo “copriamo” il nostro cuore? Innumerevoli, finendo per nascondere a noi e agli altri i nostri sentimenti, persino quelli che più potrebbero farci onore. In una società che è continuamente occupata a fare cose, a produrre, a dimostrare di essere “utile”, l’abbandonarsi al sentimento, alla comunicazione empatica sembra sempre più strano.
Spesso si finge di essere più “duri” di quello che si è anche per paura di essere a propria volta feriti. In questo modo si distorce la comunicazione con gli altri e si alimenta una spirale di reciproco sospetto e di ostilità, per non parlare della competizione, specialmente negli ambienti di lavoro.
Ascoltare invece il nostro bambino interiore porta senz’altro grandi benefici dapprima alla persona, portando alla luce sensazioni e bisogni esistenti nel nostro inconscio ma represse, e successivamente all'”altro da sè” con cui siamo in relazione: parenti, coniuge, figli, amici , conoscenti, colleghi, e via via così, allargando le cerchie di relazioni.
Un individuo più felice è in grado di mettersi in gioco avviando per primo una comunicazione empatica, in cui la compassione, intesa nel senso etimologico “cum patior”, soffro con, sia la chiave di volta di un reciproco riconoscimento della condizione umana e del senso di solidarietà e di rispetto tra le persone.
Alcuni piccoli passi sono rappresentati dalle pratiche del “caffè sospeso”, in vigore a Napoli e pian piano adottato in altre città, e dalla filosofia di vita racchiusa nello slogan ” Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”, proveniente dagli Stati Uniti ed imitato già da qualche anno in tutto il mondo.
“In una gelida giornata invernale a San Francisco, una donna arriva al casello del pedaggio per il ponte sulla baia. “Pago per me e per le sei auto dietro di me”, dice con un sorriso. Uno dopo l’altro, i successivi sei automobilisti che arrivano al casello, dollari in mano, si sentono dire: “Una signora lì davanti ha già pagato il biglietto per lei. Buona giornata”. La donna dell’auto aveva letto qualcosa su un biglietto attaccato ad un nastro adesivo al frigorifero di un amico: “Praticare gentilezza a casaccio e atti di bellezza priva di senso”. La frase risuonò profondamente in lei e la ricopiò. Ora la frase si sta diffondendo, su adesivi, sui muri, in fondo alle lettere e ai biglietti da visita, sulle pagine di facebook, sui blog, sugli articoli. Ma soprattutto nella vita reale.
A Portland, nell’Oregon, un uomo infila una moneta nel parchimetro di uno sconosciuto appena in tempo per non fargli prendere la multa. (A Portland c’è un parchimetro per ogni posto auto) A Patterson, nel NewJersey, una dozzina di persone con secchi e stracci e bulbi di tulipano calano su una casa cadente e la ripuliscono da cima a fondo mentre i fragili e anziani proprietari stanno a guardare, sbalorditi e sorridenti. A Chicago un adolescente è intento a spalare un vialetto d’accesso quando lo coglie l’impulso: che cavolo, non mi vede nessuno, pensa, e spala anche il vialetto del vicino. Praticare gentilezza a casaccio e atti di bellezza priva di senso: un’anarchia positiva, un disordine, un disturbo piacevole.
Gli atti di bellezza privi di senso si diffondono: a Roma un uomo anziano pianta giunchiglie, oleandri e altre piante verdi lungo la strada, aiutato da un giovane extracomunitario. A Seattle un uomo si autonomina unico addetto al servizio d’igiene e vaga per le colline di cemento raccogliendo spazzatura in un carrello da supermercato.” (cito dal blog di Anne Herbert)
Dicono che non si possa sorridere senza rallegrarsi un po’; allo stesso modo non si può compiere una gentilezza a casaccio senza sentirsi come se i propri guai fossero più leggeri, se non altro perché il mondo è diventato un luogo leggermente migliore. E l’ecologia mentale spetta proprio a ciascuno di noi, schiudendo il cuore agli altri e faendo sorridere il bambino interiore che è sempre dentro di noi.
Buona settimana dal vostro Angelo Harielle :D