Magazine Lavoro
Atipici a chi E' una ricerca che traccia uno scenario davvero non tranquillizzante. L'iniziativa è partita dal sindacato dei pensionati della Cisl (la Fnp guidata da Ermenegildo Bonfanti) e affidata a Stefano Palumbo (S3.Studium). E' il frutto di un lungo "confronto di gruppo", dal febbraio al maggio 2012, anche attraverso i contributi di studiosi come Maria Cristina Antonucci, Carlo Borgomeo, Alberto Castelvecchi, Stefano Epifani, Carla Facchini, Mauro Magatti, Alessandro Rosina, Federico Spandonaro, Francesco Stoppa. Ma che cosa dice questa "Indagine previsionale" su “Generazioni. Giovani e anziani nel 2020”? E’ difficile sintetizzare qui un’elaborazione di oltre 140 pagine. Ma il quadro che ne esce è inquietante. Se ad esempio qualcuno pensasse che, magari sull’onda delle autocritiche della ministra Fornero, le regole del lavoro verranno cambiate nel prossimo decennio, dovrà ricredersi. “Le regole del lavoro diverranno nei prossimi anni ancora più flessibili”. E ancora: “I giovani italiani si troveranno da qui al 2020 schiacciati da: una condizione economica pesante; la difficile ricerca di un lavoro stabile che rappresenti anche un’occasione di sviluppo del potenziale individuale, oltre che una fonte di reddito; l’incertezza per il futuro e quindi la seria difficoltà di pianificazione delle scelte più importanti”. Non solo: “L’utilizzo massiccio di contratti atipici e sottopa- gati” andrà a discapito “della formazione, della produttività, della capacità di innovazione”. Un bel futuro. Anche se è prevista “una seria riforma degli ammortizzatori sociali”.
E gli anziani? Anche la condizione degli anziani pensionati “risulterà peggiore e più incerta”.
Una sorte malevola è riservata altresì ai contratti di lavoro, come se non bastassero le manomissioni alla Marchionne. Leggiamo che “andranno fortemente attenuandosi tutte le forme di regolamentazione, compresi i contratti collettivi di lavoro.” Insomma “la tendenza alla deregolamentazione proseguirà nei prossimi anni. Verrà operata una forte semplificazione dei contratti di lavoro”. Qui i ricercatori per fortuna pongono un piccolo limite: “non si arriverà ad avere solo contratti di lavoro individuali”. Fatto sta che “Le forme contrattuali del settore privato, genereranno lunghi percorsi d’instabilità professionale… L’accesso ai contratti a tempo indeterminato continuerà a essere l’esito di un lungo percorso di precarietà, in cui il datore di lavoro rappresenta il soggetto più forte e deciso”.
A un certo punto della ricerca si usa, sempre a proposito dei precari un titolo caro ai carcerati “Fine pena mai”. Come a dire che per loro c’è l’ergastolo, non c’è altra speranza: “La precarizzazione dei giovani si accentuerà e tenderà a diventare cronica: gran parte di loro si troverà normalmente fino ai trent’anni in condizione di preassunzione”.
Malgrado questi scenari il “rifiuto della politica” raggiunto il suo picco negativo verso il 2020 tenderà ad attenuarsi. Fatto sta che per ora giovani e anziani propenderanno per la partecipazione a forme di associazionismo articolate. Non si salvano nemmeno i sindacati: “…Nonostante gli sforzi effettuati, avranno difficoltà a intercettare e offrire rappresentanza ai lavoratori atipici”. Così “la presenza sociale del sindacato diminuirà; si verificherà uno spezzettamento della rappresentanza sindacale”. I sindacati verranno considerati: spesso troppo vicini a modi di far politica centralistici, burocratizzati e distanti dai cittadini; a volte incapaci di un reale ascolto delle problematiche e delle persone”.
Profezie fantasiose? La speranza è che vengano smentite. Resta il fatto che la ricerca promossa dal Fnp-Cisl e presentata a un recente “Festival delle generazioni” a Firenze, merita di essere discussa e approfondita. Anche perché non è frutto di quattro menti estremiste.
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