Magazine Lavoro
Una battaglia sindacale nazionale, una “vertenza” per conquistare, in ogni luogo di lavoro dove convivano dipendenti e precari, un salario minimo contrattuale agli atipici. Conclude con questa proposta un lungo saggio di Gianni Principe già dirigente Cgil e poi dell’Isfol) su http://molise11.blogspot.it.
Una riflessione interessante che parte da una premessa: il futuro dei più forti, quelli che per ora hanno un posto fisso, è strettamente collegato al futuro dei precari. L’autore spiega come nella sua non breve esperienza sindacale ha dovuto spesso vincere resistenze e pregiudizi. Ad esempio ogni qualvolta si trattava di organizzare i precari impegnati all’interno stesso del posto di lavoro. E spesso si sentiva dire: "Non è il caso di dar loro la tessera, potrebbero considerarla come una sorta d’impegno per l’assunzione".
È citato il caso della sanità negli anni 90 quando doveva crescere negli ospedali l’offerta sia di servizi qualificati da parte di personale infermieristico sia di servizi «alberghieri», senza far lievitare i costi. Allora si è «by-passato il vincolo contrattuale, relativamente oneroso, con un’invasione di cooperative sociali, il cui personale era sottopagato e soggetto al ricatto dei licenziamenti (con un tasso di sindacalizzazione, inevitabilmente, molto più basso)». Con conseguenze pagate anche dai dipendenti pubblici.
Gianni Principe cita poi l’esperienza dell’associazione «XX maggio-flessibilità sicura», costituita dal 2007 all’interno del Forum lavoro del Pd presieduta da Aldo Amoretti e animata da Davide Imola. Sono state avanzate da tale associazione una serie di proposte di modifica del testo della riforma Fornero, non sostenute però dalla necessaria mobilitazione.
È in atto invece, rammenta, per iniziativa della Cgil, una campagna importante fatta di volantinaggi, presidi, assemblee, qualche sciopero. Qui però, secondo Principe, mancano concrete proposte di modifica. «Contiene solo una critica, radicale, dura, inflessibile, a tutto ciò che non va del ddl lavoro». Così come mancano vertenze strettamente sindacali per tutelare redditi e condizioni di lavoro nelle situazioni specifiche, concrete. E stenta a emergere l’individuazione di obiettivi politici, che richiederebbero «percorsi e strategie rivolte verso le istituzioni».
Sarebbe necessario, insomma un rapporto costruttivo tra soggetti sociali (i sindacato) e le istituzioni politiche, magari attraverso associazioni come la citata «XX maggio flessibilità sicura», per far marciare assieme capacità organizzativa e mobilitante e proposta di cambiamento, attivazione di alleanze politiche. Magari organizzando quella «vertenza nazionale» di cui si diceva all’inizio. Per impedire, osserva Principe, un finale già scritto: «Con qualche novità positiva ma con tante aspettative deluse».
ht