Precariato: più controlli contro gli abusi

Creato il 02 aprile 2014 da Propostalavoro @propostalavoro

La buona notizia è che il Ministero del Lavoro ha deciso di impegnarsi ancora più incisivamente nella tutela dei lavoratori precari, quella cattiva è che, come al solito, la direzione della manovra lascia abbastanza perplessi.

Se da un lato, infatti, la nota "Partite IVA e Co.co.pro" del 1° aprile ha il merito di riporate il nodo della questione sulla tutela dei lavoratori impiegati con partite IVA o contratti a progetto, dall'altro non dice, salvo accennare a "semplificazioni e revisioni normative" come intende garantire contro gli abusi questi lavoratori.

È più che apprezzabile, infatti, riconoscere a lavoratori genuinamente autonomi e autentici collaboratori un proprio status legittimo (e non dare per scontato che siano lavoratori dipendenti mascherati), ma bisogna vedere come. La mossa peggiore sarebbe dar loro più tutele sul posto di lavoro, quando la loro richiesta è di averne sì, ma sul mercato del lavoro.

C'è differenza, eccome. Mentre un lavoratore subordinato dipendente (che non vuole accollarsi il rischio di impresa) aspira al posto fisso ed alla tutela contro il licenziamento arbitrario, un collaboratore/autonomo ha tutto l'interesse a svincolarsi quanto più comodamente possibile, a trovare subito un nuovo committente e soprattutto a non pagare di tasca propria tutte quelle tutele (vedi in primo luogo i contributi e in seconda battuta gli  80€ renziani) assicurate al primo tipo di lavoratori. Provare a vedere la tassazione sulle partite IVA per credere.

Sosteniamo sempre che le formule "saremo tutti imprenditori di noi stessi" e "il lavoro subordinato, dipendente e fisso è morto" lasciano il tempo che trovano. Per quanto la semplificazione del lavoro - anche la migliore, come quella contenuta nella proposta di codice dei giuslavoristi Pietro Ichino e Michele Tiraboschi con la collaborazione di altri 200 "addetti ai lavori" - vada in questa direzione, è impossibile prescindere da alcune considerazioni: cioè che imprenditore e dipendente sono due mestieri diversi e che la libertà di scegliere quale tipo di lavoro praticare (se subordinato, autonomo o collaborativo) è un diritto che deve essere garantito.

Altra pecca della nota ministeriale del 1 aprile è la dichiarazione del ministro Poletti, secondo il quale «le modifiche apportate alla regolamentazione del contratto a termine rendono molto più agevole il ricorso a questa tipologia che mentre 'mette al riparo' l'imprenditore dal rischio di contenziosi garantisce al lavoratore le stesse tutele del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato». È una delle illusioni in cui cascano sempre i politici: credere che basti un decreto a creare una cultura.

Lo sfruttatore è sfruttatore: se può assumere con un contratto a lui più vantaggioso non starà a guardare la liberalizzazione dell contratto subordinato a termine, e un precario resterà sempre un precario nella sua impresa. Sarebbe stato più efficiente eliminare ogni forma contrattuale para-subordinata, ma – alt! - il provvedimento oltre che drastico sarebbe stato profondamente ingiusto per quei lavoratori che, come dicevamo, effettivamente intendono lavorare da autonomi.

Non resta quindi che augurarci che i controlli degli ispettori del lavoro vadano a buon fine, non solo nell'interesse di chi è ingiustamente sfruttato, ma anche e soprattutto per tutti coloro che vorrebbero vivere liberamente del proprio contratto di collaborazione o del proprio lavoro autonomo.


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