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Monti e la Cgil arcaica

Da Brunougolini

Monti e la Cgil arcaicaNel testo dell’agenda di Monti, sotto il titolo “cambiare l’Italia, riformare l’Europa”, non compare mai la parola “precarietà”, riferita a un fenomeno che pure inquieta drammaticamente un esercito di giovani e non più giovani. Così come, del resto, non compare mai, la parola “cassintegrati”. Sono evidentemente considerati vocaboli desueti, frutto, per usare un passaggio polemico della conferenza stampa del premier uscente, nei giorni di fine d’anno, di una “Cgil nobilmente arcaica”. Nella visione montiana quel che conta è una società del futuro dove ragazze e ragazzi passano da un posto di lavoro all’altro tutelati e contenti.
Una visione avveniristica che nulla ha a che fare con la dura realtà dei nostri giorni totalmente ignorata dall’”Agenda”. La quale, certo, allude a un futuro dove, ad esempio, i contratti ballerini non saranno a cadenze mensili ma dovranno durare almeno un anno. Così come si difende a spada tratta la riforma Fornero ma si ammette, come se fosse un nonnulla, la mancanza di ammortizzatori sociali o l’assenza di contenuti formativi per gli apprendisti mentre si torna al ritornello del dualismo da superare tra lavoratori protetti e non protetti. E’ la tesi cara a Pietro Ichino per cui quelli che ora hanno un posto (più che fisso traballante) dovrebbero sostanzialmente compiere un atto di rinuncia a certe loro tutele (vedi articolo 18) per dividerle con chi di tutele non è ha alcuna. Una specie di mantello di San Martino da fare a pezzi tra poveri sotto gli occhi benevoli di moderni cavalieri.
Un modo, in tal guisa, per uscire dal mondo arcaico della Cgil. Uno sguardo sull'altro mondo, quello moderno caro al professor Monti é rintracciabile in numerosi studi. Uno degli ultimi volumi dato alle stampe porta come titolo "La resistibile ascesa del lavoro flessibile" (Ediesse). L’autrice, Grazia Moffa, indaga in particolare sul rapporto tra flessibilità e quel fenomeno che passa sotto il nome di “incidenti sul lavoro” (rinominati dalla Moffa “caduti sul lavoro”). Il volume riporta, accanto alla prefazione di Francesco Calvanese, un interessante intervento di Mireille Bruyère, tra le ispiratrici di alcuni punti delle linee programmatiche di Francois Hollande. E’ lei che si chiede, quasi rispondendo a Monti, se la logica della flessibilità del lavoro sia “il simbolo ineluttabile della nostra modernità o la conseguenza di specifiche scelte politiche ed economiche". Per spiegare poi come si sia passati da un capitalismo industriale a un capitalismo prevalentemente finanziario, superando il compromesso fordista che cercava un equilibrio tra capitale e lavoro. Questo è avvenuto per ristabilire una redditività del capitale venuta meno. Così oggi “la forte pressione finanziaria spinge alcuni dirigenti a trattare la salute dei lavoratori come un fattore di produzione che può produrre un valore per l'azionariato". C’è stato del resto, ricorda Mireille, un presidente del Medef (la Confindustria francese) che ha osservato: "La vita, la salute, l'amore sono precari,perché il lavoro non dovrebbe esserlo?".
Non importa se tutto ciò porta davvero a un ritorno a tempi arcaici. Nelle testimonianze e nella ricerca pubblicata da Grazia Moffa emerge come la sicurezza sul lavoro (tema tanto caro al presidente Napolitano) vada in crisi dove prolifera il lavoro informale e sommerso,dove sindacato e organismi di controllo stentano ad arrivare. Mentre spesso “dietro queste forme moderne di contratti si nascondono le vecchie condizioni di lavoro nero, ad esempio il capolarato”. Cosí capita spesso che aziende fruitrici di lavoratori in affitto siano deresponsabilizzate rispetto ai compiti di formazione e informazione. Per non parlare del fatto che la "perenne incertezza sulla continuità lavorativa e la conseguente instabilità economica costituiscono fattori" di malattie come lo stress che influenzano le prestazioni e sono cause di malattie vere e proprie. Insomma la flessibilitá esasperata non permetterá, come dicono i tecnici montiani,di cascare nella noia, ma incide gravemente sull'integritá psico-fisica delle persone. È finisce per rallentare la produttività e aumentare i costi sociali, tanto per toccare quel tasto economico che sollecita così fortemente i custodi del rigore assoluto.

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