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Precious: imparare l’amore

Creato il 14 dicembre 2010 da Abattoir

Che cos’è l’amore?

Tutti gli esseri pensanti prima o poi se lo sono chiesti, di solito durante l’età delle domande. Le risposte presto o tardi si fanno trovare, oppure non si palesano mai, ma, direbbe Benni, “prima o poi l’amore arriva”. Per tutti? No. Soltanto alcuni eletti possono vantare la conoscenza dell’amore: figli amati dai genitori, bambini felici, coppie di innamorati, anziani che hanno passato la loro vita dividendo pane e aria, genitori amati dai loro pargoli, cani adottati e coccolati, amici che si dedicano giornate intere, o anche soltanto un’ora, ma l’ora che ti salva.

Alcuni pochi fortunati eletti. Gli altri parlano d’amore, ma non lo sanno cos’è. Sono come bambini che formulano ipotesi, si fanno congetture, si stampano un’idea e in base a quella tirano avanti, convinti di aver capito, convinti che il mondo vada così. Esistono addirittura persone che associano all’amore gesti di violenza, insulti, abusi, e altre crudeltà, in strane perverse convinzioni, per le quali è amore anche picchiare a morte la propria moglie, o insultare il proprio compagno, eccetera.

Accade qualcosa di simile a Clarissa Precious Jones, protagonista di Precious, il nuovo film di Lee Daniels. La storia è ispirata al libro di Sapphire, e narra le vicende di un’adolescente semi analfabeta, maltrattata dalla madre e violentata a più riprese dal padre, madre di una bambina down, e incinta di un secondo figlio, entrambi frutto dell’incesto. La sua vita va avanti tra le angherie dei genitori, la violenza della società rappresentata dai bulli di Harlem, la vita da invisibile a scuola, e un mondo immaginario nel quale la ragazza si rifugia nei momenti peggiori. In questo mondo tutto lustrini e applausi, lei sorride, sfacciatamente felice, amata, adorata, idolatrata come una star televisiva, e indubitabilmente bella. Dura tutto pochi minuti, poi Precious viene ricatapultata nella realtà squallida nella quale vive, nella vita della madre, teledipendente e tendenzialmente obesa, dall’insulto facile, e lanciatrice di padelle senza motivo. L’unica via di fuga è la scuola, che però non riesce a insegnarle molto, e che alla fine la rifiuta, a causa della seconda gravidanza.

Precious, allora, scopre l’esistenza di una scuola speciale per ragazze problematiche, Each one teach one, dove incontra un’insegnante illuminata che le insegna, finalmente, a leggere e scrivere, e riesce a tirarle fuori la verità sulla sua famiglia.
L’educazione, dunque, appare l’ancora di salvezza. La cultura fornisce alla protagonista i mezzi per emanciparsi dalla famiglia, da quei vincoli viscerali che la tenevano schiava di ignoranza e morbosità.

Il tema dell’amore viene declinato nelle sue forme più buie, sadiche e aggressive: la ragazza non riceve affetto di alcun genere dai genitori ma il contrario, scherno, violenza, abusi sessuali. I rapporti sono quasi sempre sadici, la ragazza subisce, ma anche è artefice di sottomissioni: chiama la figlia down Mongo, ed è sempre rude con una ragazzina che vive nel suo palazzo. Gli affetti principali le sono negati: non ha amici, non ha mai avuto un ragazzo. La madre la accusa di averle rubato l’uomo, il padre vorrebbe sposarla, in un circolo vizioso malato di squallore e crudeltà, che di amore non ha nulla. La famiglia, che dovrebbe essere luogo per la maturazione emotiva e sentimentale della ragazza, è invece covo di patologia e perversione. In una scena molto toccante è Precious stessa a dirci che l’amore l’ha picchiata, violentata e fatta ammalare, e queste parole apparentemente sono una denuncia cupa e senza speranza di una vita passata nel dolore.

Il punto è che dietro quelle parole dobbiamo leggerci un senso: l’amore non è quello. L’amore non picchia, non umilia, non violenta. E nessuno dovrebbe accettare di vivere amori così, perché siamo tutti “preziosi”.


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