Michela Marzano
Sii bella e stai zitta
Perché l’Italia di oggi offende le donne
Mondadori, 2010
In estrema sintesi, un saggio con due pregi: il primo è un linguaggio concreto, discorsivo, non specialistico, programmaticamente chiaro e alla portata di tutti. Anche, poniamo, di una ragazza delle scuole superiori senza alcuna nozione di filosofia. Il saggio che fanciulle come Karima o Maristelle potrebbero (e dovrebbero, negli auspici redentori della sua Autrice) leggere e capire senza difficoltà facendosi la french manicure.
Il secondo è che, incontestabilmente, parte con pragmatismo da problemi reali, quelli accennati nell’introduzione (pp. 8-9): disparità salariali, mancanza di pari opportunità, enormi carenze del welfare.
Pregi che tuttavia non ne compensano le lacune: in primo luogo un impianto generale basato su affermazioni apodittiche, generalizzazioni, banalizzazioni, spesso lasciate indimostrate, e a fronte di pochissimi dati statistici. Il che, da parte di una filosofa, lascia quantomeno perplessi.
In secondo luogo, il saggio appare pleonastico rispetto a testi già ampiamente diffusi come Il secondo sesso, Dalla parte delle bambine e i documentari Il corpo delle donne e Videocracy – Basta apparire.
Infine il libro promette e non mantiene, a partire dal sottotitolo (Perché l’Italia di oggi offende le donne). Se si dichiara di voler dimostrare che un determinato Paese tratta le donne in modo più offensivo degli altri, non si può poi, per la quasi totalità dei capitoli, dissertare di fatto di problemi comuni alle donne di tutto il mondo, o addirittura molto più gravi altrove.
A meno che il sottotitolo non sia stato imposto all’Autrice dall’editore italiano (Mondadori: honni soit qui mal-y pense!) per aumentarne l'appeal sul mercato nazionale, ma il risultato non cambia. Abbiamo sempre una filosofa che sceglie di fare filosofia e sociologia nello stesso libro, e le fa in modo frammentario, superficiale e al di sotto dell’importanza dei temi che ha deciso di trattare.
CAPITOLO 1 – Che cos’è una donna
Rinfrescata sulle principali teorie femministe circa l’identità femminile. Utile per chi, come me e molti miei coetanei o più giovani, non conosce direttamente i testi sacri del femminismo. Superfluo per tutti gli altri.
CAPITOLO 2 – C’era una volta la clandestinità
Inizia ponendo l’accento su una criticità reale (le assurde, estenuanti polemiche italiane al momento dell’introduzione della pillola abortiva RU486), ma poi prosegue confrontando le varie posizioni etiche sull’aborto, senza dire nulla di nuovo. E ricordiamo (lo ricorda l’Autrice stessa) che negli Usa la violenza degli antiabortisti è ben più pericolosa che da noi.
CAPITOLO 3 – Ogni donna è madre
A parte l’annosa questione delle vergognose carenze del welfare italiano per la madre e per la famiglia (che vengono appena accennate), il capitolo tratta in realtà la tematica dei pro e contro della maternità, dalla donna-vaso dell’antica Grecia, alla maternità sacralizzata del Cattolicesimo, al femminismo. Interessante, ma siamo di nuovo fuori tema.
CAPITOLO 4 – Madonne e puttane
Ove si passa da una bella canzone di Jovanotti alla (tuttora valida per molti uomini) teoria freudiana della doppia morale. Continua però a restare indimostrata la presunta specificità dell’offesa italiana alle donne, e per di più si tira in ballo un concetto alquanto superato della pornografia: quella dove la donna è sempre e solo oggetto, ricettacolo passivo, “Afrodite volgare”.
CAPITOLO 5 – Non ho fiducia in me
Lo sconcerto cresce. Ovviamente ha ragione la Marzano nel sostenere che l’autostima [come il coraggio di don Abbondio] se non ce l’hai, nessuno te la può dare; e capisco che sia sconvolgente vedere i suoi tesisti maschi sempre convinti di aver scritto tesi geniali, e le tesiste che di norma si svalutano. Però sembra di rileggere Dalla parte delle bambine, quindi che bisogno c’era?
E poi dubito fortemente che l’autostima sia prerogativa di tutti i maschi e il suo contrario appannaggio di tutte le donne. Soprattutto nelle bambine di oggi, ma anche tra le adolescenti e oltre, a ben guardare, personalmente vedo sempre più assertività, sfrontatezza, coraggio, fino agli estremi dell’arroganza e del bullismo fisico o psicologico, nonché alla manifestazione più ridicola dell’essere umano: quella del non dubitare mai di sé e di essere dalla parte della ragione.
E intanto, dell’Italia non si è parlato.
CAPITOLO 6 - Malessere nell’adolescenza
Un capitolo di enorme vaghezza, senza una tesi che sia una, pura fenomenologia, con la ciliegina sulla torta di La pianista della Jelinek. Si intuisce sempre più che il saggio è indirizzato a un target ben preciso; le adolescenti.
CAPITOLO 7 – Fashion dolls: piccole donne crescono
Pertinente, ma non apporta nessunissimo elemento di novità rispetto al documentario Il corpo delle donne di Lorella Zanardo, che infatti cita.
CAPITOLO 8 – Cercasi amore disperatamente
Dove si cerca di riassumere in tre (3) pagine che cos’è l’amore. Siamo alla follia. E, ancora una volta, l’argomento non c’entra nulla con il titolo, visto che la fisiologia e la patologia dell’amore, come rammenta saggiamente l’Autrice stessa parlando di gay, non risulta siano privilegio di un sesso o di una preferenza sessuale.
CAPITOLO 9 – Quello che la pornografia non insegna agli uomini
Uno dei capitoli più deboli, che amplia una tesi già accennata nel cap. 4. Se le riflessioni sulla caduta del desiderio mi trovano sostanzialmente d’accordo, il resto lascia perplessi. La Marzano ignora del tutto, nella sua disamina, l’esistenza di una ricca letteratura erotica e pornografica (narrativa e saggistica) scritta sia da uomini che da donne, della quale le donne sono sempre più volonterose fruitrici. Così come ignora tutte le altre forme non cinematografiche di pornografia: le chat line, il sesso telematico, i fumetti... Tutto materiale moralmente condivisibile o meno, ma esente dalla violenza spesso presente nel cinema porno.
Settore che poi non è affatto monopolio maschile, né nella domanda né nell’offerta, vista la nascita negli ultimi anni di prodotti esplicitamente pensati dalle donne per le donne, ad opera di registe come la svedese Erika Lust, l’inglese Anna Span, la francese Virginie Despentes, l’italiana Monica Timperi e molte altre. Non che abbia visto i loro film e sia in grado di valutarli, ma se ne parla da anni: basta fare un giretto in rete per accorgersene.
CAPITOLO 10 - Il declino dell’impero patriarcale
A pag. 87 leggiamo finalmente qualcosa di pertinente all’oggetto del saggio; pertinente e sacrosanto, sia chiaro. Si parla qui di stupro e di violenza domestica. Si cita qualche magra statistica e compare una dichiarazione di Berlusconi del 2009 rilasciata all’indomani di alcuni gravi casi di stupro a Roma; una delle tante dichiarazioni becere del nostro (“Dovremmo avere tanti soldati quante sono le belle ragazze”) tanto per misurare la distanza tra il problema e il governo.
CAPITOLO 11 – Quell’uomo ci offende
Collegato organicamente al cap. 7: si parla ovviamente del noto insulto berlusconiano alla Bindi e del conseguente appello lanciato dall’Autrice e da altre intellettuali per la dignità della donna. Appello che firmai anch’io.
Tutti concetti sottoscrivibili, e finalmente siamo in tema, ma il saggio ne avrebbe guadagnato in incisività se fossero arrivati prima e se fossero stati approfonditi. Snocciolati così, sembra di leggere la riduzione su carta de Il corpo delle donne (e dàgli).
CAPITOLO 12 – Maschi e femmine: trans della discordia
Personalmente non mi ha svelato nulla di nuovo, ma ben venga un ripasso. Solto che non c’entra nulla con la presunta oppressione delle donne italiane, se prescindiamo dal richiamo, ormai folkloristico, al caso Marrazzo.
CAPITOLO 13 – Il soffitto di cristallo: scacco matto sul lavoro
Sarebbe anche utile, ma nello specifico, alla situazione italiana non fa che deboli accenni. Approccio superficiale, carenze di dati, e infine la proposta di soluzioni di desolante astrattezza (la “solidarietà femminile”, il “fare rete”).
CAPITOLO 14 – Bisturi, bisturi delle mie brame
In teoria è tutto condivisibile; in pratica lo si legge con un fastidioso senso di già sentito e di banalizzazione un tanto al chilo (di silicone).
CAPITOLO 15 – Mia madre ha sessant’anni
Complementare al cap. 14, si propone di infondere buonsenso e saggezza nell’accettazione dei naturali processi d’invecchiamento. Tanto varrebbe rileggere La seconda metà della vita di Germaine Greer.
CAPITOLO 16 – Streghe e virago
Desolante fritto misto di psicanalisi, storia della stregoneria occidentale, Il diavolo veste Prada e gli Amici di Maria De Filippi.
CAPITOLO 17 – Burqa & the city
Per fortuna la Marzano è troppo intelligente per prendere una posizione netta su questioni così scottanti, e tuttora aperte sia in Italia che in altri Paesi (uno per tutti: la Francia, che ha preso di petto il problema) come laicità, velo e compagnia bella. Uno dei pochi capitoli utili e pertinenti.
CAPITOLO 18 – Il “gene” dell’indignazione morale
(Ma esistono altri tipi di indignazione?) Gran finale dalla struttura retorica classicheggiante, con prevedibile appello al riscatto del secondo sesso. Si premette che non esiste una superiorità morale della donna, si enumerano grandi esempi storici di coraggio, eroismo e umanità al femminile, infine si esortano le donne italiane al risveglio morale e a una sorta di Risorgimento dell’Etica Perduta.
Io a cotanto finale non so come rapportarmici.
Mi spiego: avendo buona memoria per le cose che contano, sono strasicura di non essermi mai venduta, prostituita, asservita ad alcun potere maschile in quanto maschile, se non per libera scelta amorosa. Faccio parte di quei milioni di donne italiane che lavorano, si mantengono, tengono la schiena dritta per istinto naturale e si indignano (anche quando arriva il momento in cui ti stomaca persino la tua stessa indignazione). Sono consapevole che, sia per ragioni estetiche, sia anche per ragioni di tempismo, opportunità, opportunismo e ambizione, non diventerò mai ministro dell’Ambiente né tantomeno del Turismo o delle Pari Opportunità. Ma, seriamente, non ho mai ambito a una carriera così gloriosa, né nel pubblico né nel privato, non ne avrei la tempra psicofisica, dunque mi va benissimo così.
Continuerò ad indignarmi quando serve, perché, senza alcun merito, è nel mio dna. E sarò contenta se questo libro sarà servito a cambiare, prima che le leggi, i comportamenti, come ricordava Montesquieu, opportunamente citato dalla Marzano.
Ma il timore è che letture come questa saranno patrimonio solo di chi gli anticorpi se li è già fatti, di chi non ne aveva seriamente bisogno. E sarà stato uno sforzo lodevole ma sprecato, allora.