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Pregare fa bene al cervello

Da Paternamente.it @paternamente

Pregare fa bene al cervelloIl nostro cervello è buono ma un utilizzo eccessivo delle nuove tecnologie può impedirne un corretto sviluppo.
Questa la sintesi dell’intervento di Adriana Gini, neuroscienziata del Gruppo di neurobioetica dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” al Forum “Youth Communication in social media age” organizzato il 14 aprile 2011 dallo stesso ateneo e dall’Università europea di Roma. Spiega la Gini che recenti studi di psicologia dello sviluppo orientano verso una proto-morale (una forma rudimentale di etica), già riscontrabile nei bambini. In quanto organo "plastico" il cervello può subire le influenze che pervengono dalle varie esperienze vissute, e può così continuare a modificarsi per tutto l’arco della nostra vita. Il cervello, quindi, è buono, anche se è plastico, si modifica cioè con le nostre esperienze. Dobbiamo quindi chiederci quanto le nuove tecnologie risultino dannose per un normale sviluppo cerebrale, dice la Gini.
La Neurobioetica è una fusione tra le neuroscienze e la bioetica che ha lo scopo di approfondire la questione etica sollevata dalle ultime scoperte delle Neuroscienze, con particolare riguardo all’uomo, al fine di comprendere e spiegare i suoi comportamenti etico-sociali e le origini biologiche neuronali della morale di ciascun individuo.
La dottoressa, ha detto testualmente che “la pratica del silenzio, la meditazione e l’orazione favoriscono le aree cerebrali che portano ad atteggiamenti più pazienti e altruistici”.Un ambiente sereno in famiglia – ha aggiunto la Gini – la presenza di padri affettuosi, l’amicizia e la vita attiva, sono elementi che permettono ai bambini un corretto sviluppo cerebrale, e di conseguenza l’acquisizione di capacità come l’equilibrio emotivo, la socievolezza e la generosità”.
La neuroscienziata ha spiegato che, anche se finora sono ancora pochi gli studi sul tema, sono stati evidenziati alcuni pericoli: “La dipendenza, la ristrutturazione delle networks cerebrali o rewiring, la superficialità del ragionamento legato alle modalità di comunicazione che favoriscono la brevità e l’immediatezza, una ridotta capacità a ritenere le memorie recenti”. Rischi che, in attesa di dati più certi, possono essere scongiurati alternando l’uso delle tecnologie con lo sport, la lettura e le relazioni sociali, nonché “la pratica del silenzio, la meditazione e la preghiera che favoriscono le aree cerebrali che ci rendono più pazienti e altruistici”.
Fonti: l'ottimista, ucs

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