Magazine Cultura
PREMI, PREMIAZIONI E POLEMICHE ovvero ESSERE CYRANO FINO IN FONDO
Creato il 16 aprile 2011 da IlglifoAndrea G. Ciccarelli editore e direttore editoriale della SaldaPress interviene sul blog di Michele Ginevra segnalando che The Walking Dead (pubblicato appunto da SaldaPress) non ha ricevuto nomination né al Gran Premio Fullcomics né al premio Micheluzzi del Comicon (differentemente dai due anni precedenti in cui era stato nominato) e aggiungendo anche:
"Quello che segnalo io è una situazione che dura più o meno da quando esiste saldaPress (10 anni). Su quella andrebbe fatto una riflessione ovvero che, aldilà delle pacche sulle spalle, se a chi parla/segnala/commenta/candida/premia tu come persona stai sulle balle, la qualità di quello che pubblichi non conta una beneamata cippa.
Ed è questo che su TWD diventa evidentissimo"
Mi sembra un'osservazione molto seria ed io questa riflessione che andrebbe fatta la voglio proprio fare.
Prima di tutto segnalo che se ne è discusso anche sul sempre interessante blog di Michele Petrucci QUI e QUI
e sul blog di Matteo Stefanelli.
Le domande da porsi, alle quali vorrei dare le MIE personali risposte (e non una risposta definitiva in senso assoluto perchè non ne sono assolutamente in grado) sono le seguenti:
1) Servono i premi al fumetto? A cosa? E a chi?
2) E' giusto lamentarsi se ci si ritiene esclusi o trascurati dalla stampa o da qualche operatore del settore?
3) Serve, in funzione dei premi e non solo, una certa gestione delle PR?
Dato che non posso dare delle risposte in assoluto, ma esprimere semplicemente il mio parere personale voglio prendere la mia esperienza e la segnalazione di Andrea G. Ciccarelli (d'ora in poi indicato come Cicca) ad esempio.
Ricordatevi che questa analisi non vuole essere oggettiva! E' sola la mia esperienza e il pensiero. Non voglio insegnare niente a nessuno, anche perchè non ne ho gli strumenti. Voglio solo esprimere il mio punto di vista.
Eviterò di qui in poi di usare l'espressioni "Per me", "Secondo me" e affini. Datele per scontate fino alla fine del ragionamento.
L'ho ripetuto tre volte perchè vorrei che fosse chiaro.
1) Servono i premi al fumetto? A cosa? E a chi?
L'anno scorso la NPE, di cui sono indegno D.E. ha vinto il premio Micheluzzi per la migliore ristampa con il Don Chisciotte di Landolfi.
Il Don Chisciotte di Landolfi, tranne pochissime copie, è andato nei nostri magazzini esaurito, nonostante ne avessimo fatto una tiratura in linea con quelle del mercato (che di solito generano magazzini traboccanti di copie invendute).
Le cose sono collegate? Non credo.
Credo però che il momento in cui dal palco all'interno del Castel Sant'elmo fu chiamato il mio nome per ritirare il premio,
non me lo dimenticherò mai.
E qui li do la prima delle risposte.
I premi servono alle case editrici e a chi ci lavora dentro.
Noi (e mi riferisco a tutta la redazione e la struttura) arrivammo al Comicon del 2010 distrutti. Sostanzialmente avevamo appena finito di lavorare a cinque albi contemporaneamente e ce n'erano in cantiere altri dieci.
La ristrutturazione della casa editrice era in corso e il lavoro infinito.
La fatica sulle spalle pesava più di un macigno.
Quel premio ebbe la forza di un tonico, soprattutto per me.
Sarà che io sono caratterialmente molto incline alla competizione, sarà che mi piace che il lavoro venga riconosciuto, sarà che mi piace vincere e non ho l'ipocrisia di negarlo, sarà quel che sarà ma quel premio ha dato a me e alla casa editrice tutta un'emozione.
E l'emozioni sono la benzina che permette di fare meglio o con più grinta il proprio lavoro.
Poi, magari,se un premio lo vince la Panini o la Planeta o la Rizzoli avrà sicuramente un impatto molto minore su di loro, date le loro dimensioni.
O forse, se lo vince la Coniglio Editore, che ne ha vinti tanti (mai a sufficienza per me) non gli fa né caldo né freddo.
Ma per una piccola/media casa editrice, che vuole crescere, un riconoscimento ha importanza.
Sinceramente, dato che questo post vuole essere il meno ipocrita possibile, sono assolutamente convito che un premio dovrebbe essere una cosa importante anche per la Mondadori (riferendomi alle dimensioni della casa editrice) soprattutto in riferimento a chi il premio lo attribuisce.
Io conosco personalmente molto dei selezionatori e dei giurati e quelli che non conosco personalmente sono comunque persone che stimo per il loro lavoro.
Per me, la loro opinione, il loro giudizio, che lo condivida o meno, è importante.
Perchè, se positivo è un riconoscimento del mio lavoro.
Se negativo è uno stimolo a fare meglio.
Ingenuo? Probabilmente.
Magari tra 10 anni la penserò diversamente. Può essere. Ma per ora la mia posizione è questa.
Chiariamoci....non è che se la NPE viene esclusa da qualche premio o da qualche nomination io la prenda proprio bene....mi incazzo coma la bestia...come sono incazzato in questo momento con l'organizzazione di un certo premio...ma su questo torno tra qualche riga perchè voglio fare un discorso più completo.
Prima di passare alla seconda domanda un paio di precisazioni.
-I premi possono servire anche ad altro, oltre che a gratificare una casa editrice.
Potrebbero servire ad incrementare le vendite, a premiare (anche economicamente) alcuni autori o dare una visibilità maggiore al volume, fuori dall'ambiente strettamente fumettistico.
In questo senso si è mosso il Napoli Comicon, come potete leggere QUI
-Naturalmente questo discorso vale per i premi relativi ai volumi e non agli autori.
Certo, se magari si tratta di esordienti, la casa editrice può essere gratificata dall'aver individuato un autore prima di un'altra o aver offerto un progetto più interessante.
Ma questo è un altro discorso.
2) E' giusto lamentarsi se ci si ritiene esclusi o trascurati dalla stampa o da alcuni operatori del settore?
Si è giusto. Anzi, di più. E' sacrosanto.Come sempre però, torniamo ai modi e ai contesti.
Faccio un esempio. Un volume edito da NPE non è stato candidato ad un certo premio.
La cosa mi ha fatto incazzare?
Si, tantissimo. Di più. Sono nero.
Non capisco il perchè dell'esclusione, vedendo gli altri candidati, avendo letto quei volumi e conoscendo la linea che viene attribuita al premio.
Mi lamenterò? Si, lo farò.
Andrò dall'organizzazione e chiederò il perchè e il percome.
Cercherò di capire se si tratta di un problema personale con la casa editrice, se si è trattato di una nostra mancanza e se, semplicemente, il volume che io reputavo valido alla candidatura è stato preso in considerazione ma scartato.
Perchè il punto è proprio questo.
Se il volume è stato preso in considerazione o meno.Cioè, se mi si dice "Guarda, non ci è piaciuto. L'abbiamo valutato e abbiamo considerato che gli altri candidati fossero qualitativamente migliori e l'abbiamo scartato" allora c'è stato un giudizio, CON IL QUALE IO POSSO O NON POSSO ESSERE D'ACCORDO, ma devo rispettare.
Perchè essendo io il curatore di quel volume il mio giudizio non potrà mai essere obiettivo e anche se lo fosse, non posso garantire verso terzi la mia obiettività nel giudizio e ogni discussione viene falsata, perchè tutti, in un qualunque momento potranno dirmi "Ma chi se tu per giudicare PUBBLICAMENTE un tuo prodotto migliore di quello di un tuo concorrente?"
Sarebbe come se la Barilla iniziasse a dire in televisione che la sua pasta è meglio della Buitoni.
Non la più buona di tutti. Proprio meglio di quella o di quell'altra.
Ma vi sembra possibile?
Allora giudichiamoci da soli e attribuiamoci da soli i premi a questo punto!Vabbè, andiamo oltre.
Ci sono altre due ipotesi, cioè che la giura possa avere un problema personale con una casa editrice (ma di questo parliamo al punto successivo) o che ci sia stata una mancanza da parte della casa editrice.
Mi piacerebbe un attimo che riflettessimo insieme su un punto.
Cosa premia una premio?
Nel caso degli autori è semplice.
Migliore disegnatore o migliore sceneggiatore premia l'arte pura. I migliori disegni e la migliore sceneggiatura.
Ma la nomination "Migliore Serie" o "Miglior Volume" o "Migliore Ristampa" cosa premia esattamente?
Solo il contenuto dell'albo? O anche la sua edizione? O anche il lavoro della casa editrice dietro il volume?
Cioè la serie più bella del mondo può essere premiata se ha il lettering tutto sbagliato, se la carta su cui viene stampata è pessima, se magari viene lasciata interrotta metà, se le traduzioni sono sbagliate, se è piena di refusi? Cioè se il lavoro della casa editrice non è fatto bene?
(E, nel caso sorgano dei dubbi, vorrei chiarire che l'edizione italiana di The Walking Dead è perfetta!)
Ed il lavoro della casa editrice, consiste solo in quanto sopra elencato?
O c'è qualcosa di più?
C'è forse anche un attività diretta a promuovere gli albi, con la presenza in fiera, per esempio? (a questo proposito vorrei citare Emanuele Di Giorgi della Tunuè che disse qualche tempo fa in un incontro a Milano che gli stand della casa editrice alle fiere sono come una sorta di ambasciata della casa editrice a cui i lettori (e non solo, aggiungo io) si possono rivolgere e che quindi, indipendentemente dai guadagni di una manifestazione è importante esserci.)
Distinguendolo dalla PR vere e proprie, di cui parlerò dopo, mi chiedo: c'è anche un discorso relativo al lavoro dell'ufficio stampa, che spesso nelle case editrice manca proprio?
La circolazione di copie omaggio per la stampa, i rapporti con i giornalisti, gli incontri, gli eventi, le presentazioni e quanto detto sopra hanno o non hanno un peso sulla visibilità di un volume e quindi sulla sua candidatura?
Gli addetti ai lavori che premiano sono tenuti a conoscere tutto? Sempre?
Quanti addetti ai lavoro possono dire di aver letto non dico tutto, ma la metà delle cose uscite l'anno scorso?
E' un quarto di quello che uscito?
E' un decimo?
Non so.
E perchè un mio volume dovrebbe avere più visibilità di quello di un'altra a parità di assenza nelle promozione?
Insomma, quanto io produco un albo, una serie, vengo giudicato SOLO sul valore dell'albo proposto o ANCHE su COME lo propongo? Su come lo veicolo rispetto ai lettori e agli addetti ai lavori?
Su tutto ciò che ci sta dietro?
E' questo vale solo per le vendite o anche per le varie NOMINATION e RECENSIONI?
Ma, tornando all'incazzatura di cui sopra, dato che, per quanto riguarda la NPE, io so che c'è un ufficio stampa molto competente che lavora sodo, che c'è una filosofia alla base della casa editrice diretta a tenere ottimi rapporti con tutti gli operatori del settore, quanto mi andrò a lamentare (privatamente e non pubblicamente per le ragioni esposte sopra) sono forte del fatto che la casa editrice ha lavorato al meglio per promuovere l'albo. A tutti i livelli.
Ma se questa attività io non l'ho svolta (e parlo solo per me e non per gli altri di cui naturalmente non posso valutare il lavoro) allora...bè...per quanto io posso considerare il mio prodotto superiore agli altri e meritevole di essere recensito/candidato/premiato posso stare certo che ce ne saranno almeno altri dieci che la pensano come me. Ma che in più hanno trasmesso il loro pensiero, cioè di aver realizzato un ottimo prodotto, a chi di dovere.
Cioè, fare e non sapere che si fa, è come non fare. Ed il merito, spesso, bisogna andare a cercarselo.
E' giusto? No. E' così? Si.
3) Serve, in funzione dei premi e non solo, una certa gestione delle PR?
La PR sono un discorso leggermente diverso dall'ufficio stampa e dalla promozione.
Precisamente ci dobbiamo chiedere:
"Io, che lavoro in un ecosistema editoriale producendo qualcosa HO IL DIRITTO E LA LIBERTA' DI ESSERE ANTIPATICO E DI LITIGARMI CON GLI ADDETTI AI LAVORI (O CON I LETTORI)?
HO, per tornare al discorso del Cicca, IL DIRITTO E LA LIBERTA' DI STARE SULLE BALLE ALLE PERSONE?
Eh. Mica facile la risposta.
Andiamo sul filosofico.
E allora parte la citazione:
C.S. Lewis, che viene ricordato come autore de Le Cronache di Narnia, era uno dei grandi pensatori della sua epoca. Fortemente cattolico e altrettanto fortemente critico (con intelligenza) nei confronti della chiesa scrisse anche Le lettere di Berlicche ma soprattutto quel piccolo gioiello che è Diaro di un dolore.
Tutto ciò non centra niente, ma volevo da tempo parlare di questo autore.
Vabbè, in Diario di un dolore Lewis esprime quella che per me è una grande verità, che riassunta suona più o meno così:
"La più grande forma di esercizio della propria libertà è la rinuncia ad essa".Che detta così sembra una cacata col botto.
Ma rifletteteci un attimo.
Voi siete davvero padroni di qualcosa solo quando con quel qualcosa potete farci quello che volete.
Anche, se avete un perchè, rinunciarvi.
Tipo, se io sono padrone di un libro lo posso anche regalare. Se non lo sono non posso.
Non è libero, a mio avviso, chi dice tutto quello che gli passa per la testa o chi crede di poter dire o fare tutto quello che vuole, quando vuole, come vuole senza tenere conto delle conseguenze.
Quella non è libertà. E' libertinaggio, inteso come invasione nella libertà altrui tramite l'esercizio non regolato della nostra libertà.
Non esistono verità assolute e perciò non ci sono scudi indistruttibili di verità infrangibili che giustificano ogni nostro fare e che ci permettono di comportarci come preferiamo.
Io sono sicuro che ognuno dei lettori di questo blog avrebbe almeno 10 persone che vorrebbe mandare a fare in culo o a cui sputare in faccia o a cui muovere milioni di critiche e appunti.
Perchè non lo fa?
Perchè non è libero di farlo?
Certo che lo è. Chi può impedirglielo?
Solo se stesso. E perchè dovremmo impedire a noi stessi di accusare di scarsa competenza quel giornalista che non ha scritto un pezzo o quel giurato che non ci ha selezionato?
Perchè dovremmo rinunciare a questa libertà?
Il perchè si chiama "Convivenza" ed è un sistema chiuso di interazione sociale.
In questo sistema chiuso convivono le varie sfere di libertà dei vari operatori di settore.
La nostra sfera di libertà finisce dove inizia quella altrui. Tra le libertà altrui c'è anche quella di sbagliare, di dimenticarsi di un nominarci ad un premio o di fare una recensione (quando questo è fatto in buona fede).
Nella nostra sfera di libertà c'è il diritto di incazzarci, di segnalarlo e di cercare di capire e porre rimedio.
Non c'è, nella nostra sfera di libertà, a mio avviso, la libertà di essere antipatici e di stare sulle palle alla gente.
Perchè il sistema di cui stiamo parlando è un sistema lavorativo.
Non è la vita di ogni giorni, dove se uno per la strada passa e ti sta sul cazzo lo puoi mandare a cacare (conseguenze escluse).
Qui stiamo parlando di lavoro. Ed essendo lavoro, tu nel sistema "Convivenza" ci deve stare, perchè un ambiente lavoro necessità dell'interazione con altre persone, che la possono pensare diversamente da te e con queste persone tu devi curare i rapporti.
E' perchè tu editore si e loro giornalisti/selezionatori di premi no?
Perchè TU produci prodotti. Non loro. Loro analizzino e producono riflessioni.
Sei TU che devi proporre i tuoi prodotti. Non loro. Loro a te non ti devono proporre proprio niente se non il rispetto che di base di deve ad un altro operatore del settore.
Quindi, tornando a Lewis, tu sei davvero libero SE prendi la tua libertà di dire quello che vuoi e la metti da parte, SCEGLI ( e non sei costretto) di rinunciarci parzialmente in relazione alla tua funzione in un determinato ambiente, cioè il sistema di convivenza editoriale.
Quindi, in generale e senza voler insegnare niente a nessuno, se sei antipatico, sei stato sul cazzo a qualcuno o, peggio, a tutti, in un ambiente lavorativo allargato HAI UN PROBLEMA.
Se stai antipatico ad una persona magari il problema è di quella persona. SE STAI ANTIPATICO A TUTTI IL PROBLEMA E' TUO.
Ora, di queste riflessioni, tu, ipotetico operatore del settore, puoi altamente fottertene.
Puoi sostenere benissimo queste tesi:
A) Io dico sempre ciò penso e non me ne frega delle conseguenze.
B) Io ho il diritto di stare sulle palle agli altri, perchè comunque dico la verità, che non è la mia verità ma la verità assoluta, perchè la dico io che sono libero.
C) Anche se io sono antipatico a tutti, se non faccio lavoro di ufficio stampa, se non mi relaziono con gli operatori del settore, i miei prodotti devono essere lo stesso notati perchè sono oggettivamente superiori.
D) Io sono libero, perchè dico quello che penso. E il mio essere libero giustifica tutto quello che dico.
Però se sostieni queste tesi e non te ne frega niente dei ragionamenti sopra fatti, non ti lamentare (e non mi rivolgo al Cicca nello specifico, sia chiaro, ma faccio un discorso assolutamente generale) se non ti nominano o se non vinci o se non ti fanno recensioni, perchè è solo colpa tua.
Ed è colpa tua perchè abbiamo tutti i nostri cazzi la mattina quando ci svegliano, le nostre ansie, le nostre preoccupazioni, il nostro lavoro da fare, le nostre paure. E ci manca anche quello che fa l'antipatico e sfoga sui i cazzi attraverso un brutto carattere sugli altri a rendere la vita più difficile.
Perchè, è vorrei che si avesse l'onestà intellettuale per dirlo tutti, siamo tutti esseri umani.
Tutti.
E tutti abbiamo antipatie e simpatie, che, per quanto ci possiamo sforzare di mettere da parte, influiscono, quotidianamente, sul nostro agire.
Certo, c'è la professionalità di cui tenere conto, ci sono gli strumenti critici e tanto altro, ma di base, prima di tutto, c'è che siamo essere umani. Ognuno con i propri limiti.
Quindi, per rispondere alla domanda di cui prima, Serve, in funzione dei premi e non solo, una certa gestione delle PR?
la mia risposta è: Non solo serve. E' dovuta. E' propria di ogni lavoro.
A tutti, a me per primo, piacerebbe essere Cyrano de Bergerac.
Ma Cyrano è un personaggio di fantasia, che, tra l'altro, è morto solo, povero e senza amore (o quasi).
Esserlo o meno è una scelta, delle cui conseguenze bisogna farsi carico.
E' bello e anche di ispirazione che ci siano persone che se ne fregano di tutto e di tutti e cerchino di andare avanti per la propria strada, in modo anticonvenzionale.
Ma queste persone però non devono tradire se stesse, comportandosi come noi poveri mortali che ci siamo piegati alle regole del vivere sociale, sia come forma di rispetto per la libertà altrui che evitiamo di limitare esercitando la nostra senza freni, sia come forma di scelta, finalizzata ad un percorso teso al progredire ed a imparare nell'ambito di una comunità, di un ecosistema.
Non devono e non possono lamentarsi delle conseguenze delle loro scelte.
Devono essere dei Cyrano fino alla fine, altrimenti non sono niente. Nè uomini, nè personaggi.
Concludo questo lunghissimo pezzo, che non leggerà nessuno fino in fondo, con questo video dedicato a Cyrano de Bergerac.
Può essere d'aiuto per capire il discorso di cui sopra e comunque Eugenio Allegri va sempre apprezzato.
Guardatelo tutto fino in fondo. Vi assicuro che merita. E sembra che parli del mondo del fumetto
....perchè tutti noi sogniamo un giorno di poter essere dei Cyrano.
Di poter dire: No, Grazie. No. Grazie. No.
Ma per farlo bisogna essere i più grandi. I più grandi spadaccini. I più grandi poeti.
Essere Cyrano è un aspirazione. E' qualcosa che bisogna guadagnarsi.
Io so di non meritarmelo ancora.
Di non aver diritto di dire quel No e quel Grazie. Per ora
Ma so che la mattina, quando mi sveglio, è quello il mio obiettivo.
E' questo che pone la differenza tra essere Cyrano, volero essere, esserlo a metà e non esserlo.
Il Glifo De Bergerac
Possono interessarti anche questi articoli :
-
After di Anna Todd
AfterSerie Afterdi Anna Todd Titolo: After Autore: Anna Todd Edito da: Sperling Kupfer Prezzo: 14.90 € Genere: Romanzo, new adult Pagine: 448 Trama: Acqua e... Leggere il seguito
Da Nasreen
CULTURA, LIBRI -
Il food trucks a New York, Barcellona e Parigi
La nuova moda è arrivata e le protagoniste sono furgoncini e carovane meravigliose. Stiamo parlando dei food truck, ovvero cibo di prima qualitá sulle... Leggere il seguito
Da Witzbalinka
CULTURA, VIAGGI -
La vetrina degli incipit - Giugno 2015
L'incipit in un libro è tutto. In pochi capoversi l'autore cattura l'attenzione del lettore e lo risucchia nel vortice della storia. Oppure con poche banali... Leggere il seguito
Da La Stamberga Dei Lettori
CULTURA, LIBRI -
Stasera alle 23 su La7 Drive di Nicolas Winding Refn
Anno: 2011Durata: 95'Distribuzione: 01 DistributionGenere: AzioneNazionalita: USARegia: Nicolas Winding RefnDrive è un film del 2011 diretto da Nicolas Winding... Leggere il seguito
Da Taxi Drivers
CINEMA, CULTURA -
Luci e ombre di Calabria
Sono "emigrante". Nel senso che sono emigrata alla fine degli anni Novanta dalla Calabria al Lazio. Sono una di quegli emigranti senza il richiamo forte delle... Leggere il seguito
Da Luz1971
CULTURA, LIBRI -
It's the books, stupid! Reading is sexy in New York. Greenwich Village bookstores
#itsthebooksstupid: inciampare nei libri viaggiando - clicca qui per leggere le parti precedenti. Reading is sexy, and an integral part of the culture in New... Leggere il seguito
Da Bourbaki
CULTURA