- Anno: 2015
- Durata: 101'
- Distribuzione: Lucky Red
- Genere: Thriller
- Nazionalita: USA
- Regia: Afonso Poyart
- Data di uscita: 12-November-2015
Sinossi: L’agente della FBI Joe Merriwether e la sua collega Katherine Cowles si trovano di fronte a una serie d’inspiegabili delitti, compiuti senza un’apparente motivazione da un serial killer che uccide le sue vittime senza infliggere loro dolore. Data la natura piuttosto strana degli omicidi, Merriwether decide di chiedere aiuto al dottor John Clancy: un medico con abilità sensitive che vive in completa solitudine dopo la morte dell’amata figlia afflitta da leucemia. Il medico capirà ben presto che ha di fronte qualcuno con il suo stesso dono, forse addirittura potenziato. La caccia all’uomo entra così nel campo di uno scontro a colpi di premonizioni.
Recensione: Premonitions di Afonso Poyart è un thriller peregrino: imbocca la direzione dell’indagine poliziesca e ne mantiene la traccia fino in fondo, vagabondando però nei pascoli del soprannaturale con una dimestichezza nella scrittura inversamente proporzionale alla qualità delle immagini. La virata finale compiuta dal timoniere Poyart rivela un nuovo modo di ‘corteggiare’ una tematica di profonda attualità come l’eutanasia, trattata al cinema di solito con toni drammatici. È interessante il modo in cui il film cerca di riassorbire le contraddizioni e le diverse posizioni riguardo all’argomento, stratificando il discorso all’interno di una lotta morale tra il bene e il male in versione face off. Ma, chi può davvero dire dove risiede la suprema ragione, regina di un ring chiamato vita?
Per il regista brasiliano il cinema statunitense di fine millennio, specie quello di Jonathan Demme e di David Fincher, è il modello cui ispirarsi, credendo ingenuamente in una remota possibilità di recupero dei bei tempi andati. Con ostinazione cinefila l’autore decide perfino di impiegare Sir Anthony Hopkins in una sorta di variante rovesciata de Il silenzio degli innocenti. Infatti, stavolta è lui il medico a caccia di un pericoloso serial killer; mentre, Abbie Cornish si diletta in una coreografia pensata sulla stessa linea ondulatoria del personaggio di Jodie Foster. Una parolina, unita anche a una tirata di orecchi, sarebbe da rivolgere ai produttori del film che hanno deciso di inserire sia nel trailer sia nei titoli di testa il nome di Colin Farrell, con lo scopo di invogliare il pubblico ad andare al cinema. Se avessero seguito l’esempio di Se7en in cui l’interpretazione attoriale di Kevin Spacey non viene menzionata affinché la sua entrata in scena sembri ancora più inaspettata, magari anche l’apparizione di Farrell in veste di angelo sterminatore ci avrebbe guadagnato in termini d’impatto e di resa spettacolare. Almeno, sarebbe stata espropriata dalle menti degli spettatori una domanda sin troppo esplicita: “Perché siamo giunti a 2/3 del film e di Farrell ancora nessuna traccia?”
Il debole apprendistato di Poyart cozza con il carattere della messa in scena attuata, che cede al fascino pulviscolare di una regia da videoclip con troppi dettagli cromatici e impalpabili ondulazioni di luce. Pertanto, una sintesi che riunisca l’intraprendenza delle scene d’azione (ben girate) all’accumulo gratuito di combinazioni neopop degne di un baldanzoso Photoshop è impossibile da celebrare. Non rimane altro che deridere l’insuccesso di una filosofia estetica che dà prima un colpo al cerchio e poi uno alla botte. E così l’opera sfuma in una promessa mancata.
Maria Cristina Caponi