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RATING:
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La mia indole razionale mi fa inoltrare nei giudizi più di testa che di cuore. Non mi piace lasciarmi impietosire nè condizionare da alcun fattore esterno ai miei criteri, quindi, non appena ho saputo che "Prendimi per mano" era un romanzo incentrato sulla disabilità, ho sperato vivamente di non ritrovarmi di fronte al solito prodotto creato ad hoc per ricercare la lacrima facile facendo leva sul pietismo dell'animo umano.
Ho iniziato a leggere la storia di Callahan e Hartley un po' prevenuta e scettica, nonostante il furor di popolo del web, che in definitiva è stato l'incentivo che mi ha spinto a comprare il romanzo.
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Ero già pronta con il barattolo di yogurt per buttare giù qualche parere acidulo e invece mi sono dovuta ricredere con enorme sollievo e piacere.
Il romanzo ha un ottimo ritmo e, nonostante io non sia un amante dell'alternanza di PoV, questa volta ho trovato questo espediente funzionale, in quanto, ogni qual volta la trama prendeva una certa piega in cui avrei voluto essere nella testa di uno o dell'altro dei protagonisti, l'autrice prontamente mi accontentava rendendo armonico e fluido il passaggio da un narratore all'altro.
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Ciò che, però, ha salvato definitivamente dal baratro questo romanzo è la genuinità.
Colpi di scena e scelte originali sono il mio pane quotidiano, ma non è detto che una storia priva di questi elementi non possa piacermi, il prerequisito in questi casi è la verosimiglianza e in questo Sarina Bowen mi ha accontentata nuovamente.
I due personaggi principali, infatti, sono ben caratterizzati e non solo perchè sono sempre coerenti con sè stessi ma proprio perché sono naturali e "reali". Sensazioni, emozioni, opinioni, circostanze e fatti sono estremamente veritieri. Non si cede mai, o quasi, al favolistico, come spesso e volentieri capita negli young adult.
Le uniche pecche in questa direzione le ho riscontrate all'inizio della storia, come dicevo prima, ma soprattutto nel personaggio di Stacia, che ho trovato, infatti, un po' macchiettistico e poco coerente sul finale. Dettagli che non compromettono, però, il giudizio d'insieme del romanzo.
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Ci ritroviamo immersi nella realtà di due ragazzi affetti da deficit motori e non ci viene risparmiato nulla, ma questo non fa altro che sottolineare gli intenti genuini dell'autrice, che non vuole farci impietosire, ma, piuttosto, si concentra sul farci comprendere che la presunta diversità di una ragazza sulla sedia a rotelle sta solo negli occhi di chi la guarda pregiudizievolmente.
Questa narrazione schietta non fa altro che aumentare paradossalmente la delicatezza del racconto. Solo leggendolo, infatti, ci rendiamo conto che non siamo dinnanzi ad un romanzo sulla disabilità, ma che questa risulta semplicemente un background di una storia semplice tra due adolescenti come tanti.
La vera forza di questo libro, infatti, è la normalità. I protagonisti hanno pregi e difetti come ogni umano e la loro condizione patologica non li innalza e non li abbassa a nessuno status morale e questo è il più grande insegnamento e messaggio che questo libro possa trasmettere.
Per il resto la storia è un semplice climax ascendente verso un amore tra due personalità affini che per raggiungersi devono affrontare le difficoltà classiche della giovane età, gelosie, amicizie compromettenti, distacchi e riconciliazioni, e per assurdo ciò che li unisce è proprio ciò che in altri romanzi è visto come l'ostacolo da oltrepassare, ovvero le difficoltà legate al loro hadicap.
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In definitiva, per essere onesta e razionale fino in fondo, devo dire che non annovero di certo questa lettura tra le mie preferite, però posso affermare di essermi ricreduta da un pregiudizio iniziale grazie al fatto che la malattia non è stata sfruttata per accogliere facili consensi e tantomeno che sia stata focalizzata come nodo narrativo da dover sciogliere con miracolose guarigioni. Callahan, infatti, inizia e finisce il romanzo con la sua disabilità che diviene, pertanto, mero veicolo per mettere in luce il suo spirito tenace e grintoso, decisamente invidiabile.
Un romanzo che non ha niente di speciale ma che ha fatto di questa normalità la sua specialità.
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