Questo pomeriggio, al Castello Estense di Ferrara, il Festival di Internazionale ha ospitato grandi autori per la presentazione del libro Alzando da terra il sole.
L’atmosfera misteriosa e secolare dell’antichissimo Castello ha fatto da cornice al Festival e da casa ai molti partecipanti che si dibattevano tra gli incontri culturali.
È il primo anno che partecipo al Festival, e prima di scegliere l’evento mi sono informata dal programma online, e la prima tappa è stata – senza pensarci due volte – la scrittura, e in particolare i libri. Alle ore 17.00 – dopo solo dieci minuti di attesa – salgo alla Sala degli Stemmi, insieme alla fluente coda di gente. Reporter, foto-reporter, addetti stampa, giornalisti, documentaristi e appassionati di letteratura, c’erano proprio tutti. Occupo il primo posto della fila, alcuni autori erano già arrivati: Daria Bignardi, Beppe Cottafavi e Alessandro Bergonzoni, li riconosco!
La stessa umiltà, la stessa educazione e la stessa emozione che hanno in televisione, l’hanno inserita nel loro modo di leggere i propri racconti.
Beppe Cottafavi, ha introdotto la presentazione del libro, spiegato il titolo e raccontato la nascita di questa idea. L’idea di mettere insieme pezzi letterari di diversa natura che non trattano solo l’evento catastrofico del terremoto emiliano ma mescolano un mix di generi, comici, noir, satirici, di cronaca, per rimettere in piedi un pezzo di cultura: la biblioteca di Mirandola, una città dell’Emilia Romagna colpita dal terremoto del 2012.
Il titolo, Alzando da terra il sole – presentato anche da Luciano Ligabue durante il concerto Italia Loves Emilia - è una frase di Roberto Roversi, scrittore e poeta bolognese, autore di testi musicali, che oggi Bologna vuole ricordare. Perciò il libro è un vero e proprio elogio alla cultura emiliana. Edito da Beppe Cottafavi per Mondadori, raccoglie anche nomi di artisti bolognesi quali: Stefano Benni, Zucchero Fornaciari, Francesco Guccini, Carlo Lucarelli, Vinicio Capossela, sono 46 gli artefici di questa antologia.
All’evento di oggi hanno partecipato solo alcuni degli autori (da sinistra verso destra): Ugo Cornia, Daria Bignardi, Beppe Cottafavi, Alessandro Bergonzoni, Barbara Baraldi e Guido Conti.
Ciascuno di loro ha letto il proprio brano, la propria emozione, il proprio racconto.
Il posto giusto, di Daria Bignardi ha riprodotto su scala reale le sue sensazioni nero su bianco, il caso, il destino e l’ironia della sorte. Protagonista è Ferrara, la città che ha fatto impazzire il Tasso e l’Ariosto per la sua tranquillità, e che nei periodi del terremoto è riuscita a mantenere il suo amabile decoro, i suoi edifici spesso definiti “fuori dal mondo”, la sua storia. Ammaliante, fluido, ben narrato, il racconto di Daria Bignardi mi ha emozionata parecchio.
Alla fine di un giorno qualunque, di Barbara Baraldi, scrittrice di romanzi noir, è il racconto disarmante e sofferto di chi si è trovata improvvisamente sputata fuori casa dal terremoto. Un racconto che ha dell’inverosimile che come un film dell’orrore riporta le urla della terra e le cicatrici che ha lasciato nel cuore di chi l’ha vissuto in prima persona, come l’autrice stessa. Anche qua, narrazione precisa e tagliente, ricca di suspense e di ricordi che fanno salire le lacrime.
Ugo Cornia, è scrittore modenese, di stampo comico, a partire dal titolo del racconto che non riporto per l’indefinibile lunghezza. Non è il tipo di racconto che prediligo ma, sicuramente, il suo modo di raccontare ha smorzato l’atmosfera un po’ melanconica dei racconti precedenti. E all’interno del libro è quel taglio netto tra geografia e matematica che emerge quasi insensato, controcorrente, schiacciante. In realtà credo abbia la sua ragion d’esserci.
Guido Conti, ha riportato la cronaca della sua vita, l’evento catastrofico vissuto in prima persona. Ha commosso e si è commosso.
Infine, lui, Alessandro Bergonzoni (a cui Cottafavi affianca l’appellativo di “grande Semiologo contemporaneo“) con la sua Lettera alla terra, ha rimesso in piedi sia il sole da terra – del titolo – che il pubblico. Dalla sua famosa “banca dei peli” all’ahimè diventato “hai me!”, ai suoi 10 domandamenti e ai diritti ma anche ai doveri, nel senso di “dov’èri, quando c’è stato il terremoto?”. Non si può parlare di ironia, né tanto meno di comicità, è piuttosto una rivoluzione, la rivoluzione del linguaggio e del modo di intendere le parole e il mondo. Il suo discorso sulla sofferenza, la lettura del suo racconto e le morali che ficca dentro ogni parola che esorta, hanno tutta la mia ammirazione. Alla fine dell’evento sono andata personalmente a fare i miei complimenti. Mi sentivo quasi in dovere di fargli sapere quello che penso. Ho avuto il suo apprezzamento e il suo ironico “Seguimi, anzi precedimi!” che non garantisco ma di cui ne prenderò atto circa la mia di rivoluzione, la rivoluzione delle parole.