Se Putin ieri sera celebrava nella Piazza del Maneggio la sua vittoria “onesta e trasparente”, stamattina, alla luce dei risultati definitivi, ci hanno pensato gli osservatori dell’Osce a smorarne gli entusiasmi: per l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa le operazioni di voto in Russia hanno sostanzialmente rispettato gli standard internazionali, ma il risultato finale della consultazione era già scritto, non tanto per i presunti brogli (su cui è stata chiesta un’indagine) quanto per la enorme disparità tra le forze messe in campo dal governo a sostegno di Putin e quelle a disposizione dell’opposizione.
“L’incertezza del risultato è un punto centrale in un’elezione – afferma Tonino Picula, capo della missione degli osservatori Osce, – ma questo non è il caso della Russia, dove non c’è stata una reale competizione e dove l’impiego eccessivo di risorse governative ha fatto sì che non ci fossero dubbi su chi dovesse risultare vincitore”.
Picula ha espresso parole molto critiche verso la mancanza di trasparenza durante la campagna elettorale e per le scelte limitate imposte agli elettori, tutte condizioni che “hanno chiaramente favorito Putin”: l’assenza di par condicio, ad esempio, ha pesato molto in favore del neopresidente, che ha beneficiato di una copertura mediatica di gran lunga maggiore di quella dei suoi avversari.
Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca Tiny Knox, a capo della delegazione di osservatori del PACE (l’Assemblea dei parlamentari del Consiglio d’Europa), che denuncia come la scarsa trasparenza in campagna elettorale abbia dato un grosso aiuto a Putin.
Le Presidenziali russe del 2012, dunque, passeranno alla storia per essere state ineccepibili dal punto di vista tecnico, ma irregolari dal punto di vista etico.